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Huawei ricomincia da sé

Il ban degli Stati Uniti? Una sfida per ridefinire il proprio business, trasformando un produttore di smartphone in un’azienda che vanta un ampio ecosistema di prodotti e servizi digitali. Il bilancio di questo cambio di passo e le prossime sfide della società nelle parole di Pier Giorgio Furcas Deputy General Manager della divisione consumer in Italia

Pier Giorgio Furcas Huawei
In Huawei da marzo 2016, Pier Giorgio Furcas ha alle spalle oltre 25 anni di esperienza nel settore dell’elettronica di consumo

Esattamente un anno fa, con il lancio del nova 9, Huawei faceva il suo ritorno sul mercato italiano degli smartphone. Un segnale di rinascita per una multinazionale che ha saputo reggere l’urto delle pesantissime sanzioni del governo degli Stati Uniti, imposte nel 2019 nei confronti di diverse aziende cinesi, e tracciare in tempi record una nuova strategia di business – che ha dovuto giocoforza fare a meno della partnership con Google – incentrata su un ampio ecosistema di prodotti e servizi, che parte dallo smartphone ma è in grado di allargarsi a macchia d’olio fino a raggiungere, in un futuro non così lontano, l’auto elettrica. Forte di un dipartimento R&D che rappresenta oltre il 50% della forza lavoro del gruppo (per un totale di oltre 100 mila impiegati nel mondo) e nel quale ogni anno l’azienda investe il 10% dei ricavi netti, in questi 12 mesi la divisione consumer del gruppo di Shenzhen non si è mai fermata, portando sul mercato degli smartphone top di gamma la serie Huawei P50 e il pieghevole Mate Xs 2. In occasione dell’IFA di Berlino, sono stati poi annunciati i nuovi smartphone nova 10, il MatePad Pro e il MateBook X Pro, oltre all’innovativo Watch D, uno smartwatch di ultima generazione e che viene lanciato in Europa come dispositivo medico certificato. Ed è proprio all’indomani della fiera dell’elettronica di consumo berlinese che abbiamo fatto il punto su questo “cambio di pelle” con Pier Giorgio Furcas, Deputy General Manager di Huawei Consumer Business Group Italia.

L’anno appena trascorso è stato ricco di novità per voi in un momento non facile per l’intero settore. Che bilancio può fare di questi ultimi 12 mesi?
La domanda è più che opportuna perché al momento del lancio del Huawei nova 9 tutta l’industria aveva a che fare con l’approvvigionamento delle componenti, che non era assolutamente semplice da gestire. C’erano settori in forte crescita, come il mercato dei laptop e dei monitor per lo smart working, filoni che abbiamo cavalcato ma, come tutti, non siamo riusciti a soddisfare, vista la mole di richieste che era totalmente inattesa. Ora la domanda sta tornando ai livelli pre-pandemia, ma è un settore che ha ormai preso piede e va alimentato. Nello specifico degli smartphone, siamo molto contenti dei risultati ottenuti quest’anno: il lancio del nova 9 ha rappresentato per noi un nuovo inizio. Certo, non registriamo ancora le accelerazioni di un tempo, ma per una ripartenza all’indomani di quanto accaduto con gli Usa, questi risultati non erano assolutamente scontati. Detto questo, Huawei non ha mai smesso di innovare e presentare nuovi prodotti. L’ha fatto anche quando alcuni dispositivi erano destinati per ovvi motivi solo al mercato cinese. Ora, però, siamo tornati anche sul mercato overseas : è stata una ripartenza graduale, fatta cum grano salis . Abbiamo lavorato moltissimo sul territorio anziché rispetto agli investimenti pubblicitari, perché si potesse riaprire il dialogo con l’utente finale che in questi anni ha riconosciuto la qualità dei nostri prodotti e non ci ha abbandonato. Da questo dialogo siamo ripartiti per lanciare anche nuove categorie di prodotto.

