Lo spread tra BTp italiani e Bund tedeschi è sceso a quota 90 punti base, toccando i minimi da oltre 15 anni. Escludendo due brevi eccezioni (nel 2021 e nel 2018), non si registrava un valore così basso dal 2010.
Un traguardo ancora più rilevante se si considera che il confronto attuale avviene tra titoli con scadenze non perfettamente allineate: il Bund in questione scade sei mesi prima rispetto al BTp. Quando, a luglio, la Germania emetterà un titolo con pari durata, lo spread effettivo calerà di circa 7 punti, portandosi virtualmente a 83.
I fattori che stanno favorendo i Btp italiani
Il dato segnala una fiducia crescente nei confronti dell’Italia: gli investitori sono disposti ad accettare rendimenti sempre più simili a quelli dei titoli tedeschi, ritenuti i più sicuri dell’Eurozona. È significativo anche il confronto con la Francia: i BTp biennali rendono ormai meno degli equivalenti francesi e quelli quinquennali sono solo leggermente più alti.
Il contesto favorevole è alimentato da un robusto afflusso di capitali in uscita dagli Stati Uniti, che investono nei mercati europei. Ma l’Italia spicca anche in termini relativi: è l’unico grande Paese europeo in cui i rendimenti decennali sono scesi da inizio anno, passando dal 3,52% al 3,48%, mentre altrove sono cresciuti.
Dietro il calo dello spread ci sono anche motivi strutturali. Moody’s ha recentemente alzato le prospettive sul rating sovrano italiano da “stabili” a “positive”, sottolineando una performance fiscale migliore del previsto, una maggiore stabilità politica, un mercato del lavoro robusto e un livello di debito privato inferiore alla media europea. Il sistema bancario, inoltre, è ritenuto solido.
Anche le scelte del ministero dell’Economia e delle Finanze hanno avuto un ruolo determinante. L’ultima emissione quinquennale ha raccolto una domanda dieci volte superiore all’offerta (120 miliardi contro 12), confermando l’alta appetibilità dei BTp. Concentrando le emissioni su scadenze intermedie, particolarmente richieste, si è creata una relativa scarsità di titoli a lungo termine, che ha sostenuto la domanda anche su queste durate.
Resta il nodo del debito pubblico, ancora elevato (135,3% del Pil), che continua a pesare sui rendimenti. Ma il trend di miglioramento è evidente.
© Riproduzione riservata