L’oro continua la sua corsa storica, superando per la prima volta la soglia dei 3.600 dollari l’oncia e avvicinandosi rapidamente ai 3.700 dollari, livelli mai toccati prima. La quotazione spot ha raggiunto 3.643,29 dollari, mentre i futures hanno toccato 3.683,85 dollari l’oncia. A Londra, il prezzo si è spinto fino a 3.646 dollari, con un aumento del 40% da inizio anno e quasi il 10% nelle ultime tre settimane.
Oro, il bene rifugio per eccellenza
Il rally si alimenta in primo luogo della debolezza del mercato del lavoro statunitense, che ha rafforzato le attese di un imminente taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve nella riunione prevista il 17 settembre. Un contesto di tassi più bassi penalizza strumenti come obbligazioni e depositi, rendendo più appetibile un asset come l’oro, che pur non generando interessi, viene scelto per la sua capacità di preservare valore nel lungo periodo.
A questo si somma l’incertezza geopolitica, che va dall’Europa orientale al Medio Oriente, e le preoccupazioni legate a potenziali crisi energetiche, fattori che spingono la domanda di beni rifugio.
Un altro elemento chiave è l’indebolimento del dollaro nei confronti delle principali valute mondiali, che ha facilitato gli acquisti di oro a livello internazionale. Al tempo stesso, l’inflazione, pur rientrata rispetto ai picchi del 2022 e 2023, resta sopra i target di molte banche centrali, mantenendo vivo l’interesse degli investitori per una copertura contro la perdita di potere d’acquisto.
In questo contesto, anche le banche centrali delle economie emergenti hanno aumentato le proprie riserve di oro come misura di protezione contro i rischi valutari e le sanzioni internazionali. Solo la Cina, ad esempio, ha incrementato le riserve per il decimo mese consecutivo ad agosto, arrivando a 2.302 tonnellate con un incremento complessivo di circa 38 tonnellate da novembre 2024.
Un grafico mostra il peggior semestre del dollaro degli ultimi 50 anni
Dazi sull’oro: Trump conferma l’esenzione
Ha destato preoccupazione anche l’eventualità di dazi sull’oro negli Stati Uniti. Lo scorso agosto, la Customs and Border Protection (Cbp) aveva classificato alcuni lingotti – in particolare quelli da un chilogrammo e da 100 once – come soggetti a dazi, minacciando di bloccare il funzionamento del Comex, il mercato americano dei futures sull’oro.
Solo dopo giorni di incertezza è arrivata la rassicurazione del presidente Donald Trump, che l’11 agosto ha dichiarato che l’oro non sarà soggetto a dazi, promettendo un ordine esecutivo per chiarire definitivamente la questione. Tale ordine è infine entrato in vigore, anche se il provvedimento non riguarda esclusivamente l’oro, ma un lungo elenco di materie prime e prodotti, come uranio, grafite e tungsteno, per i quali Washington si dichiara pronta a negoziare dazi zero nell’ambito di accordi bilaterali.
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