Quello del cambiamento è più di un’aspirazione, è addirittura un imperativo che Rinascente porta addirittura nel nome esattamente da 160 anni, da quando venne fondata dallo stesso Ferdinando Bocconi che, sempre a Milano, diede vita all’omonima università meneghina. Una vocazione quella della “perenne rinascita” perseguita nel tempo e confermata anche dalle scelte attuali.
Infatti, nel cuore del capoluogo lombardo, Rinascente sta realizzando un progetto senza precedenti: Odeon Beauty Hall, un hub esperienziale di 3 mila metri quadrati dedicato alla bellezza in tutte le sue forme, frutto di un investimento di circa 56 milioni di euro e destinato ad attrarre più di 3 milioni di visitatori l’anno, con un turnover di circa 80 milioni di euro, già dal primo anno di apertura.
I battenti dovrebbero spalancarsi tra maggio 2027 e la fine dello stesso anno. In questo contesto la storica realtà italiana si propone di interpretare alla massima potenza la sua evoluzione da “classico” department store a vera e propria media company e House of brands. Una virata cui ha contribuito non poco Mariella Elia, già Cfo e, da giugno 2024, Managing Director. Sotto la sua guida gli spazi di Rinascente si sono trasformati da luoghi di vendita a teatri dedicati allo storytelling e al coinvolgimento emotivo, capaci di dialogare con generazioni diverse e, soprattutto, con consumatori sempre più esigenti ed evoluti. A Business People racconta la visione strategica che sta dietro questo nuovo corso (e non solo).
Oggi più che come uno store, vi presentate come una media company e House of brands: cosa comporta questo cambio di paradigma, anche in termini di approccio e gestione manageriale?
Essere una House of brands significa essere un partner curatoriale per i nostri brand, mettendo a disposizione esperienze competenze culturali, del settore moda, e artistiche all’interno dei progetti. Come media company, ci assumiamo anche il ruolo di suggeritori di contenuti, esperienze e storytelling. Ma soprattutto ciò che cambia è la concezione dello spazio: lo store non è più un luogo operativo, ma è vissuto come un mezzo di comunicazione vero e proprio, simile a una rivista, un canale televisivo o un profilo social. Vuol dire usare i propri edifici per raccontare storie, idee, valori o visioni al pubblico, proprio come farebbe un media. E questo cambia radicalmente la gestione manageriale: richiede un approccio più fluido, collaborativo, orientato alla creatività quanto alla performance. Lavoriamo con i brand per co-creare valore, non solo per vendere.
Quali sono i numeri di questa evoluzione, in termini di ricavi ma anche di risorse investite e personale?
Proprio perché le nostre location sono luoghi esperienziali che devono accogliere la vita di chi ci visita e parlare di bellezza, come primo step post pandemia abbiamo investito nel remodelling di Roma piazza Fiume, Torino, Firenze e sui piani uomo e donna di Milano mettendo in campo in totale oltre 60 milioni di euro di risorse. Il motivo è semplice: per poter comunicare devi avere un luogo che sia all’altezza dei messaggi che vuoi trasferire, un luogo davvero accogliente. Una costante della nostra azienda è investire in team di qualità e ogni anno dedichiamo oltre 23.500 ore alla formazione. Nel 2025 abbiamo anche intrapreso un percorso formativo con un filosofo del lavoro perché, oltre a tematiche di business, è importante l’impostazione del pensiero critico. La filosofia non insegna cosa pensare, ma come pensare.

Tra maggio 2027 e la fine dello stesso anno sarà inaugurato a Milano Rinascente Odeon Beauty Hall, un articolato progetto che comporta un investimento di circa 56 milioni di euro
Quanto di tutto questo è concepito per raggiungere anche le nuove generazioni?
