Connettiti con noi

People

La sostenibilità di WPP: fare prima di parlare

È il prezioso consiglio che il maggiore Gruppo di comunicazione al mondo dà ai propri clienti in tema di sostenibilità. Ma è un imperativo che impone per primo a se stesso. Ecco come lo mette in pratica all’interno del nuovo Campus inaugurato a Milano, nelle parole della Country Manager Simona Maggini

Da maggio 2020 è la Italy Country Manager WPP pur continuando a mantenere la carica di Chief Executive Officer di VMLY&R Italy. Ma il percorso manageriale di Simona Maggini racconta molto di più, per esempio descrive un’innovatrice nei processi interni e una sostenitrice dell’empowerment femminile, all’interno di un Gruppo che nel nostro Paese gestisce circa il 35% degli investimenti pubblicitari, grazie a oltre 2.400 dipendenti in 35 agenzie, di cui il 62% sono donne, mentre il 38% è under 35. In più stiamo parlando di una società che lo scorso settembre ha inaugurato un’efficientissima – a livello energetico – nuova sede, il Campus WPP, lungo il Naviglio Grande di Milano, con l’intento dichiarato di raggiungere gli obiettivi che la creative transformation company si è prefissa a livello internazionale: zero emissioni di CO2 entro il 2025 per le agenzie interne ed entro il 2030 per l’intera catena di fornitura.

Che impatto e rilevanza ha e avrà la promozione del concetto di sostenibilità nella pubblicità? La valutazione è complessa. Dipende se la sostenibilità è un valore aggiunto o se fa parte dei valori fondanti di un’impresa. Ovvero, una cosa è se si tratta di un positivo strumento di marketing, un’altra è essere sostenibili by definition come business. Altro elemento è considerare l’obiettivo che si intende perseguire: a seconda che sia ambientale, sociale o economico, i parametri di valutazione mutano, anche perché non tutte le aziende possono coprire tuttie e tre gli ambiti. La verità è che la sostenibilità, così come la digital transformation, l’inclusion, il metaverso o l’ecommerce, sono delle belle buzz che tutti usano per non sentirsi fuori gioco. Tuttavia, la comprensione reale dei meccanismi che stanno dietro questi grandissimi temi non è di tutti. E non è neanche mia, lo dico da pura osservatrice… Si tratta, infatti, di argomenti la cui articolazione è talmente in evoluzione che, come Gruppo, ci siamo posti l’imperativo di dare ai nostri clienti una semplice raccomandazione di buon senso: walk the talk, fare prima di parlare. Le promesse non mantenute sono dei pericolosissimi boomerang, soprattutto se le si adotta come leve del marketing in goffe operazioni di greenwashing più che di reale impegno. La sostenibilità è un tema troppo serio e complesso per essere semplificato in slogan e formule improvvisati, non a caso le aziende che si occupano di sostenibilità o fanno della sostenibilità un tema etico sono ancora poche. Tuttavia, posso dire che tra le aziende nostre clienti rileviamo una buona consapevolezza sul tema, anche se è ancora un percorso agli inizi: al momento nessuno ha la soluzione giusta per ogni situazione.

Quindi, c’è il rischio che possa diventare una moda? In parte, lo è già.

Allora la sfida è riempire questa moda di contenuti? Esatto. La sostenibilità ormai viene inclusa in ogni tipo di conversazione nel tentativo di farla risultare trendy, ma occuparsene seriamente con eticità e impegno è molto diverso dal voler apparire up to date. D’altro canto, è impossibile evitare di parlarne, perché non farlo significa sottrarsi a un’aspettativa. Per cui anche noi ci teniamo a sottolineare la sostenibilità del Campus WPP, perché se lo tacessimo non emergerebbe un impegno reale.

Anche perché, così facendo, c’è la possibilità che si inneschi un positivo processo di emulazione. Sbaglio o il Campus WPP può essere considerato il vostro manifesto in tema di sostenibilità? Lo è di fatto, perché ha i numeri e le caratteristiche per esserlo. Intanto, ha ricevuto la certificazione Breeam, che a livello internazionale viene riconosciuta ai building con elevati strandard di sostenibilità ambientale e sociale. E questo perché il Campus WPP è dotato al 100% di illuminazione led e di un approvvigionamento elettrico da fonti rinnovabili. Inoltre, sono stati stimati 12mila MegaWatt di energia risparmiati grazie all’utilizzo dei led e 6900 tonnellate di CO2 evitate dal mancato approvvigionamento energetico da fonti fossili, a cui si aggiungono il 36,6% di rifiuti in meno prodotti e il 52% di rifiuti riciclati. Infatti, l’edificio è completamente plastic-free e paper-less.

