L’eredità di Giorgio Armani, chi guiderà il suo impero del lusso

La Fondazione Armani sarà al centro della governance, affiancata da nipoti e manager storici per garantire continuità e indipendenza al gruppo

L’eredità di Giorgio Armani, chi guiderà il suo impero del lusso da 12 miliardiGiorgio Armani in uno scatto del 1997© Photo by James Andanson/Sygma via Getty Images

Giorgio Armani non c’è più, ma il suo impero continua a vivere secondo un disegno meticolosamente preparato nel tempo. Lo stilista e imprenditore, scomparso senza eredi diretti, ha lasciato un patrimonio stimato in oltre 12 miliardi di dollari e un gruppo da 2,3 miliardi di euro di ricavi, 398 milioni di margine operativo lordo e circa 600 milioni di liquidità. Un colosso da 8.700 dipendenti, 623 negozi, hotel e ristoranti in tutto il mondo, costruito in cinquant’anni di attività e destinato a restare indipendente ancora a lungo.

La successione, un piano studiato dal 2016

Finché era in vita, Armani deteneva il 99% del capitale della sua azienda. Lo 0,1% era già intestato alla Fondazione Giorgio Armani, creata nel 2016 non solo per promuovere attività sociali, ma soprattutto per garantire la continuità e la governance del gruppo anche dopo la sua scomparsa.

Nel tempo, questo disegno ha preso forma in un documento articolato che prevede sei classi di azioni (dalla A alla F, più altre senza diritto di voto), ognuna con poteri diversi. Le azioni “A” potranno nominare il presidente, le azioni “F” l’amministratore delegato, e alcune classi avranno voti tripli. Il controllo effettivo dovrebbe restare nelle mani della Fondazione, ma sarà affiancata da familiari e manager di lungo corso.

Chi prenderà in mano il gruppo

La “regia” sarà dunque condivisa. In prima linea ci sono i tre nipoti: Silvana e Roberta Armani, figlie del fratello Sergio, e Andrea Camerana, figlio della sorella Rosanna, già membro del cda dal 2017. Con loro anche il compagno di una vita e braccio destro Leo Dell’Orco, e l’imprenditore digitale Federico Marchetti, fondatore di Yoox, cooptato nel consiglio di amministrazione nel 2020.

Il triumvirato che guiderà la Fondazione – e di fatto l’intero gruppo – sarà formato da Dell’Orco, Irving Bellotti (amministratore delegato di Rothschild Italia e advisor storico di Armani), e un nuovo membro della famiglia che prenderà il posto lasciato dallo stesso Giorgio Armani.

Lo statuto della Giorgio Armani Spa, già pronto da anni, prevede che la Fondazione operi come garante della visione del fondatore: cautela negli investimenti, attenzione all’eccellenza e all’innovazione, un uso moderato del debito e un reinvestimento costante degli utili. Non potrà distribuire profitti o patrimonio.

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Un gruppo blindato, ma non chiuso a opzioni future

Se da un lato Armani ha lavorato per blindare l’indipendenza del suo gruppo, dall’altro non ha mai escluso una futura quotazione in Borsa, che secondo lo statuto sarà possibile non prima di cinque anni dalla sua scomparsa. La decisione richiederà la sola maggioranza del consiglio di amministrazione.

Non mancano le mire esterne: Lvmh ha più volte tentato di avvicinarsi al gruppo, e i dossier sul futuro di Armani passano da anni nei corridoi delle grandi banche d’affari. Tra i potenziali interessati figurano anche i colossi del private equity come Cvc, Blackstone e Kkr.

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