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Attualità

Tassa su merendine e bibite gassate? In alcuni Paesi esiste già (e funziona)

La proposta del ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, potrebbe fare bene sia alla salute sia all’economia. Ecco perché

La proposta del ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti (M5s), di tassare merendine e bibite gassate, non è piovuta dal cielo all’improvviso. C’è tutto un razionale dietro, anche se molti non lo sanno. Innanzitutto, questa stessa idea è stata raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come uno dei possibili strumenti per ridurre il consumo di zuccheri e tutelare dunque i cittadini: un uso eccessivo di queste sostanze, infatti, si associa a un rischio più elevato di malattie come l’obesità, il diabete, il cancro e le malattie cardiache. “Come tassare il tabacco aiuta a ridurre il consumo di tabacco, tassare le bevande zuccherate aiuta a ridurre il consumo di zuccheri” si legge in un rapporto dell’Oms. Inoltre, questa misura è già stata adottata in diversi Paesi, circa 40 secondo uno studio del World cancer research fund (Wcrf) del 2018, fra cui Norvegia, Finlandia, Ungheria, Francia, Belgio, Portogallo, Catalogna, Regno Unito, Irlanda, Messico, alcune amministrazioni locali degli Usa. Con effetti davvero sorprendenti. In Messico, per esempio, nei due anni successivi all’introduzione di una tassa del 10%, i consumi di zucchero sono diminuiti dell’8,2%. In Catalogna, si è assistito a una riduzione del 22% nell’uso di bevande zuccherate, che sono state sostituite nel mercato da bevande senza zuccheri o “light”. A Berkley, città degli Stati Uniti, si è registrato un calo del 50% fra le famiglie con bassi redditi.

C’è, però, chi teme che una tassazione su merendine e bibite gassate possa comportare tantissimi licenziamenti. Ebbene, secondo uno studio pubblicato dall’American Public Health Association nel 2014, non è così: la perdita di posti di lavoro nel settore delle bevande gassate sarebbe più che compensata dall’aumento negli altri settori, anzi nel complesso si registrerebbe un leggero aumento degli occupati. Fra l’altro, questa misura ridurrebbe la spesa pubblica. Stando a un altro studio accademico, questa volta del 2012, a fronte di un’accisa di un centesimo di dollaro per oncia di zucchero (28,35 grammi) la spesa sanitaria si ridurrebbe di 17 miliardi di dollari in 10 anni.