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Conosci il metodo star? Puoi aiutarti nei colloqui di lavoro

Essere vaghi e non fornire esempi non aiuta a fare breccia nell’interesse dei selezionatori. Ecco come dimostrarsi sicuri di sé ed esporre in modo efficace i propri punti di forza

Dopo decine di candidature inviate, finalmente si viene ricontattati per un colloquio. Fare una buona impressione è d’obbligo, ma se si è decisi a ottenere il posto, destreggiarsi tra le mille domande dei recruiter non è semplice. Gli esperti di Hays Response, divisione della società di selezione del personale dedicata ai profili più junior, consigliano di affidarsi al cosiddetto metodo Star (acronimo di Situation, Task, Action, Result). Si tratta di un modello strutturato per rispondere ai diversi quesiti che possono emergere in un colloquio di tipo comportamentale, efficace per formulare argomentazioni precise e dettagliate che possano soddisfare i selezionatori. “Soprattutto durante un colloquio di tipo comportamentale, è fondamentale essere in grado di elaborare risposte concrete per dimostrare ai recruiter quali sono effettivamente le proprie skill”, spiega Fabio Scarcella, Director Hays Response. “Essere vaghi, non fornire esempi e non descrivere in modo esaustivo le esperienze pregresse, sicuramente non aiuta a fare breccia nell’interesse dei selezionatori, specialmente in contesti strutturati come aziende multinazionali. Affidarsi invece a tecniche consolidate come il metodo Star, può essere molto utile per dimostrarsi sicuri di sé ed esporre in modo efficace i propri punti di forza, minimizzando invece le eventuali debolezze”.

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I consigli per applicare i principi del modello Star:

  • Situation
    “Descriva una situazione in cui ha dovuto affrontare un problema e come lo ha risolto”. In un colloquio di tipo comportamentale, le domande più frequenti puntano a valutare le cosiddette soft skill del candidato, indagando le sue precedenti esperienze o immaginando avvenimenti ipotetici che potrebbero metterlo in difficoltà. Per rispondere in modo efficace, il primo passo è sicuramente quello di descrivere in modo dettagliato la circostanza e le mansioni che si sono svolte in quell’occasione. Meglio fornire tutti i particolari necessari al recruiter per comprendere effettivamente la complessità della situazione e, se possibile, descrivere esperienze recenti.
  • Task
    Il secondo step è descrivere il proprio ruolo all’interno della situazione. Qual era il proprio compito? Cosa si era stati incaricati di fare e da chi? Quale risultato ci si aspettava di ottenere? Questi dettagli sono indispensabili per far comprendere al selezionatore la propria funzione nella circostanza descritta.
  • Action
    Questo passaggio è in assoluto il più importante. Quali azioni si sono intraprese per raggiungere gli obiettivi? È fondamentale spiegare esaustivamente come si è agito, descrivendo ogni step e mettendo l’accento sul lavoro svolto in prima persona. Saper lavorare in team è importante, ma in questo caso è necessario focalizzarsi sul proprio operato, tralasciando invece le azioni svolte dai colleghi. Dimostrare di aver giocato un ruolo ben preciso nel progetto serve a dar prova di professionalità e responsabilità.
  • Result
    Da ultimo, ma non meno importante, il risultato. Un aspetto molto interessante per i recruiter è l’obiettivo raggiunto che va descritto dettagliatamente, prendendosi il merito delle proprie azioni. Se il risultato è quantificabile numericamente, via libera a dati e cifre che dimostrino l’output concreto del proprio lavoro. Importantissima anche la cosiddetta lesson learnt. Cosa si è imparato? Cosa si poteva fare meglio? Cosa si ritiene di aver fatto bene? Essere capaci di analizzare il proprio operato è fondamentale per trarne insegnamenti utili per il futuro, facendo così tesoro delle proprie esperienze.

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Image by Sue Styles from Pixabay