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Think Digital Summit Italy: gettiamo le basi per una ripresa economica

Le anticipazioni di Luca Altieri, Cmo di Ibm Italia, sull’appuntamento del 18 giugno. Perché se la pandemia ha stravolto improvvisamente bisogni, scelte e investimenti di aziende e individui, la tecnologia e l’innovazione restano il punto fermo per rinascere

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In poche settimane di pandemia da coronavirus molte cose sono cambiate. È cambiato il contesto economico italiano e internazionale, i bisogni, le scelte e gli investimenti di aziende e individui. Anche le modalità di incontro sono cambiate. Quello che resta immutato è lo spirito con cui nascono eventi come il Think Digital Summit Italy, l’ormai tradizionale appuntamento organizzato da Ibm per condividere esperienze e confrontarsi sugli argomenti della trasformazione digitale, scoprendo come la tecnologia possa migliorare le nostre vite e il modo di fare business. A differenza degli anni precedenti, quando la piazza di Gae Aulenti di Milano si trasformava in un punto di incontro per cittadini e imprese, l’appuntamento del prossimo 18 giugno (per partecipare, basta registrarsi a questo link) sarà completamente digitale e rivolto al mondo del business e delle imprese. In un momento in cui l’evento digitale è la normalità, con Think Digital Summit Italy Ibm vuole offrire un format inedito. “Vogliamo differenziarci dagli altri eventi per contenuti, personaggi presenti e modalità di erogazione”, spiega a Business People, Luca Altieri, Cmo di Ibm Italia e tra i protagonisti del Think Digital Summit del 18 giugno. “Non parleremo esclusivamente di tecnologia e di come l’innovazione sia una spinta propulsiva alla crescita, ma sarà l’occasione anche per comprendere dove sta andando il mondo delle imprese e, prima di tutto, il nostro Paese. Sarà l’occasione per ascoltare testimonianze di un’Italia virtuosa, che malgrado i problemi, funziona e dà risultati”.

A condurre i partecipanti nella sessione plenaria e in quelle specifiche ci saranno esponenti dell’imprenditoria (confermata la presenza di Brunello Cucinelli), del giornalismo (tra questi Nicola Porro) e dell’economia (interverrà anche Carlo Cottarelli), che contribuiranno a descrivere lo scenario macroeconomico e i trend di mercato. Non mancheranno esperti di tecnologia, per spiegare cos’è e cosa sarà domani l’innovazione a supporto delle aziende, e i rappresentanti di quelle aziende che hanno abbracciato la trasformazione digitale per creare storie di successo. Anche le modalità dell’evento saranno innovative. “Sarà un’esperienza molto forte e interattiva, che va oltre il classico webinar”, aggiunge Altieri. “Quello che vogliamo realizzare è un evento full digital, dove ricreare quell’aspetto esperienziale, di empatia, che avevamo con quello fisico e dove al centro di tutto ci sarà l’individuo e i suoi bisogni. Cosa non facile e banale”, ammette il Chief Marketing Officer di Ibm Italia.

Passando dal “fisico” al virtuale, cosa cambia nell’organizzazione di un evento di questo tipo? È cambiato tanto, perché un appuntamento completamente digitale richiede strategia, mentalità e competenze nuove. Bisogna sedersi e capire in cosa un evento digitale funziona e dove non è efficace. Posso realizzare un webcast, con un approccio divulgativo uno a molti ma che permette poca interazione; o un webinar, un po’ più interattivo perché mi permette di fare sondaggi o sessioni di domande e risposte. Ma noi puntiamo a un full digital event: stiamo cercando di portare l’Ibm Studios nel mondo digitale. I partecipanti potranno accedere in un ambiente virtuale che ricorderà l’Ibm Studios fisico, entreranno nella reception e lì potranno attendere l’evento, interagire con esperti in materia e partecipare successivamente alle sessioni parallele. Puntiamo a una giornata fortemente interattiva, sia dal punto di vista esperienziale che di ingaggio. Perché con questo tipo di eventi il vero rischio è la noia: chiunque in un contesto simile potrebbe togliere l’audio e guardare la posta, scollegarsi per riconnettersi dopo due ore. Bisogna lavorare affinché le tecnologia che abbiamo oggi a disposizione – come 3d, live chatting, accesso a sessioni ad hoc dedicate, materiale personalizzato da scaricare e on demand – coinvolga il più possibile e ricrei quell’empatia tipica di un evento fisico. Perché poi, le opportunità ci sono, come il poter raggiungere un’audience dieci volte più numerosa di un evento tradizionale.

