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Editoriale

Ricominciamo (per l’ennesima volta)

architecture-alternativo Credits: © iStockPhoto

Avete presente Penelope e la trama che tesseva di giorno e disfaceva di notte? Ebbene, è così che ci si sente a più di un mese dal siluramento del governo Draghi e ad altrettanta distanza temporale dalle elezioni. Perché ogni imprenditore e cittadino che si rispetti e abbia a cuore il destino di se stesso e della nazione, non può che avere un unico atteggiamento: disporsi a un nuovo inizio (all’ennesimo, oserei dire) e non lasciarsi prendere dallo sconforto e dall’amarezza, continuando a lavorare sodo e al meglio. Consapevoli ormai, come sappiamo bene tutti, che non arriverà alcun salvatore della patria a toglierci dai guai.

Non esistono alternative per chi contribuisce a comporre la classe dirigente di questo nostro bellissimo e altrettanto complicato Paese, solo un percorso obbligato: incrementare le responsabilità di fronte alle urgenze finanziarie che assillano le imprese, e agli squilibri (a tratti profondi) che scuotono le famiglie. Perché una cosa è certa nel continuo fare e disfare che contraddistingue l’animo italico, che – in qualunque modo la si pensi e in qualsiasi idea o schieramento ci si riconosca – chi si ferma, chi non dà il proprio contributo, è perduto; e (insieme a lui) a farne le spese è il tessuto economico, produttivo e sociale che gli sta intorno. Ovvero noi tutti.

Tornando quindi allo scenario politico che drammaticamente incide sul tema lavoro e impresa, e sul tanto – troppo – che c’è ancora da fare, la lista dei nodi cruciali da sciogliere è lunga, con alcune priorità irrinunciabili: intervenire sul cuneo fiscale a sostegno di dipendenti e imprese; valutare seriamente la creazione di uno stipendio minimo; tagliare le spese inutili (una voce sempre di moda che nessun governo, però, ha mai seriamente preso in considerazione…); creare una maggior flessibilità in entrata e in uscita dal lavoro; costruire un welfare innovativo che serva anche a ri-formare le persone disoccupate dotandole di nuove competenze. Se poi a tutto questo si riuscissero a sommare degli adeguati incentivi per la creazione di nuove società che possano aiutare a rendere l’economia italiana più competitiva sui mercati internazionali, allora – con poche scelte, ma precise – il Paese si metterebbe realmente sulla scia per uscire dall’impasse in cui è stato cacciato.