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Artigianato e lusso ai tempi dell’Industria 4.0

Da Gucci a Lvmh e Valentino, fino ad arrivare a Konner, azienda friulana produttrice di elicotteri, e a molte altre, l’aspirazione al su misura nell’alto di gamma sta assimilando tutti i vantaggi della quarta rivoluzione industriale. Ecco dove e perché l’A.I. sta diventando un’alleata dell’artigianato

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Traumatica, impetuosa e inevitabile, la Quarta rivoluzione industriale è alle porte, annunciata da quelli sono i suoi driver tecnologici: A.I., Big Data, Cloud Computing, Edge Computing, IoT, Machine Learning, Robotica, VR/AR. Il settore manifatturiero cambierà radicalmente. In parte, è già cambiato. I primi ad assecondare la rivoluzione, sono stati i brand che operano nel segmento dell’alto di gamma, un settore questo che è già un importante motore dell’economia italiana e che con l’avvento dell’Industria 4.0 potrebbe acquisire ulteriore potenza.Secondo l’Osservatorio Altagamma, il mercato del lusso mostra segnali molto incoraggianti. Nel 2017, il suo valore è arrivato a sfiorare i mille miliardi di euro, con una proiezione di 1.160 miliardi nel 2024. Di questa torta, la fetta italiana non è piccola, perché cento miliardi circa (il 5% del pil) sono appannaggio di marchi del Belpaese.Può sembrar strano che un settore che ha il suo fulcro nella manualità artigiana di altissimo profilo possa trarre giovamento da una rivoluzione tecnologica che nell’immaginario collettivo è già sinonimo di eliminazione dell’apporto umano e disoccupazione di massa. Anche perché a livello generale i nodi sarebbero già giunti al pettine, come conferma un report del McKinsey Global Institute, secondo cui l’industria 4.0 potrebbe portare alla perdita di 800 milioni di posti di lavoro entro il 2030 a livello globale.

Artigianato e lusso ai tempi dell’Industria 4.0

In un settore dove, però, contano la personalizzazione del prodotto, l’esclusività, l’unicità e il tailor made, dove cioè l’aspetto artigianale è ancora centrale, il discorso è diverso. Perché in questo caso la rivoluzione tecnologica sposandosi all’alto livello del “saper fare” può potenziare creatività e migliorare la performance economica. Ne è un esempio il Gucci Art Lab a Scandicci. Trentasettemila metri quadri, 800 dipendenti (ai quali se ne dovrebbero aggiungere altri 400), con un’area ricerca e sviluppo per lo studio di nuovi materiali. A Longarone, Belluno, la multinazionale francese del lusso Lvmh, in partnership con il Gruppo Marcolin, ha aperto Thelios, la fabbrica degli occhiali per i marchi del colosso, nomi come Bulgari, Fendi, Kenzo e Louis Vuitton. Anche qui, ad attirare il colosso francese è stata la qualità della manodopera, artigiani integrati in una produzione industriale. Il marchio Valentino ha registrato incrementi del fatturato in un anno non proprio luminoso per il mercato del lusso come il 2016 grazie anche alla scelta di puntare sul digitale, creando tra le altre cose una replica di una boutique dello stilista, visitabile virtualmente.

L’artigianato 4.0

Artigianato e lusso non vanno a braccetto solo nell’abbigliamento, accessori e calzature. C’è una componente artigianale, infatti, in molti comparti, dall’agroalimentare alla nautica, passando per meccanica strumentale e ingegneria meccanica. Konner è una azienda friulana che produce elicotteri, uno dei prodotti simbolo dell’high-end luxury, altamente tecnologico eppure con una componente artigianale, soprattutto per quanto riguarda la customizzazione, che non è trascurabile. Lo stesso discorso, però, vale anche le tantissime aziende piccole o micro, spesso a conduzione famigliare. La tecnologia 4.0 può farle crescere molto, perché se penalizza il lavoratore poco specializzato, offre enormi possibilità all’artigiano che può esercitare la sua creatività su materiali nuovi, può servirsi di scanner 3D, stampanti 3D, specchi virtuali. Può prendere le misure di un cliente a Tokyo e soprattutto può farsi conoscere, raccogliere dati e informazioni sui suoi clienti e conoscere meglio il proprio target e tarare su di esso la propria produzione. L’artigianato 4.0 rovescia le economie di scala e annulla il vantaggio di chi fa grandi volumi. La bottega diventa globale con un minimo investimento. «Alla fine bastano poche migliorie, come imparare a fare un business plan, inserire determinate componenti digitali: non sono necessari investimenti ingenti, ma mirati, che aiutino davvero l’artigiano a fare impresa», riflette Eva Vazzoler, Project Manager di Botteghe Digitali, piano con cui Banca Ifis ha selezionato alcuni artigiani ai quali ha messo a disposizione consulenti che li accompagnassero in un percorso di accelerazione. Il risultato sono storie come quella di G Inglese, marchio di sartoria già molto affermato, che con Botteghe Digitali ha messo in piedi un servizio di Teleconference in 3D, per poter fare camice su misura a clienti distanti migliaia di chilometri. «Il valore aggiunto, quello che chiede il mercato del lusso, non è solo la personalizzazione del capo ma anche la consulenza di uno stilista che ti fa entrare nella sua bottega e questa è un’esperienza che all’estero è davvero molto quotata», aggiunge Vazzoler.

Tecnologie molto avanzate sono quelle che spiegano il successo di Rotas Italia, azienda che produce etichette, un biglietto di presentazione che nel mercato del lusso è diventato centrale. «Siamo gli unici stampatori che si siano costruiti la loro macchina, oltre ai Gutenberg. E questa macchina l’abbiamo modificata costantemente, adattandola alle nostre esigenze, arrivando a stampare etichette usando la polvere dell’Etna, del deserto, il vino o cristalli di Swarovski», racconta il presidente e fondatore Fancesco Celante. «Un’etichetta non è solo un insieme di simboli e caratteri, è molto di più. Il messaggio non è più legato alla grafia. Per questo stiamo utilizzando l’A.I. per associare la percezione di segni e colori a delle emozioni», spiega Celante, la cui azienda, che continua a produrre brevetti, di recente è stata visitata da due manager di Apple. L’unione tra lusso e tecnologie 4.0, che nell’alto artigianato trova forse il suo esempio più significativo, può giocare un ruolo fondamentale nel costruire il futuro economico di un Paese come l’Italia, universalmente ritenuta la patria della bellezza. Un Paese al quale, però, serve una strategia e investimenti, soprattutto nel campo della formazione. Perché in questo settore non si vince con manodopera a buon mercato e grossi volumi. Si vince anche con la qualità di un capitale umano che ha un sapere e una tradizione, che vanno difesi e mantenuti.

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