Claim del Think Digital Summit Italy è “Insieme diamo vita a storie nuove”. Cosa volete trasmettere con questo concetto?Sono i tre pilastri che caratterizzeranno l’evento: il concetto di “insieme”, quello di “dare vita” e di “storie nuove”. Tra lockdown, quanto accaduto e sta accadendo, il concetto di insieme assume un valore nuovo: siamo stati forzatamente isolati, se non grazie alla tecnologia che ci ha permesso, seppur virtualmente, di restare vicini. Ora, però, è il momento di tornare a stare insieme, come individui e sistema Paese: persone, istituzioni, Pubblica amministrazione e aziende. Secondo tema fondante è il concetto di dare vita, perché questo non è il momento della ripartenza: non ripartiremo da quanto abbiamo lasciato. Ci aspetta quello che chiamano new normal, non sappiamo come sarà, ma sarà sicuramente qualcosa di diverso rispetto al passato. È il momento della creazione e del rinnovamento: insieme dobbiamo trasformare questa crisi in un’opportunità di rinascita e trasformazione. Dare vita a cosa? A storie di successo: il Ponte di Genova è uno di quegli esempi che porteremo al Think grazie all’intervento del sindaco Marco Bucci.

Può anticiparci altro sul programma del 18 giugno?Avremo degli esempi virtuosi di un’Italia che ce la fa. Ci sarà poi un’analisi della situazione italiana attraverso l’intervento del dottor Cottarelli, che ci farà capire cosa sta accadendo in Italia e in Europa e cosa ci aspetterà domani. Perché dobbiamo sì gestire l’oggi, ma soprattutto costruire il futuro. Passeremo poi a osservare i vari mercati che caratterizzano l’Italia: banche e assicurazioni, consumer e retail, il mercato della Pubblica amministrazione. Quali sono i principali trend che caratterizzano il mercato con un focus su come le aziende stanno utilizzando la tecnologia e i partner di Ibm per creare storie successo. Nel pomeriggio sono in programma più di 10 sessioni e approfondimenti tematici su quello che sono le nuove tecnologie a disposizione, dal cloud alla cyber security, all’artificial intelligence.

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La pandemia ha stravolto i piani di molte aziende. Che settimane sono state quelle in Ibm e per i suoi clienti?Partiamo da Ibm, dove siamo riusciti a garantire la totale attività delle funzioni. Da tempo l’azienda aveva dotato tutti i dipendenti di quegli strumenti che permettono di lavorare in smart working: ognuno di noi ha uno smartphone aziendale e un computer portatile, programmi di condivisione come Slack per la comunicazione istantanea o Cisco Webex per i meeting. Ciascuno è stato messo nella condizione di avere un ufficio e lavorare in team ovunque si trovasse. Ibm si è subito attivata anche per garantire l’operatività dei suoi clienti e della loro infrastruttura durante le settimane di lockdown: abbiamo sempre mantenuto un certo numero di risorse di supporto attive e dedicate affinché supportassero i clienti. Una sorta di pronto intervento. Eravamo abituati a lavorare in queste modalità: è stata una bella prova che, mi permetto di dire, abbiamo superato sia grazie alle nostre competenze, sia agli strumenti che ci hanno permesso di continuare a lavorare, sia grazie alla nostra tecnologia.

