Nella più grande battaglia antitrust dai tempi di Microsoft, Google ha evitato la misura più temuta: la cessione forzata di Chrome, il browser più diffuso al mondo. Lo ha deciso il giudice Amit Mehta, che ha comunque confermato il giudizio di monopolio a carico del colosso della ricerca online.
La sentenza rappresenta un punto di svolta nella lunga causa intentata dal Dipartimento di Giustizia statunitense insieme a una coalizione di Stati, e fa tirare un sospiro di sollievo alla compagnia guidata da Sundar Pichai.
Il giudice ha accolto solo parzialmente le richieste del governo americano. Google non potrà più siglare accordi esclusivi per rendere i propri servizi, come Google Search, Chrome, Assistant e Gemini, predefiniti su browser e dispositivi. Ciò significa che non potrà più pagare Apple, Mozilla, Samsung e altri partner per assicurarsi un accesso privilegiato.
Questo cambiamento comporterà la perdita di contratti multimiliardari, ma favorirà una maggiore concorrenza e darà agli utenti più libertà di scelta. Tuttavia, la decisione non arriva a smantellare l’impero di Mountain View: Chrome resterà a Google, un vantaggio strategico fondamentale per lo sviluppo del business legato all’intelligenza artificiale.
Google è monopolista, ma può tenere Chrome
La pronuncia segue quella storica dello scorso anno, in cui Mehta aveva già stabilito che Google aveva violato le leggi antitrust mantenendo un monopolio nella ricerca. “Google è un monopolista – si leggeva in quella sentenza – e si è comportata come tale per mantenere il suo monopolio”.
Nel corso del processo, durato tre settimane e iniziato ad aprile, ha testimoniato anche il Ceo Sundar Pichai, sostenendo che le proposte del Dipartimento equivalevano a una “cessione di fatto” del business della ricerca. Il manager aveva anche messo in guardia sulle “conseguenze indesiderate” che tali misure avrebbero potuto generare.
Nel frattempo, il browser Chrome aveva già attirato l’attenzione di diversi soggetti interessati all’acquisto. OpenAI aveva manifestato il proprio interesse, mentre Perplexity si era spinta fino a offrire 34,5 miliardi di dollari. Anche Search.com e Yahoo erano in corsa. Sullo sfondo, il vero terreno di conquista resta quello dell’intelligenza artificiale.
Google pronta a ricorrere in appello
Mountain View ha già annunciato l’intenzione di ricorrere in appello contro la sentenza che ha definito l’azienda monopolista. I tempi per una decisione definitiva si preannunciano lunghi, ma l’obiettivo è chiaro: rimuovere un’etichetta pesante e sgradita per l’immagine del gruppo.
© Riproduzione riservata