Lovaglio al bivio Mediobanca-Generali: la sfida è doppia

Dopo l’Ops di Mps, si apre per Piazzetta Cuccia una nuova fase: il futuro dipende dalle adesioni finali, dalla gestione delle risorse interne e dal nodo Trieste

Lovaglio al bivio Mediobanca-Generali: la sfida è doppia© Shutterstock

Ora che Piazzetta Cuccia ha cambiato padrone, il dossier Mediobanca entra nella fase più delicata. Con l’offerta pubblica di scambio lanciata da Mps, è stato messo fine a uno scontro che durava da mesi tra il management storico e gli azionisti stabili, Leonardo Del Vecchio (tramite Delfin) e Francesco Gaetano Caltagirone, determinati a spostare gli equilibri dell’alta finanza italiana.

La spinta finale, come evidenziato da Affari & Finanza di Repubblica del 22 settembre 2025, è arrivata grazie all’appoggio di un gruppo di casse previdenziali e di istituzioni vicine al mondo politico romano, che ha permesso all’Ops di arrivare al 70,48% del capitale. Ma il vero crocevia sarà raggiunto con il conteggio delle adesioni finali: se si supererà la soglia dell’80%, si aprirebbe la strada al delisting e, forse, a una fusione con Mps. Al contrario, restare sotto il 75% potrebbe permettere di mantenere Mediobanca quotata e autonoma, pur sotto nuovo controllo.

Le sfide per Luigi Lovaglio

Nel frattempo, si evidenzia sul settimanale, inizia la vera partita per Luigi Lovaglio, l’uomo chiamato a traghettare Mediobanca in una nuova configurazione. Dopo aver chiuso il tormentato salvataggio di Mps, Lovaglio ha guidato l’offerta facendo leva su 2,9 miliardi di crediti fiscali, che possono essere valorizzati appieno solo integrando gli utili di Piazzetta Cuccia. Ma ciò che ancora manca è un chiaro piano industriale in grado di coniugare la rete commerciale di Mps con i comparti ad alta specializzazione di Mediobanca, come l’investment banking e il credito al consumo.

L’integrazione tra due realtà così distanti per cultura e struttura non entusiasma il mercato. Lo ha dimostrato il voto degli investitori che avevano preferito il progetto alternativo elaborato dall’ex management di Mediobanca, fondato su una fusione con Banca Generali. Ma la spinta degli azionisti stabili – forti dell’appoggio di soci pesanti come Benetton, Crédit Agricole, Unicredit, Bpm-Anima – ha ribaltato il tavolo. Ora tocca a Lovaglio e ai suoi indicare una direzione credibile.

Uno dei primi ostacoli sarà trattenere le persone chiave. Il vecchio consiglio d’amministrazione, convinto della natura ostile dell’Ops, ha infatti sbloccato i bonus e le stock option maturate dai manager, aprendo la strada a una possibilefuga di cervelli”. Nomi cruciali per la tenuta dei settori più redditizi – wealth management e investment banking – sono ora in una posizione di attesa: prima di decidere se restare, vogliono capire quali saranno le nuove condizioni retributive e gestionali.

Il marchio Mediobanca, anche se diventasse una divisione del Monte dei Paschi, è destinato a sopravvivere. Ma sarà fondamentale identificare una figura credibile, con esperienza nei settori ad alta specializzazione della banca, capace di tenere insieme mondi professionali e stili manageriali diversi. Altrimenti, il rischio è di vedere competenze chiave migrare altrove, indebolendo l’intero progetto.

Generali resta il vero bottino dell’operazione

Oltre alla governance, però, il futuro di Mediobanca è legato a un altro nodo cruciale: il 13,2% di azioni Generali detenute in portafoglio. È questo, secondo A&F, l’asset strategico che ha motivato l’operazione di Delfin e Caltagirone nei confronti del vertice di Piazzetta Cuccia. Dopo aver perso il controllo diretto su Trieste, la loro mossa è stata puntare su Mediobanca per riottenere influenza sulla compagnia assicurativa, che gestisce oltre 800 miliardi di euro, in gran parte risparmio italiano.

Ora quel pacchetto è nelle mani dei nuovi azionisti. E la domanda è: cosa farne? Secondo quanto trapela dagli ambienti governativi, si vorrebbe promuovere un “ancoraggio istituzionale”, con il coinvolgimento di soggetti come Unicredit, Intesa Sanpaolo, Poste, Cdp e il fondo pensioni della Banca d’Italia. Obiettivo: proteggere Generali da acquisizioni straniere e assicurare una governance stabile, sotto la regia di azionisti graditi alla politica, come Caltagirone e Milleri, l’erede di Del Vecchio.

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