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Maurizio Costanzo: l’intervista per i 40 anni del Maurizio Costanzo Show

Rimanere uguale a se stesso per 40 anni avrebbe potuto essere per altri un difetto, ma per il Maurizio Costanzo Show si è rivelato – alla lunga – un pregio

Maurizio Costanzo Credits: © Us Mediaset

Ci sono programmi che si limitano a raccontare l’epoca in cui vanno in onda, altri che – nel bene o nel male – contribuiscono a segnarla. Il Maurizio Costanzo Show  (Mcs), con i suoi 40 anni di storia e la sua portata di tipi, personaggi e personalità passati da quel lontano 14 settembre 1982 sul palco del Teatro Parioli di Roma, e dai vari studi che l’hanno via via ospitato, indica lapalissianamente la sua appartenenza alla seconda categoria. Soprattutto nei primi due-tre decenni della sua lunga storia, in cui è entrato a gamba tesa nella vita del Paese, ospitando la politica e il costume, lo spettacolo e l’informazione, shakerati sapientemente attraverso uno stile di conduzione sornione, a tratti cinico, a volte tagliente come pochi, di un giornalista che per anni è stato (e continua a essere) uno dei più ambiti e ascoltati esperti in tema di comunicazione anche per istituzioni, imprese e personalità. Ultima della lista è stata peraltro l’ex sindaca di Roma, Virginia Raggi.

Come e quanto il nome di Maurizio Costanzo riesca ancora a fare eco nella cassa di risonanza televisiva e mediatica lo si è visto con l’avvio proprio della 40° stagione di Mcs su Canale 5; non da ultimo incuriosisce il fatto che la lunga militanza televisiva, e non solo, di Costanzo (è risaputo che il nostro oltre che giornalista e comunicatore è anche scrittore, conduttore radiofonico, sceneggiatore, autore di canzoni ed è stato – ebbene sì – anche autore-protagonista di una sit-com nonché celeberrimo testimonial di “una camicia con i baffi”) si abbini e proceda in parallelo alla marcia trionfale della di lui consorte, Maria De Filippi.

Personaggio che nell’universo televisivo non necessita certo di presentazioni, facendo della loro coppia l’occhio di uno dei maggiori concentrati di “televisività” del panorama italiano. Tutto questo per dire che se la tv generalista nel nostro Paese è quella che è, lo si deve oltre che ai Bongiorno, ai Baudo, ai Corrado e alle Carrà di turno (per non parlare dei Berlusconi, che però giocano un’altra partita), anche a questo signore che il prossimo 28 agosto festeggerà il suo 84° compleanno. Ecco cosa ci ha raccontato sui primi 40 anni della sua creatura.

Qual è la cosa che le ha fatto più piacere di questo periodo di celebrazione per i 40 anni del Maurizio Costanzo Show ?
Che la gente si sia ricordata che il programma esiste da 40 anni e si sia comportata con grande affetto.

Sbaglio o lei è stato il primo in Italia ad avere avuto uno show con il suo nome nel titolo di un programma?
In Italia probabilmente, ma io l’ho copiato dal David Letterman Show .

Cosa intende quando dichiara in un’intervista che «il Costanzo Show  è una fotocopia della carta di identità»?
Voglio dire che cerco di trovare nelle persone anche un momento di verità.

Maurizio-Costanzo

Foto: © Us Mediaset

Durante la prima puntata, Santoro l’ha definito la televisione con T maiuscola. Che effetto le hanno fatto le sue parole?
Mi hanno fatto piacere, perché vengono da una persona come Michele Santoro a cui sono legato da un profondo affetto.

Ha detto di avere intervistato 55 mila persone. Come fa a saperlo? Tiene un diario delle sue trasmissioni? E quanti talenti ha portato alla ribalta?
Non sono stato io contarli, ma un mio collaboratore che – puntata dopo puntata – tiene il conto degli intervistati. Invece, su quanti talenti abbia portato alla ribalta non saprei, anche perché nel frattempo molti sono già scomparsi dalla medesima.

Come si riconosce il talento? Oggi si fa fatica a individuarlo: sui social è un fiorire di fenomeni che però portati in tv, sui giornali o in radio tradiscono un’inconsistenza di fondo. Cosa bisognerebbe fare per trovare i nuovi Bonolis, Fiorello, Conti, Amadeus, De Filippi, Clerici?
È un esercizio piuttosto complicato e molto difficile. Credo che non bisogna avere fretta di trovarli. Occorre aspettare che maturino e che all’improvviso si facciano largo all’interno dei programmi.