Nei department store devono convivere più generazioni. Quando ne apre uno è destinato a rimanere nella città per decenni, a radicarsi nel tessuto cittadino. È così che spesso nei nostri spazi si uniscono anche ricordi di più generazioni, tanto che non è affatto raro sentirci raccontare dai nostri clienti «venivo qui da piccolo con la mia mamma». Non si parla quindi solo di raggiungere le nuove generazioni, ma di rimanere nel tessuto delle realtà in cui siamo e creare con esse un legame profondo. Un department store deve esprime la pluralità, la novità, l’interpretazione. Le nuove generazioni non cercano solo prodotti, ma significati. Vogliono essere coinvolte, ispirate, ascoltate, ma così come tutte le generazioni precedenti vogliono anche qualità e trasparenza. L’esperienza Rinascente oggi è multicanale, sensoriale e molto più dialogica. Abbiamo un modo di comunicare o pensare fondato sull’ascolto reciproco, sull’apertura e sulla costruzione condivisa del significato con brand e visitatori.
A Milano, nel 2027 aprirà Rinascente Odeon Beauty Hall, un progetto unico per caratteristiche e dimensioni in Europa: che tipo di spazio sarà?
Sarà un hub immersivo, sensoriale, fortemente esperienziale, dedicato al mondo beauty in tutte le sue sfaccettature. Ovviamente la presentazione del prodotto e la ricerca dietro a ognuno di essi sarà protagonista, però non si parlerà solo di vendita, ma anche di consulenza, personalizzazione, education, live experience. Sarà uno spazio vivo, dove brand storici e nuovi player convivono in una narrazione fluida, così come una piattaforma strategica per lanciare trend, collaborazioni e limited edition.
Un simile progetto sta a indicare che puntate molto sul mondo beauty: che quota ha nel vostro business oggi e quanto stimate che crescerà nei prossimi anni?
Oggi il segmento beauty pesa il 10% del nostro business e puntiamo a raddoppiare il valore assoluto attuale nei prossimi anni. Ma bellezza per noi oggi non è solo sinonimo di estetica, significa anche cura di sé. Prendersi cura del proprio corpo e abbracciare uno stile di vita sano non è più soltanto un trend di mercato, bensì un segno di consapevolezza profonda. È una forma di rispetto verso sé stessi e la vita. Sempre di più, il benessere fisico, mentale ed emotivo si intrecciano in una visione integrata della bellezza, destinata a guidarci nel prossimo decennio. Il progetto Rinascente Odeon Beauty Hall è stato pensato in questa direzione.
Di conseguenza evolverà anche il GroundFloor della Rinascente di Milano, dando nuovo spazio agli accessori che per voi è un settore relativamente recente. Quanto vale oggi questo comparto e quanto stimate possa crescere?
Il mondo degli accessori rappresenta circa il 18% del nostro business. Al GroundFloor di Milano riusciremo a esprimere meglio questa categoria, ma anche a dare più risalto alla gioielleria. Lo spazio parlerà di qualità, di artigianalità e darà il giusto rilievo alla tradizione produttiva italiana. Anche in quest’area immaginiamo crescite a doppia cifra, ma l’obiettivo principale è dare risalto alla valorizzazione dei prodotti con una storia profonda e a forte impatto emozionale.

Già Cfo di Rinascente, da giugno 2024 Mariella Elia è anche Managing Director del Gruppo. In passato ha avuto esperienze in aziende di largo consumo come Carrefour, Conad e McDonald’s (Foto di © Vittorio La Fata)
Il mondo del lusso in generale sta vivendo un momento difficile, che ha dato vita a una serie di riflessioni e progetti di cambiamento, a partire dalla griffe della moda. Quali sono, secondo lei, le reali cause di queste difficoltà e il tipo di evoluzione indispensabile per risollevarsi?
Tutti parlano di crisi nel settore del lusso, ma i dati assoluti raccontano un’altra storia: il comparto resta solido e resiliente. Forse siamo influenzati da una narrazione finanziaria che tende a vedere – o voler vedere – sempre segnali negativi all’orizzonte, riflettendoli poi nello storytelling quotidiano. Non ci dobbiamo fare influenzare da qualche meno rispetto ai trend dell’anno precedente. La realtà è che il lusso continua a rappresentare un punto fermo per molti consumatori. Chi sceglie un prodotto di qualità lo fa con consapevolezza, premiando i brand che incarnano autenticità, valore e visione. È vero: il contesto economico globale è segnato da incertezza, e i consumi in generale subiscono una flessione, ma questo non equivale a una crisi strutturale del settore lusso come molti raccontano. Piuttosto, è il momento di riascoltare il cliente, comprendere le nuove priorità e reinterpretare i bisogni contemporanei con intelligenza e coerenza. Chi saprà fare questo cambiamento ne uscirà rafforzato.