Questa vostra marcata scelta sostenibile ha comportato costi e tempi aggiuntivi? Ogni trasformazione comporta dei nuovi investimenti che in passato non erano previsti. Anche per la trasformazione digitale è stato – ed è – lo stesso. Per la sostenibilità i costi sono probabilmente più diversificati, ma bisogna metterli in conto. Nel nostro caso credo non abbiano inciso molto sull’intero budget, molto di più ci è costato adeguarci a tutta una serie di norme in materia di sicurezza e di agibilità. Tutto questo è il riflesso dell’impegno assunto a livello globale da WPP che, da tempo, considera suo dovere appoggiare commitment come la sostenibilità, l’inclusion, la racial equity. Li consideriamo valori imprescindibili, perché il circolo virtuoso va innescato e sostenuto e chi può farlo se non le aziende leader? Il Campus WPP di Milano è la prova tangibile del percorso intrapreso dal Gruppo, non solo per i nostri clienti ma anche e soprattutto per noi stessi, ed è solo uno dei tanti Campus che WPP sta costruendo in tutto il mondo. Il nostro impegno nel raggiungere le emissioni zero entro il 2025, è certamente un obiettivo più facile per un’azienda di servizi rispetto a quelle che producono beni materiali, ma è anche e soprattutto una chiara presa di posizione. E non ci fermeremo qui: ovviamente, includeremo altri step, come ottenere la certificazione di Benefit Corporation.

Oggi la comunicazione pubblicitaria spinge molto sui temi della sostenibilità, pensa si stia andando nella giusta direzione? Stiamo tutti studiando. Noi forse più di altri perché, come è stato ribadito dal nostro Ceo Mark Read, la comunicazione muove i comportamenti e di questo si è sempre poco consapevoli. Per molti anni si è affrontata la comunicazione solo sul fronte commerciale, puntando su elementi qualificativi spesso estranei alle caratteristiche intrinseche del prodotto, dando vita a volte a veri e propri stereotipi. Oggi siamo più consapevoli del fatto che la comunicazione debba essere maneggiata con estrema cura, perché ha delle ricadute concrete sui comportamenti delle persone. Ecco perché c’è indubbiamente maggiore sensibilità verso le tematiche come la sostenibilità, l’inclusione e i canoni di bellezza femminile, etc. Ma attenzione, però, a non cadere nell’estremo opposto. Perché va anche valorizzata e compresa la componente ludica della comunicazione. Non credo, quindi, che in questo momento sia possibile tracciare un’analisi credibile della comunicazione sulla sostenibilità. Siamo ancora alle battute iniziali, c’è di tutto e il suo contrario. Si sta ancora ricercando e lavorando sul giusto registro e probabilmente non ce ne sarà solo uno. E meno male, l’importante è continuare a provarci, anche sbagliando.

Come viene declinata la sostenibilità sociale all’interno di WPP? Ci muoviamo su più fronti. Prima ancora che diventassi Country Manager del gruppo, nel 2017 insieme ad altre colleghe manager, ci siamo dette che era il momento di favorire l’empowerment femminile, allargandolo via via a un concetto di inclusion. Così abbiamo dato vita a Winspire, un programma interno che si articola in tutta una serie di iniziative: dal training, al mentoring, al coaching, all’inspiration e a tutto quanto di pragmatico possa aiutare e sostenere le donne nell’affermazione professionale. Ci siamo dette che dovevamo occuparci delle battaglie che potevamo vincere. Sappiamo della debolezza del sistema pubblico nell’offrire sostegni economici e servizi adeguati alle madri lavoratrici, ma su questo possiamo fare poco. Possiamo invece intervenire nel fare crescere nelle donne la consapevolezza delle loro capacità, provando a liberarle dei cosiddetti pregiudizi inconsci che vengono loro trasmessi – magari inconsapevolmente – dall’educazione familiare, dalla scuola e dalla società in cui vivono. È un’attività di supporto e motivazionale a costo zero, che portiamo avanti in collaborazione con aziende partner del calibro di Meta e Google, e da quest’anno anche con Amazon. Inoltre, proprio nel 2021 in Italia si è tenuto anche il primo Diversity, Equity & Inclusion Board di WPP, del quale a inizio 2022 presenteremo l’output: un position paper con l’impegno del Gruppo sul fronte della diversity, equality e inclusion. Da comunicatori, il tema centrale di cui ci siamo occupati è stato il linguaggio. Abbiamo esplorato quanto sia fondamentale l’uso di certe parole o frasi nell’esclusione o e nell’inclusione delle persone. Per il board del 2022 stiamo pensando di puntare su sostenibilità, disabilità e racial equity. Questo perché credo che lavorare per una società che mette le persone al primo posto, consenta – più in generale – a chi lavora in, con e per il Gruppo di poter vedere valorizzate le proprie creatività e capacità, sapendo che in WPP sono considerate in assoluto il capitale più prezioso. Non a caso, proprio negli ultimi mesi, abbiamo assunto una Chief People Officer, ovvero una manager che ci aiuta a contaminare quanto più possibile i percorsi di crescita al nostro interno – in armonia con i team HR delle agenzie – fino a farsi portatrice di un certo tipo di approccio e di valori positivi che ci contraddistinguono.