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Lavoro

Cigo, Cigs, Cigd: quanti nomi diversi per un solo ammortizzatore sociale

Sono tutti acronimi in cui ogni lavoratore spera di non doversi imbattere e, ai quali, quando arriva la crisi dovrò per forza di cose affidarsi. Ecco cosa significano e cosa garantiscono

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In tempi di crisi, compare spesso sui giornali e nelle vite di molte persone, e più la crisi è intensa, più il suo nome viene evocato. È la cassa integrazione, anche nota come Cig, acronimo che sta per cassa integrazione guadagni. Il suo obiettivo è chiaro sin dal nome: quello di integrare il reddito dei lavoratori ai quali l’impresa non può più corrispondere l’intero stipendio.

Cassa integrazione: cos’è e a cosa serve

Si tratta di uno strumento, più precisamente di un ammortizzatore sociale, previsto dalla legge italiana che si sostanzia in una prestazione economica che viene erogata dall’Inps, l’Istituto di previdenza sociale, o da casse che svolgono un ruolo analogo per determinate categorie professionali, come l’Inpgi, l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, nel caso in cui i contributi vengano versati a questi enti.

Lo scopo è quello di permettere all’unità produttiva in questione di tagliare il costo della manodopera senza tagliare la manodopera stessa. È un modo per dare all’azienda modo di respirare di nuovo, riorganizzarsi e quindi superare la crisi. La cassa integrazione va chiesta all’Inps in base ad accordi sindacali e regionali.

Con il Jobs Act, la riforma del lavoro varata nel 2015 dal governo di Matteo Renzi, c’è stata un’estensione della platea di soggetti che possono beneficiare di questo strumento ma anche una riduzione della durata massima del medesimo. Esistono diverse tipologia di cassa integrazione che sono a loro volta il riflesso di diverse tipologie di crisi e, quindi, di diversi spazi di manovra a disposizione delle aziende che vi fanno ricorso. In particolare, si distingue tra una Cigo, una Cigs e una Cigd.

La cassa integrazione ordinaria, o Cigo

La prima è la Cassa integrazione guadagni ordinaria ed è quella di cui si può servire una società, un’impresa, una cooperativa ecc..che sia entrata in crisi per cause che non dipendono dalla direzione o dalla proprietà: calamità naturali, eventi meteorologici, problemi legati al mercato o perché abbia bisogno di ristrutturarsi.

In breve, la può chiedere un’impresa che sia vittima di eventi temporanei non imputabili alla gestione da parte dei vertici né alla condotta dei lavoratori o di difficoltà imputabili al mercato. La conseguenza diretta è che l’impresa in questione si trovi costretta a sospendere la sua attività o a ridurla, riducendo così il monte orario della propria forza lavoro e, di conseguenza, le retribuzioni.

A chi spetta la Cigo

Nel 2018, questa cassa spetta a tutti i dipendenti con contratto di lavoro subordinato, apprendistato compreso, e quindi operai, impiegati, quadri e intermedi, soci di cooperative. A tutti fuorché ai dirigenti, i lavoratori a domicilio e gli apprendistati finalizzati all’ottenimento di un diploma o quelli di alta formazione e ricerca o i dipendenti distaccati nell’unità produttiva che beneficia della cassa perché dipendenti di un’altra azienda.

Può essere concessa per tre mesi e rinnovata trimestralmente per non più di un anno. Più precisamente, dura 13 settimane, nel caso di sospensione dal lavoro e di 52 settimane quando sia stato ridotto l’orario lavorativo. Coloro che ne beneficiano possono arrivare a prendere fino all’80% del proprio stipendio, a seconda del numero di ore non lavorate, e cioè fino a 971 euro per buste paga il cui lordo non supera i 2102 euro e fino a 1.168 euro oltre quest’ultima soglia.

La cassa integrazione straordinaria, o Cigs

La seconda, invece, è la Cassa integrazione guadagni straordinaria che, come dice il nome, si applica in situazioni di particolare difficoltà. È sempre un ammortizzatore sociale ma vi si fa ricorso in situazioni diverse, cioè in casi di fallimento, di crisi aziendali con delle ricadute sociali importanti, in presenza di procedure concorsuali o in caso di riconversione aziendale.

Fino al 2016, era concessa anche in caso di cessazione dell’attività o di cessione del ramo d’azienda. Con il Jobs Act si è deciso che queste due situazioni non sono più sufficienti per poter chiedere la Cigs e che, pertanto, ai lavoratori di unità produttive chiuse o cedute si deve applicare il sussidio di disoccupazione, più che la cassa integrazione.

Va detto che il governo Renzi ha creato un fondo da 50 milioni di euro dal quale attingere per prorogare la cassa integrazione straordinaria per 12 mesi nel 2016, nove mesi nel 2017 e sei mesi nel 2018, quando c’è la possibilità che una vendita imminente dell’azienda porti a un riassorbimento della sua forza lavoro.

La Cigs e la legge di bilancio 2018

Se la Cigo scatta in caso di crisi temporanea, la Cigs è lo strumento da attivare in caso di problemi di maggiore entità e si applica ad imprese con almeno 15 dipendenti. Per il lavoratore, l’unica differenza sostanziale, come detto, riguarda la durata del sostegno. Con la cassa integrazione straordinaria questo può durare fino a tre anni. Anche in questo caso, la cassa copre fino all’80% dello stipendio.

La durata dipende dalle cause delle difficoltà e dalla capacità di risposta della stessa azienda. Può durare per non più di 12 mesi in cinque anni, in caso di crisi, non più di 24 nel caso in cui l’impresa stia lavorando a una ristrutturazione/riconversione/ristrutturazione della sua attività e altri 24 mesi, che possono diventare 36, nel caso di contratti di solidarietà che prevedano una riduzione dell’orario lavorativo medio non superiore al 60%.

Questo, fino alla fine del 2017, con la legge di bilancio 2018 si è deciso che la Cigs sia richiedibile solo da aziende con più di 100 dipendenti, con una chiara rilevanza strategica per l’intero Paese, che abbiano esuberi numericamente significativi ma che abbiano approntato un piano per la salvaguardia dei posti di lavoro.

Sono due le modalità con cui l’integrazione al reddito può essere pagata: trami te conguaglio, con l’azienda che anticipa e l’Inps che poi farà un conguaglio tra le somme da restituire all’azienda e i contributi che queste le devono versare, o direttamente dall’Inps. Nel primo caso, riceve tutto direttamente in busta paga, nel secondo no.

C’era una volta la cassa integrazione in deroga, Cigd

Infine, c’è anche la cassa integrazione in deroga, uno strumento di sostegno di cui possono beneficiare aziende alle quali non si applicano Cigo e Cigs, o perché non in possesso dei requisiti necessari o perché ne hanno già usufruito. Con una serie di interventi, il legislatore ha provveduto a restringere l’ambito di applicazione della Cigd. Con il decreto legislativo numero 148 del 2015, che ha dato attuazione al Jobs Act, la cassa in deroga era stata di fatto soppressa a partire dal 2017, ad eccezione dei casi previsti dalle singole Regioni.