In un mondo sempre più dominato dal digitale e dall’AI come deve evolvere un department store fisico per rimanere nel cuore dei consumatori e dei brand che lo “abitano”? Qual è il vostro punto di vista sull’e-commerce, e come questa rivoluzione ha influito sul vostro modo di presentarvi e lavorare?
Per Rinascente l’e-commerce è un elemento di servizio, non un canale nato per incentivare la vendita. La nostra chiave di lettura è che, quando si parla di un department store, questo canale debba presentare il mood di ogni collezione, far conoscere i brand emergenti, dare spazio alla ricerca autonoma da parte del cliente. La vendita è un aspetto di secondo piano. Non vediamo l’e-commerce come un canale in concorrenza allo store fisico, ma come estensione dell’esperienza. Per quanto riguarda poi l’AI, questa è sempre esistita se la vediamo come insieme di algoritmi. La vera differenza è che prima era un linguaggio per soli tecnici, mentre oggi è per tutti. Questo ci aiuterà a personalizzare le offerte, prevedere trend, ottimizzare la supply chain. Oggi usiamo dei piccoli “assaggi” di AI su alcuni processi di e-commerce, ma sicuramente entro due anni molti processi di back office saranno convertiti. In ogni caso, per noi il cuore resta l’esperienza fisica: il profumo, il tatto, l’incontro umano.
Lei è arrivata in Rinascente dopo esperienze in aziende di largo consumo come Carrefour, Conad, McDonald’s: che tipo di capacità manageriali apprese in questo campo ha portato con sé nel mondo del lusso?
Direi che da quel mondo ho portato con me rigore operativo, attenzione al cliente e velocità nel prendere decisioni.
Ci sono, invece, delle competenze che ha dovuto acquisire per lavorare in questo campo?
Ho dovuto imparare a dare più valore al tempo, ai dettagli, alla relazione con i brand. Il lusso è narrazione, è lentezza strategica. Ma anche qui, serve efficienza e concretezza, altrimenti si rischia di rimanere indietro.
Ogni manager interpreta e applica a proprio modo la leadership. Qual è il suo? E quanto è influenzato dal suo essere donna?
Il mio stile è inclusivo, diretto e orientato alla responsabilizzazione. Credo nella trasparenza e nella capacità di ascoltare. Dopo di che, non sono mai stata un uomo, quindi non posso dire quanto il mio essere donna mi abbia influenzata… Andrei oltre al gender, la mia identità, la mia storia e il mio sguardo sul mondo – inevitabilmente – si sono formati anche all’interno di un contesto culturale che assegna significati e aspettative diverse a uomini e donne. Credo che la mia leadership sia il frutto di molte componenti diverse tra loro: il mio carattere, le esperienze professionali, i modelli che ho avuto (anche nel superarli), così come le sfide specifiche che ho dovuto affrontare. Forse per questo do più valore all’ascolto, alla cura delle relazioni, alla capacità di tenere insieme visione ed empatia. Non perché siano “qualità femminili”, ma perché nella mia esperienza sono stati strumenti fondamentali per guidare con autenticità.
Cosa pensa dei venti anti-DE&I che soffiano dagli Usa?
Dobbiamo rimanere con i piedi per terra: le politiche di inclusione sono necessarie. In molti Paesi del mondo esistono ancora forti discriminazioni e le azioni in questa direzione servono a contrastare esclusioni reali, storicamente documentate, che non possiamo ignorare o negare. È vero, alcune norme, per via di strumentalizzazioni politiche, sono state scritte male o interpretate peggio, in particolare in America, ma il principio di fondo resta valido: dobbiamo proteggere chi, ancora oggi, a causa di retaggi culturali, non gode di pari trattamento. In generale uso poco le parole gender e diversità, sono state sfruttate e depauperate del loro significato intimo, banalizzandole. Per mia fortuna, nel mio percorso professionale ho avuto nella maggior parte dei casi interlocutori intelligenti che hanno guardato solo al merito.
