Non conta ciò che si ha, ma ciò che si fa. Paolo Savona, presidente della Consob, ha terminato così il suo ultimo discorso al mercato, lo scorso 20 giugno. Ricordando il principio, fatto proprio da Gandhi, e tratto dalla storia delle grandi civiltà, secondo il quale «le posizioni di vantaggio sono sempre precarie».
Un discorso che, nel corso del 50esimo anniversario dell’autorità di vigilanza dei mercati finanziari, è passato soprattutto per l’accusa contro il successo delle cryptocurrency, versione futuristica dell’illusione di facili guadagni di collodiana memoria. E contro il recente orientamento dell’amministrazione statunitense, che oltre ai dazi ha legittimato le crypto, creando uno sconvolgimento del sistema monetario internazionale basato fino a ieri sul dollaro.
Eppure, al di là di quello che è apparso sui giornali, c’è un altro passaggio che andrebbe letto e riletto: la conclusione sui cittadini della Ue, i quali «godono di un benessere sociale e individuale comparativamente più elevato rispetto a quello del resto del mondo sviluppato». E che, per mantenerlo, devono sollecitare la definizione di un «coerente programma di azione in prospettiva».
Da anni, infatti, ormai si parla della creazione dell’Unione Europea dei Mercati dei Capitali e dell’ancora più ambiziosa Unione Europea dei Risparmi e degli Investimenti, processi che per Savona sono «indispensabili» per completare il mercato unico dell’area euro. Ma che ancora rimangono nell’iperuranio degli gnomi di Bruxelles.
Poi c’è la divisa comune: la solidità dell’industria europea e l’abbondanza del risparmio disponibile consentirebbero «di darsi una struttura competitiva, non solo sul piano del commercio mondiale, ma anche su quello di un euro accettato per usi internazionali».
Insomma, anche per Savona, noto in passato per posizioni bollate come euroscettiche, l’Ue avrebbe tutte le carte in regola per competere con Cina e Usa. Eppure si limita a fare da spettatore. Forse perché, come hanno scritto David Carretta e Christian Spillmann nella loro fortunata newsletter Il Mattinale europeo, la Ue è quello che è: un’organizzazione regionale, politica ed economica di successo, una potenza economica, un mercato di 450 milioni di persone. Ma non è uno Stato: non ha una politica estera, non ha una politica industriale, non ha capacità fiscale e di debito. È un gigante coi piedi di argilla. Così torniamo al precetto gandhiano: la Ue ha molto, ma fa poco.
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