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Lavoro

Leadership 2.0

Da un modello verticistico a un’organizzazione integrata. Otto top manager spiegano come si sono evolute, negli ultimi cinque anni, dinamiche e strategie del ruolo dirigenziale. E così, per guidare un team, s’ispirano sempre più a direttori d’orchestra, registi e allenatori sportivi…

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Che un valido capo non debba porsi come “padre padrone” nei confronti dei suoi collaboratori, ma soprattutto come comandante, sia pure temuto − ma per questo, infine, amato e rispettato − lo scrisse chiaramente Niccolò Machiavelli nel suo Principe del 1513. E se, dopo circa sei secoli, quel trattato di dottrina politica viene pluricitato in corsi e testi sulla leadership, probabilmente contiene in sé certi principi universali sulla guida di un’organizzazione – uno Stato, così come un’impresa o un gruppo – che, ancora oggi, riscontrano una forte valenza. Avere determinazione nelle dinamiche decisionali, dare un esempio chiaro e coerente, selezionare i giusti collaboratori, saper sfruttare e valorizzare il fattore umano, da manovrare come deus ex machina, sono alcuni dei pilastri imprescindibili su cui deve basare la sua guida un buon leader. E ce lo confermano anche otto top manager che ci descrivono com’è cambiato il loro approccio al management in questi ultimi, critici, cinque anni. Ovvero dal fallimento della Lehman Brothers all’attuale recessione, un periodo in cui le aziende, per far fronte alle difficoltà dei mercati e delle generali condizioni economiche e sociali, hanno dovuto, da un lato, restare ancorate ad alcuni granitici capisaldi, dall’altro rielaborare strategie alla luce di nuove necessità. Puntando, per esempio, su una maggiore integrazione tra le varie funzioni, contando sull’apporto, creativo e operativo, di tutti i livelli dell’organizzazione, agevolando la circolazione interna delle informazioni e definendo una visione condivisa, unitaria e compatta, degli obiettivi da perseguire. Centrale, dunque, risulta la capacità di un leader di motivare costantemente il proprio team con tutti gli strumenti a disposizione, da percorsi formativi a strategie di team building, fino all’uso interno dei social network.

«Un buon manager è come un bravo allenatore sportivo»

Stefano Abbati, amministratore delegato Fossil Italia

«Occorre essere registi perfetti»

Edoardo Bernardi, general manager Estée Lauder Italia

«Più trasversalità, maggiore partecipazione»

Paolo Del Brocco, amministratore delegato Rai Cinema

«Dall’helicopter view al brand engagement»

Arturo Frixa, direttore generale marketing, communication & pr Jaguar Land Rover Italia

«Guida chiara e decisa, senza ambiguità»

Filippo Manucci, amministratore delegato Alés Groupe

«Il “lusso”di una vision condivisa»

Alberto Noé, direttore marca Lancôme Italia

«Allineare e coinvolgere»

Gabriele Rusconi, general manager Bolton Alimentari

«Dal micromanager al leader ispirazionale»

Franco Secchi, direttore Mercato Italia Indesit Company