È passato un anno dalla sua nomina a Managing Director, qual è stata la più grande soddisfazione ottenuta in questi 12 mesi?
Aver visto il team credere nella visione proposta e contribuire con energia. Abbiamo lanciato progetti importanti come Odeon Beauty Hall, e stiamo ridefinendo il posizionamento di Rinascente come media company: tanto è stato fatto, ma tanto ancora è da fare e vedo che l’energia in questa direzione rimane forte, e scorre bene.
C’è qualcosa che, a posteriori, vorrebbe aver fatto diversamente?
Se potessi tornare indietro, forse darei più spazio sin da subito ad alcune figure giovani, che poi si sono rivelate preziosissime. Ma ogni scelta è parte di un percorso di apprendimento.
Qual è il suo punto di vista sulle potenzialità dell’economia italiana? Se le dessero la possibilità di investire più risorse su tre settori che considera essenziali per il Paese, su quali si concentrerebbe?
L’economia italiana ha grandi potenzialità, ma deve saperle liberare. Abbiamo un patrimonio unico al mondo fatto di cultura, creatività, manifattura di eccellenza, territori straordinari e una capacità imprenditoriale diffusa. Tuttavia, queste risorse vanno sostenute con visione strategica e investimenti mirati, altrimenti restano sottoutilizzate. Se potessi investire di più, punterei su tre settori chiave: valorizzazione del patrimonio culturale e territoriale; transizione ecologica e innovazione industriale; istruzione e formazione. Perché senza capitale umano non c’è crescita duratura. Serve un sistema educativo moderno, inclusivo e connesso al mondo del lavoro e della ricerca. Dobbiamo investire in competenze digitali, scientifiche, linguistiche e umanistiche, sostenendo anche la formazione continua nelle imprese.
Mariella Elia – Strettamente personale
Quale è il reparto della Rinascente dove più ama fare shopping?
Il quinto piano della Rinascente di Milano è pensato per una donna contemporanea come me: che lavora, ha una famiglia e degli amici, e che ogni tanto ha voglia di concedersi qualcosa di speciale. È uno spazio che mi fa sentire bene, mi rappresenta e mi appaga.
Cosa fa per staccare la spina quando ha del tempo libero?
Sono una persona da mix. Amo viaggiare, ma tra gli impegni familiari e i compiti delle mie figlie: i weekend invernali del 2024 sono stati tutti dedicati a Sumeri ed Egizi… Amerei a dire il vero anche lo sport, ma al momento è una relazione solo virtuale, ma so che dovrò presto trasformare questa relazione platonica in qualcosa di concreto… Ad avere avuto la meglio quest’anno è stato quindi il relax casalingo, con una tazza di caffè macchiato e un buon libro a farmi compagnia. Mi piace leggere: ogni mattina mi sveglio alle 5 per dedicare tempo a questa passione. E come ogni italiano che si rispetti, il vero momento di relax arriva davanti a una buona cena con gli amici: a quella non rinuncio mai.
C’è un libro che, in qualche modo, ha cambiato il suo punto di vista?
Due libri hanno profondamente cambiato il mio modo di lavorare (e di pensare): Pensieri lenti e veloci di Daniel Kahneman e Il cigno nero di Nassim N. Taleb. Li ho riletti entrambi tre volte, e ogni volta scopro qualcosa di nuovo: sono così densi di significato e capaci di ampliare la visione della vita che li consiglio a chiunque incontri nel mio percorso, professionale e non solo.
C’è un personaggio del passato da cui si sente particolarmente ispirata?
Non ho un unico personaggio di riferimento assoluto. Nel tempo, ci sono state diverse figure che mi hanno affascinata e ispirata per motivi diversi. Tuttavia, se devo citarne uno in particolare, direi che la dedizione, la forza e l’eleganza intellettuale di Rita Levi Montalcini mi hanno lasciato un segno profondo. Il suo rigore, il suo coraggio nel seguire la scienza anche in tempi difficili, e la sua capacità di unire competenza e umanità sono per me un esempio senza tempo.
Questa intervista è stata pubblicata su Business People di giugno 2025, scarica il numero o abbonati qui