E per quanto riguarda l’informazione tv? A quando i nuovi Santoro, Mentana e Costanzo? Non ha la sensazione che tra le fila delle attuali generazioni ci siano dei volenterosi manovali, ma non dei grandi architetti?
Anche per quanto riguarda i protagonisti dell’informazione bisogna aspettare che emergano all’interno delle trasmissioni. Dopo di che c’è da dire che anche giornalisti come Giovanni Floris e Paolo Del Debbio sono bravi.

C’è la possibilità che l’informazione tv riesca a smarcarsi dalla competizione con il web, e soprattutto dei social media, per individuare un nuovo specifico televisivo?
Certamente, sono convinto che esista questa possibilità, ma non saprei spiegargliela perché per prima io devo ancora capire bene il web e i social media.

Qual è il peggior difetto degli attuali talk show oltre al fatto di essere troppi?
Il sovrapporsi di una opinione sull’altra non facendo capire di cosa si parla.

Sull’assemblare il giusto parterre di ospiti lei ha costruito il successo del suo show, cosa pensa della solita compagnia di giro che da anni si siede sulle poltrone dei vari talk show? È mancanza di fantasia, di curiosità, per pigrizia, voglia di andare sul sicuro, mancanza di materia prima di qualità?
La questione è saper mettere insieme chi è già abituato a stare davanti a una platea e chi invece costituisce una novità. Dopo di che, via via i nuovi prenderanno il posto di chi li ha preceduti.

Maurizio-Costanzo-Show

Foto: © Us Mediaset

A lei si deve la nascita dell’infotainment nella tv italiana, un genere che ha sdoganato molti temi sociali e di spettacolo, ma ha anche promosso tante campagne politiche. Una su tutte, quella contro la mafia. Come mai quel tipo di infotainment – di impegno e riflessione – è sparito? Oggi si punta soprattutto sulla cronaca nera e il gossip: è perché i conduttori sono poco “attrezzati” o è il pubblico a chiedere altro?
È vero che questo modo di fare televisione ha sempre meno spazio. Però è anche vero che se ci fossero le giuste condizioni quel tipo di talk tornerebbe.

Lei sostiene che «la tv finge di cambiare ma rimane sempre la stessa». E come la mettiamo con le piattaforme on demand che hanno inventato un nuovo modo di consumare i contenuti tv e stanno investendo miliardi per proporre programmi sempre più profilati sui gusti del pubblico?
Eppure, io ne sono convinto: continuo a pensare che la televisione sia sempre la stessa e a cambiare siano solo i mezzi attraverso cui viene modulata.

Continua a fare tv, ha ripreso la radio, tiene rubriche sui giornali. È passione sfrenata per il mestiere, o pensa che non sia ancora giunto il tempo di fare bilanci?
Sono convinto che finché c’è la passione per qualcosa la si debba coltivare. C’è sempre tempo per i bilanci.

C’è stato un momento in cui se le avessero proposto di fare il Festival di Sanremo  avrebbe accettato?
Accettai una sola volta ma di condurre le conferenze stampa a Sanremo, non il Festival . 

Qual è, professionalmente parlando, la qualità che ha Maria De Filippi e che le piacerebbe avere?
La concentrazione e l’attenzione affinché non sfugga niente.

Che idea di è fatto sul futuro prossimo e remoto della tv generalista?
Devo essere sincero, non mi sono fatto nessuna idea. La televisione mi ha insegnato che si vive giorno per giorno.

Cosa pensa del progetto di Media For Europe di Mediaset? Ha avuto modo di parlarne con Berlusconi?
Non ho avuto modo e occasione di parlarne con Pier Silvio Berlusconi, l’idea mi sembra molto interessante e foriera di sviluppi.

Quale tra i programmi di Maria De Filippi ritiene che abbia le carte in regola per durare 40 anni?
Probabilmente più di uno. Per esempio, Uomini e donne : ci saranno sempre persone che avranno voglia di raccontarsi; così come ci sarà sempre qualcuno che avrà voglia di incontrare qualcuno in uno studio per dirgli “C’è posta per te”.

Per finire, ritiene che sia ancora proponibile la sua vecchia idea che chi fa tv dovrebbe avere una “patente”?
No, ormai è un’idea peregrina.

A proposito di questa intervista
Intervista di copertina pubblicata sul numero di Tivù di giugno 2022. Leggi l’intero numero a questo link