Ripensa mai a cosa sarebbe stata Huawei oggi senza le restrizioni imposte dagli Stati Uniti?
È sempre difficile trarre conclusioni con il senno di poi. In realtà, però, non abbiamo mai avuto il tempo di fermarci per avere nostalgia del passato o riflettere su quale altro percorso avrebbe potuto tracciare Huawei. Abbiamo immediatamente colto la sfida per creare servizi e dispositivi intelligenti. Abbiamo sviluppato Harmony, un sistema operativo unico multi-dispositivo che consente a diversi device di essere interconnessi, e i Huawei Mobile Services (HMS), un ecosistema di servizi e app che conta sul supporto di oltre 5,4 milioni di sviluppatori registrati e permette loro di entrare in contatto con oltre 730 milioni di utenti attivi mensili. Al centro Huawei AppGallery, lo store di app proprietario di Huawei, che è cresciuto fino a diventare il terzo più grande marketplace di app al mondo e ci sta dando davvero tante soddisfazioni. In poco tempo abbiamo “cambiato pelle”, diventando un’azienda produttrice di un ecosistema piuttosto che una sola produttrice di smartphone. Alla luce di questo, penso che siamo riusciti a dare un nuovo corso alla storia di Huawei senza perdere di vista il nostro obiettivo: garantire agli utenti una seamless AI life , un’esperienza d’uso senza soluzione di continuità.

AppGallery-Huawei

AppGallery, la piattaforma proprietaria di Huawei, conta oltre 187 mila app di terze parti e più di 6,3 milioni di utenti attivi in Italia

A che punto siete della vostra evoluzione verso un’ecosystem company ?
La nostra prospettiva è diversificare le categorie di prodotto all’interno di cinque scenari principali: Smart Office, focus di quest’ultimo anno, Smart Home, Entertainment, Smart Travel e Sports and Health. Dobbiamo quindi pensare con una visione di insieme che includa device e servizi. L’integrazione tra software e hardware è alla base dello sviluppo dei device mentre per quanto riguarda HMS, a oggi le app di terze parti già integrate sono più di 187 mila, suddivise in 18 categorie tra cui salute e fitness, intrattenimento, smart home e navigazione, banche e finanza, quest’ultimo uno dei settori che è stato più implementato. Solo negli ultimi 18 mesi, la nostra AppGallery ha registrato un aumento di applicazioni inserite nella piattaforma pari a un +147% rispetto al 2021.

Parlando di numeri, qual è la vostra base utenti nella Penisola?
A oggi in Italia possiamo contare su dieci milioni di smartphone Huawei attivi, quindi non parlo di telefoni acquistati e rimasti nel cassetto, ma di dispositivi utilizzati effettivamente dai consumatori. Di questi, ci sono 6,3 milioni di utenti che ogni mese accedono al nostro store. Grazie a questo database, lo scorso anno abbiamo fatto partire anche il progetto Cloud, che ci permette di utilizzare AppGallery come un canale per campagne di comunicazione mirate. È un progetto che sta andando molto bene: già diverse aziende del settore media, retail e finanziario ci hanno scelto per le loro campagne pubblicitarie.

Huawei Mate Xs 2

Mate Xs 2, il nuovo smartphone flagship pieghevole di Huawei

In questi anni il vostro target è cambiato?
È cambiato nelle abitudini, ma è rimasto sempre molto eterogeneo. A differenza di altri brand, infatti, siamo sempre riusciti a rivolgerci a diverse fasce della popolazione, probabilmente per il grande lavoro che abbiamo fatto con il nostro portfolio prodotti e la capacità di andare a soddisfare le esigenze dell’utente finale. Grazie a questa sensibilità, siamo riusciti a entrare in mercati in cui pochi avrebbero scommesso sul nostro successo. Un esempio sono i laptop: siamo stati i primi a introdurre soluzioni come il lettore di impronte digitali sui computer portatili e a spostare l’attenzione anche sulla qualità delle camere e dell’audio. Tutte caratteristiche che piacevano sui telefoni e che eravamo convinti avrebbero soddisfatto anche i possessori di un Pc.

I prodotti ci sono, l’ecosistema pure: cosa manca a Huawei per tornare quel leader di mercato di qualche anno fa?
Puntiamo a tornare sui numeri di un tempo e lo faremo, ma dobbiamo essere attenti a condurre una crescita sostenibile, soprattutto in questo momento: non c’è azienda che non rischia di essere toccata da questo periodo di incertezza dovuto alla situazione internazionale. Anni fa, Huawei ha raggiunto rapidamente il successo nel mercato smartphone in Italia, ma a livello globale il processo ha richiesto 4-5 anni. Ecco, diciamo che in un arco di tempo simile dovremo poter essere nelle condizioni di mostrare gli stessi numeri a cui sono abituati i nostri consumatori.