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Sostenibilità

La sostenibile leggerezza del packaging

Oggi le confezioni si fanno sempre più riciclabili e rispettose dell’ambiente. Una scelta intelligente per il futuro del pianeta, che fa bene anche agli affari

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La bottiglietta di plastica, bersaglio simbolo della conte­stazione ambientalista, si prende la rivincita: grazie a de­sign sostenibile e materiali riciclabili al 100% è tra gli oggetti meno inquinanti e più vicini al concetto di economia circo­lare. Il discorso vale per il packaging in generale: bisogna saperlo fare bene e non sarà più un danno per l’ambien­te. Ma come si fa? Tre regole: progettare una confezione pensando a come verrà smaltita, usare materiali riciclabili e, infine, potenziare la raccolta e il riuso. Un circolo virtuo­so che ha permesso all’Italia, l’anno scorso, di recuperare l’80,6% dei rifiuti di imballaggio, pari a 10,7 milioni di ton­nellate dei 13,3 milioni totali immessi al consumo, e avviar­ne a riciclo il 70%. Meglio di noi, in Europa, fa solo la Ger­mania, ma di poco.

Certo è che realizzare un involucro ecosostenibile ha dei costi, e non solo in ricerca e sviluppo: la plastica riciclata, per esempio, viene il 25% di più di quella nuova. Ma sareb­be poco lungimirante fermarsi qui: anche a prescindere dal­le ricadute positive per l’ambiente, che da sole basterebbe­ro a giustificare l’investimento, bisogna considerare la leva del marketing. «Oggi i consumatori sono molto attenti a questo aspetto», ci racconta Giorgio Quagliuolo, presiden­te del Consorzio nazionale imballaggi (Conai), cui aderisco­no circa un milione di imprese produttrici e utilizzatrici, «e le nostre indagini confermano che la sostenibilità ambien­tale dei prodotti è considerata un valore aggiunto per l’ac­quisto». È la quadratura del cerchio: una confezione che ri­spetta l’ambiente fa bene al business, perché sempre più spesso i consumatori premiano i prodotti green. Che non significa, attenzione, usare confezioni in carta o vetro – se gettato nell’ambiente questo resiste migliaia d’anni, più di altri materiali – ma pensare l’imballaggio fin dall’inizio per essere rimesso in circolo.

È l’aspetto più nobile del moderno design. «La progettazio­ne dell’imballaggio è fondamentale», continua Quagliuolo, «perché in questa fase si determina più dell’80% della pos­sibilità di riciclarlo una volta che ha esaurito la sua funzio­ne, e questo a prescindere dai materiali, sui quali non esisto­no grandi innovazioni, con l’eccezione della plastica, nata in laboratorio e quindi soggetta a continui miglioramenti anche in direzione bio». L’eco-packaging, quindi, diventa una delle nuove frontiere del marketing, perché è un vantaggio com­petitivo per le aziende. Un investimento notevole, certo, ma con il suo buon ritorno. Gli snack di Noberasco, per citare uno fra i casi più recenti, sono da poco sul mercato con nuove confezioni a base di carta, mentre la plastica ancora necessa­ria è riciclabile al 100%. Un cambiamento costoso: le macchi­ne per il confezionamento, infatti, risultano meno efficienti quando si usa la carta. Ma per Mattia Noberasco, quarta ge­nerazione della famiglia che dal 1908 lavora la frutta, non im­porta: la sostenibilità degli imballaggi resta la nuova frontiera.

L’impresa sposa la buona causa, per l’ambiente o per il fat­turato, e in prima linea ci sono molte grandi corporation, da Nestlé e il suo Institute of Packaging Sciences in Svizzera a Coca-Cola che in Italia recupera e ricicla il 45% del packaging primario immesso nel mercato. Ma c’è anche Carte d’Or con le nuove vaschette compostabili, Conad che riduce la pla­stica nei prodotti a marchio, i vuoti a rendere di Ichnusa, il packaging green di Melinda, gli erogatori di acqua nei super­mercati NaturaSì, il latte in bottiglia di plastica riciclata di Par­malat, le confezioni eco di Dash e Lenor, le scatole da scarpe green di Zalando e via dicendo.

«La sostenibilità è un tema quanto mai attuale nelle nostre aziende, sentito a tutti i livelli», conferma Anna Paola Cavan­na, presidente dell’Istituto Italiano Imballaggio, «per questo abbiamo dato vita a una commissione sostenibilità con l’o­biettivo di lavorare sui temi dell’eco design e dell’economia circolare». Una mossa dovuta per un settore che vale oltre 32 miliardi di fatturato l’anno, produce 16 milioni di imballaggi e dal 2014 ad oggi non ha mai smesso di crescere.

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