Mps all’86,3% di Mediobanca e accelera sulla fusione

Conquistata la maggioranza assoluta, Siena punta al delisting e prepara l’integrazione operativa di Piazzetta Cuccia

Mps all’86,3% di Mediobanca e accelera sulla fusione© Shutterstock

La scalata di Monte dei Paschi di Siena (Mps) su Mediobanca è ormai una realtà compiuta. L’offerta pubblica di acquisto e scambio, lanciata otto mesi fa, si è chiusa con un’adesione pari all’86,33% del capitale, un risultato ben oltre le aspettative iniziali, che consente alla banca senese di assumere il pieno controllo della storica banca d’affari milanese.

La conquista di questa quota, pur fermandosi appena sotto la soglia del 90% oltre la quale scatterebbe l’obbligo di acquistare le quote residue, rappresenta un passaggio cruciale per pianificare la fusione per incorporazione e il possibile delisting di Mediobanca da Borsa Italiana. Quest’ultimo, pur non ancora formalizzato, è considerato altamente probabile e viene già studiato nei dettagli da Mps e dai suoi advisor.

La nuova governance di Mediobanca in mano a Siena

A meno di una settimana dalla chiusura dell’Opas, l’attenzione si è spostata sulla definizione della nuova governance di Piazzetta Cuccia. L’assemblea del 28 ottobre segnerà l’uscita di scena dell’attuale consiglio di amministrazione, guidato da Alberto Nagel, e la presentazione delle nuove liste, che dovranno essere depositate entro il 3 ottobre. In vista di questo appuntamento, Mps ha attivato il comitato nomine e coinvolto la società Korn Ferry per selezionare i profili, puntando su un forte segnale di discontinuità rispetto alla gestione precedente.

Come evidenziato nei giorni scorsi, la nuova Mediobanca a guida senese sarà verosimilmente più snella: il Cda passerà da 15 a 9 membri, e si valuta anche il possibile inserimento di un traghettatore interno come Gian Luca Sichel o Angelo Viganò, in attesa del nuovo ceo. Tra i candidati esterni circolano i nomi di Giorgio Cocini (Pimco), Francesco Pascuzzi (Goldman Sachs), Riccardo Mulone (Ubs) e Filippo Gori (Jp Morgan).

Delisting, fusione e sinergie: i prossimi passi

Il progetto di incorporazione prevede due possibili strade: una fusione piena con Mediobanca integrata come divisione interna, oppure il mantenimento di una legal entity separata ma sotto controllo diretto, simile al modello di Banca Imi in Intesa Sanpaolo. In entrambi i casi, il marchio Mediobanca sarà preservato, considerato un asset strategico. La Banca centrale europea dovrà comunque approvare l’operazione, con una finestra di valutazione di tre mesi.

L’obiettivo dichiarato è attivare sinergie da 700 milioni di euro annui, di cui 300 milioni dai ricavi, 300 milioni dai costi e 100 milioni dal risparmio sul funding. A queste risorse si aggiungeranno anche i benefici fiscali: l’operazione consentirà l’attivazione di 2,9 miliardi di Dta, con un impatto atteso di 1 miliardo di capitale aggiuntivo tra il 2026 e il 2027.

Un equilibrio tutto da costruire

La sfida più delicata sarà armonizzare due modelli molto diversi. Da un lato Mps, con una forte presenza sul retail e sulle Pmi; dall’altro Mediobanca, leader nel wealth management, nel credito al consumo e nell’investment banking. Una fusione che si giocherà non solo sui numeri, ma anche sulla capacità di trattenere i talenti chiave di Mediobanca, che potrebbero guardare altrove se non adeguatamente valorizzati.

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