Sono state settimane intense anche sul fronte della corporate social responsibility.Sì, è vero. Insieme a Cisco, ad esempio, abbiamo formato un gruppo di volontari perché andassero nelle scuole per aiutare gli studenti in remoto a svolgere attività di e-learning. Attraverso Fondazione Ibm abbiamo poi scelto di sostenere economicamente l’Ospedale di Bergamo, esempio di uno dei tanti ospedali in difficoltà, e abbiamo invitato a contribuire tramite un’attività di crowdfunding, anche i nostri partner, dipendenti ed ex dipendenti. Bisognava essere necessariamente presenti e vicini al sistema Paese, a quello che in quel momento stava vivendo come necessità. Abbiamo sviluppato anche un forte piano per la salute e la sicurezza dei nostri dipendenti, dando da subito delle linee guida di comportamento: aiutandoli nel lavoro così come del dopo lavoro. Anche in questo momento stiamo gestendo in maniera intelligente e adeguata la riapertura degli uffici, decidendo quando e come riaprirli. Perché la priorità è la salute dei dipendenti e dei nostri clienti.

Nello speech inaugurale di Think Digital, tenutosi a inizio maggio negli Usa, il Ceo di Ibm, Arvind Krishna ha parlato di un percorso di trasformazione digitale – accelerato dalla pandemia – che porterà ogni azienda, di qualunque settore, a essere un A.I. company. A che punto è l’Italia in questo processo?Sappiamo bene che non tutte le aziende sono allo stesso livello di evoluzione, ma questa emergenza ha costretto tutto il mondo, Italia compresa, a una pausa di riflessione su quello che riguarda l’adozione del digitale. C’è stata una forte spinta al suo utilizzo: smart working, e-learning ed e-commerce sono tra le tante declinazioni entrate in maniera “prepotente” nel nostro quotidiano. Prepotente perché non tutti erano pronti. C’è stata anche una buona fetta di aziende che si è fatta trovare impreparata, in alcuni casi per dimensioni, in altri per il settore in cui opera o per questioni geografiche. Pensiamo alle prime settimane di lockdown e a quante aziende sono dovute correre ai riparti con un improvviso approvvigionamento di laptop! L’adozione della tecnologia è ancora disomogenea: secondo il Desi, il tasso di digitalizzazione di un Paese, l’Italia è al 24° posto su 28 Paesi. C’è ancora molta strada da fare, ma questa emergenza che ci ha forzato all’adozione del digitale può trasformarsi in un’opportunità e un cambiamento strutturale. Dobbiamo mantenere il passo che abbiamo raggiunto e andare oltre. È fondamentale restare su questa rotta e qui torniamo al concetto di insieme: individui, istituzioni e aziende devono supportare l’adozione del digitale.

Questo cambiamento può avvenire anche in un’Italia dove le pmi hanno un peso non indifferente sull’economia? Da una parte possono essere più “agili” di una grande azienda, ma forse peccano di mentalità per affrontare questo cambiamento.Verissimo. C’è un problema culturale, perché molti pensano che la trasformazione digitale sia riservata solo alle grandi aziende, se non altro per una questione di costi. Ma oggi la tecnologia è molto più accessibile: un esempio sono le nostre soluzioni in cloud, che rispondono alle necessità delle aziende a costi bassi, addirittura in alcuni casi con free trial e tarati in base all’utilizzo (il famoso pay per use). Il secondo tema fondamentale è quello delle competenze, perché il piccolo imprenditore può dire: “Va bene, ho la tecnologia, ma chi mi aiuta? Come faccio a cambiare la mia supply chain o il mio sistema di fatturazione e portarlo in cloud?”. Anche qui si pensa che l’attività di consulenza costi tanto, ma Ibm offre soluzioni che rispondono nello specifico alle esigenze delle pmi con costi di estremamente accessibili. E per quegli imprenditori che si chiedono ”Da dove iniziare?”, non serve necessariamente un cambiamento radicale e immediato: si può partire da un punto, un singolo processo, e poi scalarlo gradualmente all’interno dell’azienda.

Credits Images:

Luca Altieri, Cmo di Ibm Italia, di fronte agli Ibm Studios di Milano, che quest'anno saranno ricreati in un ambiente digitale per ospitare il Think Digital Summit Italy