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Food and wine: il settore italiano più resiliente alla crisi da Covid-19

Il comparto vale il 17% del pil tricolore, ma non mancano criticità

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Il settore del “cibo e del vino”, che da solo vale il 17% del Prodotto interno lordo italiano, si è dimostrato il più resiliente alla crisi Covid-19 tra tutti i settori della manifattura tricolore, con una riduzione del valore aggiunto pari a 1,8% nel 2020, rispetto al -8,9% del totale dell’economia della Penisola. Il dato emerge da una ricerca svolta da I-aer, Institute of Applied Economic Research su un campione di 541 pmi operanti nel settore Food & Wine in cui operano più di un milione di imprese iscritte alle Camere di Commercio, che danno impiego a oltre due milioni di addetti, generando un giro d’affari di 478 miliardi di euro all’anno.

Guardando alla ricerca, si scorpono diversi primati tricolori che riescono a spiegare l’enorme successo del suo comparto Food & Wine. Infatti, nel Bel Paese, sono presenti oltre 57.500 specie animali e ben 12 mila specie vegetali, tanto da rendere l’Italia il più ricco habitat naturalistico d’Europa, nonché il primo produttore al mondo di prodotti tipici di qualità e di nicchia. Potenzialità che, ad esempio, un’area rinomata in tutto il mondo, ben rappresenta: il Chianti. Questo piccolo territorio – da solo – conta ben 4.671 prodotti tipici ed oltre 521 vini certificati.
L’Italia, però, vanta anche il primato di essere il primo Paese al mondo per numero di Dop, Igp, Stg con 825 prodotti Food & Wine censiti su 3.020 in totale nel mondo ed è il primo Paese al mondo per produzione di vino e il primo per varietà di vite da vino di cui ne sono attualmente registrate 545.

Il comparto ha anche dei punti deboli

Oltre a record e dati positivi, non mancano però anche dei punti deboli. “Un primo elemento spesso ignorato”, spiega Veronica Laurenza, a capo del team di ricercatori di I-aer, “è l’alta dipendenza da pochi prodotti-chiave“. Ciò è confermato dai dati sull’export che, se analizzati attentamente, mostrano un fatto allarmante: nel Food & Wine circa il 50% di ciò che l’Italia esporta è rappresentato, in volume, da soli 12 prodotti. Se si pensa alla vastità della gamma d’offerta citata, si intuisce agevolmente una certa “pigrizia commerciale” da parte delle imprese italiane che, si ricorda, sono di piccole e medie dimensioni in oltre 98 casi su 100.

“Un’ulteriore dipendenza”, prosegue Laurenza, “viene riscontrata anche in termini di mercati di sbocco: oltre il 67% dei prodotti Food & Wine italiani viene acquistato dai nostri “vicini di casa” Francia, Germania e Svizzera su tutti. Anche in questo caso il fenomeno descritto è presto spiegato da una ormai storica bassa propensione all’esplorazione di nuovi mercati e a uno scarso livello di digitalizzazione delle pratiche di sviluppo commerciale (es. e-commerce). Una domanda sorge quindi spontanea: dipendenza da pochi prodotti (e mercati) sono sufficienti a spiegare le difficoltà strutturali di un comparto così strategico? Assolutamente no”.

Su un campione di 541 pmi operanti nel settore Food and Wine preso in esame dall’istituto di ricerca I-aer, sono soprattutto tre le principali cause del basso livello di competitività riscontrabile nel periodo 2018-2022. In particolare: la mancanza di una strategia aziendale ben strutturata e condivisa; un’organizzazione aziendale spesso lacunosa e quindi fonte di problemi che minano la crescita delle imprese; un controllo economico-finanziario non sufficiente a garantire redditività e prosperità. Ciò accade in oltre il 78% dei casi analizzati.
Ed è proprio sul tema economico-finanziario che si ravvisa la principale criticità del comparto Food & Wine: oltre sei imprese su dieci non sono dotate di competenze gestionali utili a stimare la reale marginalità sui prodotti e servizi offerti. Come se non bastasse, questa scarsa attenzione ai conti aziendali è spesso foriera di una mancanza di liquidità, purtroppo strutturale nel campione analizzato, a cui si accompagna una importante dipendenza dal debito (bancario). Questo non è solo un problema tecnico. Secondo gli studi effettuati dal team di ricerca di I-aer, “la criticità è soprattutto di natura culturale. Solo creando una base di conoscenza (gestionale) all’interno del comparto Food & Wine sarà possibile risanare in modo strutturale un comparto che rappresenta il biglietto da visita del nostro Paese ed è, a ragion veduta, considerato come un volano di sviluppo strategico per settori ad esso adiacenti come il turismo, la moda, l’arte e lo sviluppo dei territori”.