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Lavoro

Lavoro: anche il capo deve essere gentile

Viene ritenuta un punto di forza decisivo, ma i veri capi sembrano essere piuttosto diversi

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Il 13 novembre si celebra la Giornata mondiale della gentilezza. Per l’occasione la piattaforma per la ricerca di lavoro online InfoJobs ha cercato di capire cosa sia la gentilezza al lavoro e se e come sia cambiata ai tempi del Covid-19. Dai quasi 2.000 intervistati emerge chiara una consapevolezza: nel mondo del lavoro c’è sempre spazio per la gentilezza (64,3%, +2% YoY), anche se permane un 25,4% che crede dipenda da contesto, ruolo e settore lavorativo e un 10,2% che invece considera l’ambiente di lavoro troppo competitivo e quindi non adatto ad atteggiamenti gentili.Ma che cos’è per gli italiani la gentilezza al lavoro? Il 65% degli intervistati la considera un punto di forza, per il 20% circa è addirittura un elemento imprescindibile. Troviamo in netta minoranza chi ne evidenzia gli aspetti negativi identificando la gentilezza come illusione (6,2%), debolezza (1,5%) o una tattica per trarne vantaggi (7,4%).

La leadership gentile piace, ma…

Ma come si traduce la gentilezza nei diversi livelli organizzativi? L’espressione leadership gentile è ben integrata nel vocabolario degli italiani, tanto che InfoJobs ha potuto stilare una classifica con le caratteristiche principali che dovrebbe avere un capo gentile:

  1. Ha spirito di squadra: non esiste “io” ma solo “noi”, per successi e fallimenti (38%)

  2. Guida il team al raggiungimento degli obiettivi, senza imporre idee e metodi (24%)

  3. Premia i risultati, indaga gli insuccessi senza colpevolizzare (23%)

  4. Sa ascoltare e gratificare (15%)

Purtroppo però, se gli intervistati sembrano apprezzare un leader gentile, il loro capo reale sembra essere piuttosto diverso. Il 41% dichiara di avere un leader gentile, per il quale fare squadra e gentilezza sono elementi chiave per ottenere risultati, mentre per il 41,5% il proprio capo non considera la gentilezza un elemento importante e addirittura il 17,5% ha un superiore che premia un clima rigoroso, credendolo più funzionale.

E tra colleghi? Dall’indagine svolta emerge una gentilezza insita nel lavoro: nella sua quotidianità, nella gestione dei compiti, nella condivisione e nell’aiuto alla produttività. Il supporto nelle difficoltà o nella distribuzione dei carichi di lavoro (61%) è infatti la principale manifestazione di gentilezza tra colleghi, seguita dalla condivisione di successi e fallimenti (20%). Seguono a grande distanza l’ascolto, l’essere presenti e disponibili verso i colleghi per evitare che i problemi personali interferiscano nel lavoro (9%) o ancora piccole attenzioni quotidiane come offrire un caffè (10%).Gentilezza e spirito di squadra sembrano essere sinonimi: tra colleghi, ma anche rispetto al capo, lo spirito di team vince e l’attenzione all’altro ha riflessi positivi sulla produttività, oltre che sulla serenità e sulla motivazione delle persone.

Cosa è cambiato con il Covid-19

Nonostante le difficoltà degli ultimi difficili mesi e la lontananza forzata, la gentilezza non ha perso la sua importanza rimanendo un valore chiave. La grande maggioranza dei rispondenti conferma di avere fatto negli ultimi sei mesi gesti gentili nella quotidianità, in primis verso i colleghi (63,5%) ma anche nei confronti del capo (7,4%). Alcuni però hanno subìto maggiormente la pressione del contesto storico nel quale ci troviamo, dichiarando di non avere compiuto gesti gentili, per la perdita di empatia (26%) perlopiù dovuta alla riduzione delle occasioni di socialità e di incontro.E in tempi di smart working assistiamo ad una trasformazione del metodo di lavoro, ma ascoltare un collega e supportarlo per la consegna di un lavoro rimangono azioni quotidiane anche a distanza per la maggior parte degli italiani (50%), a conferma che per essere una squadra non bisogna necessariamente lavorare gomito a gomito, e anche i momenti conviviali possono essere rivissuti online (16,5%). Non per tutti però: il 16,3% avverte la mancanza della confidenza e immediatezza data dal contatto fisico, mentre il 17,1% dichiara di sentirsi più lontano anche mentalmente e imbarazzato dietro lo schermo.Chi poi ha la fortuna di avere un leader gentile, ha visto crescere a distanza la fiducia, sentendosi autonomo ma sempre parte di un gruppo (35%) e aumentare occasioni di confronto e allineamento più o meno formali per mantenere vivi senso di appartenenza e performance (25,5%).Adeguarsi alle nuove disposizioni, causa emergenza sanitaria, ha certamente modificato le vite di tutti, soprattutto di chi in questi mesi si è sempre recato al lavoro: per la maggior parte degli intervistati la gentilezza rimane importante nel posto di lavoro, perché permette di trovare serenità e empatia in questo momento difficile (27,1%) e perché tutti abbiamo la necessità di intravedere un sorriso dietro le mascherine (33%). Ma c’è chi sostiene la situazione sia cambiata: il 21,7% percepisce una diminuzione della gentilezza nella propria azienda ed il 18,3% addirittura la mancanza totale, spiegata in entrambi i casi con la diffidenza e la paura del contagio.

Le aziende e la gentilezza

Secondo i lavoratori, come si pone l’azienda nei confronti della gentilezza? Il 24% degli intervistati afferma di lavorare in un ambiente nel quale la gentilezza è promossa attivamente con attività di team building o iniziative volte alla socialità tra colleghi, per il 26,1% invece viene incentivata ma solo a parole, per il 32,6% la propria azienda non la considera importante e infine per il 17,3% viene demandata al singolo.Per quanto riguarda le aspettative future rispetto alla propria azienda, il 36,1% sostiene che la gentilezza sarà una consapevolezza sempre più acquisita: quanto più il lavoratore si sentirà apprezzato tanto più alta sarà la sua dedizione al lavoro e di conseguenza la sua produttività. Più pessimista la maggioranza del campione: il 18,2% pensa che, se si troverà spazio, per la gentilezza, sarà puramente per una questione di apparenza e reputazione, mentre per il 45,7% la propria azienda continuerà a sostenere un clima rigoroso e competitivo perché visto come più utile alla produttività.

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Foto di balik da Pixabay