Unicredit taglia la quota in Generali: ora è sotto il 2%

Dopo aver toccato il 6,7% ad aprile, la banca guidata da Orcel riduce drasticamente la sua partecipazione nella compagnia triestina. Il ritorno sfiora il 25%.

Unicredit taglia la quota in Generali: ora è sotto il 2%© Shutterstock

Unicredit ha ridotto la propria partecipazione in Generali al di sotto della soglia rilevante del 2%. La banca guidata da Andrea Orcel aveva raggiunto una presenza significativa nel capitale del Leone con il 6,7% dichiarato all’assemblea dello scorso aprile, per poi scendere al 5% a luglio, fino al recente disimpegno quasi totale.

L’investimento era nato con un obiettivo potenzialmente industriale, poi tramontato. A inizio 2025, l’annuncio da parte dell’amministratore delegato di Generali, Philippe Donnet, di una joint venture nell’asset management con la francese Natixis aveva segnato un punto di rottura. L’iniziativa, considerata indigesta da Orcel, ha portato Unicredit a schierarsi apertamente contro l’attuale governance del Leone, sostenendo in assemblea la lista di minoranza promossa da Francesco Gaetano Caltagirone, poi sconfitta da quella di Mediobanca.

Il disallineamento con la governance di Generali ha avuto riflessi diretti anche sulle scelte strategiche di Unicredit. La partecipazione è stata infatti sempre definita da Orcel come puramente finanziaria, e non legata a un piano di lungo periodo. Una posizione che, alla luce dell’exit progressiva, si è rivelata coerente: la banca ha realizzato un rendimento superiore al 25%, grazie a un ingresso nel capitale tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025.

La mossa è anche un segnale: Unicredit non ritiene più necessaria una quota significativa per stipulare eventuali accordi commerciali con la compagnia triestina. Un’uscita strategica, quindi, ma non per forza una rottura definitiva nei rapporti con Generali.

Il ruolo di Generali o

In parallelo al disimpegno di Unicredit, Generali vive una fase di relativa stabilità. Dopo anni di tensioni con i grandi soci privati, i toni si sono abbassati e lo scenario azionario si sta ridefinendo. Il pacchetto di controllo si è consolidato nelle mani di un fronte italiano compatto, che comprende Mps (13,22%), il gruppo Caltagirone (6,68%), Delfin (10,05%), e altri azionisti come Benetton e Fondazione Crt, per un totale vicino al 30%.

Questo blocco, almeno per ora, sembra non avere intenzione di cedere terreno. Il rendimento costante dei dividendi – 2,2 miliardi distribuiti nel 2025 – costituisce un forte incentivo a mantenere le posizioni.

Il futuro di Orcel tra Commerzbank e Banco Bpm

Chiusa la parentesi Generali, Andrea Orcel guarda ora verso nuovi obiettivi. In cima alla lista c’è Commerzbank, di cui Unicredit controlla circa il 30%. Il gruppo attende segnali dal governo tedesco per aprire un dialogo più disteso. In alternativa, potrebbe tornare alla carica su Banco Bpm, terreno già battuto in passato ma oggi più vicino ai francesi di Crédit Agricole.

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