Immersioni: una passione che raggiunge anche le Alpi

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Jacques Costeau lo chiamava «il mondo del silenzio». Il leggendario esploratore, oceanografo, regista, viaggiatore e scrittore francese con le sue immersioni nelle profondità marine ha sedotto intere generazioni, portandole sulla sua mitica “Calypso” per solcare i mari del pianeta alla ricerca degli «abissi più veri», che poi forse sono quelli interiori. Il desiderio di indagare nel mondo sommerso – quel richiamo ancestrale che in estate si moltiplica con un’offerta sempre più varia di corsi e opportunità anche per principianti, nei mari di ogni latitudine, compresa la nostra – ha radici antichissime

Si dice che persino Alessandro Magno amasse immergersi usando una sorta di recipiente di vetro per conservare l’aria e indossando una pelle di pecora: di sicuro i greci usavano abitualmente rudimentali boccagli fatti di giunchi, utilissimi quando si dovevano immergere per liberare il fondo delle navi, specie in battaglia. Non stupisce che quel genio poliedrico di Leonardo da Vinci avesse ideato attrezzi per poter respirare sott’acqua a forma di campana, ma è solo molti secoli dopo che finalmente l’uomo realizzò il sogno di una vera immersione del proprio corpo nell’ambiente sottomarino: i primi sub non lo fecero in realtà per piacere ma per dovere, si chiamavano “cassonisti” e riparavano il fondo dei porti e dei ponti con armature simili a quelle dei futuri palombari. Solo con il progresso delle scienze e della medicina le immersioni – questo sport che è un misto di tecnica e libertà, attrezzatura specifica, nozioni di fisica e chimica, capacità natatorie e desiderio di scoperta – evolvono diventando ciò che siamo abituati a conoscere, con il loro armamentario di muta, pinne, erogatore, bombole, maschera e rigorose tabelle di decompressione per evitare embolie e altri problemi nella risalita in superficie.

Il primo passo per l’osservazione del “mondo del silenzio” è lo snorkeling , un’attività che però rimane in superficie e necessita solo di maschera, boccaglio e pinne, mentre per i diversi tipi di diving , cioè di immersioni complete a diversi metri sotto la superficie del mare, serve un’attrezzatura adeguata (con formazione e brevetti). Non tutte le immersioni sono uguali: i diving sportivi sono la pratica più nota e praticata dagli appassionati che girano il mondo cercando nuovi fondali da esplorare, con l’aiuto dei tanti centri specializzati che punteggiano le località di villeggiatura. La diving destination  per antonomasia per i sub europei è l’Egitto, grazie all’accessibilità del Mar Rosso, che permette immersioni suggestive a poche ore di volo, prezzi ragionevoli e con una varietà di fondali notevole. Il sogno accarezzato da molti appassionati è poi il Great Barrier Reef, la barriera corallina più grande al mondo, che si trova a nord dell’Australia e che ancora rappresenta, pur nel suo precario equilibrio turbato dalla pesca intensiva e dal dramma delle microplastiche negli oceani, una riserva naturale di specie ittiche e coralli unica al mondo. E se le Azzorre, il mitico arcipelago portoghese perso nell’Oceano Atlantico, sono il regno di tonni, barracuda e mante, solo alle leggendarie Isole Galapagos – il luogo che ispirò a Darwin la Teoria dell’evoluzione  – si trovano le tartarughe giganti e le stelle marine più variopinte. Negli ultimi anni (prima che la pandemia limitasse i viaggi a lungo raggio) la nuova mecca del turismo subacqueo sono diventate le Filippine, grazie agli splendidi “giardini di corallo” conservati nei loro mari, fino a poco tempo raramente toccati dal turismo di massa: bisognerà attendere la prossima estate per riprendere il largo in quelle zone.

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Il diving sportivo non è però l’unica specialità possibile: molto in voga negli ultimi anni, grazie a torce e fari sempre più leggeri e funzionali, sono le uscite notturne che permettono di osservare una fauna sottomarina completamente diversa da quella diurna. Particolari e adatte a chi non soffre di claustrofobia sono le cosiddette cavern diver , un tipo di attività che si muove tra diving e speleologia e che anche in Italia annovera diversi appassionati. Non si tratta di una vera e propria immersione in profondità in grotta – quella è attività di esplorazione scientifica degli speleologi – ma di tour amatoriali nell’ingresso di grotte esterne e illuminate dal sole, come accade ad esempio nella costiera Amalfitana o sul versante tirrenico della Sardegna. Per i sub appassionati di storia antica ci sono le immersioni in relitto (quelle più gettonate nel Mediterraneo sono attorno a Minorca, nelle Baleari, o sulle coste ioniche della Calabria o attorno alle Isole Tremiti): l’immersione guidata permette di osservare da vicino i resti di antiche navi, ma soprattutto l’incredibile ecosistema di fauna e flora subacquea che si sviluppa intorno al relitto. 

I diver più bravi, dopo appositi corsi, possono lasciarsi sedurre dal deep blue  delle immersioni profonde, che arrivano fino ai 40 metri, e quelli con esperienza amano sperimentare anche le “immersioni in corrente”, tipiche di alcune zone marittime, ad esempio al largo delle isole Gili, in Indonesia, dove particolari condizioni hanno generato nei millenni un microclima unico. 

L’ultima tendenza? Le Alpi! Non è una battuta: il popolo dei sub, alla perenne ricerca di nuove sensazioni e di fondali da esplorare e immortalare, ha “colonizzato” anche alcuni laghi di montagna: la Svizzera non si è lasciata sfuggire l’opportunità turistica e in diverse regioni, tra tutte l’Engadina, sta promuovendo con successo sport acquatici tra cui i diving  nei laghetti in quota. Qui cambia quasi tutto rispetto allo standard marino: dallo spessore della muta, che deve tener conto delle temperature gelide dell’acqua, alle specie da osservare (siamo in acque dolci, non salate) fino alle varie fasi di decompressione per la risalita in superficie, che devono tener conto dell’altitudine. Underwater on the top : non c’è limite al “mondo del silenzio”.