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Pmi italiane poco digitali: un potenziale inespresso da 10 miliardi di euro

Lo studio di The European House – Ambrosetti realizzato per Meta: la crescita della digitalizzazione delle piccole e medie imprese potrebbe portare oltre 200 mila nuovi posti di lavoro

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L’Italia deve aumentare il proprio livello di digitalizzazione e questo processo può avvenire solo attraverso la crescita digitale delle piccole e medie imprese, che rappresentano la spina dorsale del tessuto produttivo del nostro Paese. Questo è quanto emerge dallo studio Il contributo dei social network e dei canali digital per la crescita e la digitalizzazione delle Pmi italiane, realizzato per Meta da The European House – Ambrosetti e presentato oggi a Roma nel corso di un evento a Binario F. Secondo lo studio, una crescita del 77% nella quota di pmi che utilizzano i social network potrebbe produrre fino a 10,2 miliardi di euro aggiuntivi di contributo al Pil e incrementare in maniera significativa l’occupazione del nostro Paese, con oltre 208 mila nuovi lavoratori nelle PMI.

Pmi poco digitali: il quadro italiano

L’Italia, infatti, sconta un forte ritardo sul digitale rispetto ai Paesi UE, attestandosi al 20° posto dell’Indice Desi stilato dalla Commissione Europea per misurare il livello di digitalizzazione dei 27 Stati membri. La nostra Penisola, nello specifico, è ultima in Europa per numero di laureati in ambito ICT (circa 4 mila all’anno, pari all’1,3% del totale). Un gap che potrebbe essere colmato se le oltre 375 mila pmi italiane, che costituiscono un volano di crescita per il nostro Paese, accelerassero il loro processo di digitalizzazione. Le piccole e medie imprese, infatti, da sole generano 2.834 miliardi di euro di fatturato, pari al 42% di quello totale registrato dalle imprese italiane, contribuiscono al 41% del PIL del nostro Paese, a oltre un terzo (35%) degli investimenti e a quasi la metà (48%) dell’export totale.

Digital Index Pmi: quanto sono digitali oggi le pmi italiane?

Sebbene la pandemia di Covid-19 abbia contribuito a migliorare l’utilizzo di soluzioni collaborative digitali (+14,5%) e la comunicazione con la clientela (+12,7%), il livello di digitalizzazione delle piccole e medie imprese italiane è ancora basso e purtroppo in linea con quelli dell’intero Paese secondo l’Indice Desi.

Secondo, infatti, il Digital Index Pmi, elaborato per l’occasione da The European House – Ambrosetti indagando alcune aree come l’accesso alla rete, la digitalizzazione del business, l’interazione digitale con i clienti e le competenze Ict, le pmi italiane sono solo al 18° posto in Europa per livello di digitalizzazione. Uno degli ambiti principali in cui si riscontra un ritardo è indubbiamente quello delle competenze digitali, che vede le pmi italiane piazzarsi al 21° posto in UE, con i livelli più bassi (12%) di specialisti ICT nei propri organici rispetto alla media europea (18%) e all’Irlanda, a cui va la corona di best performer (29%). Un divario reso ancora più evidente dal fatto che solo il 15% delle pmi tricolori è in grado di fornire formazione digitale ai propri dipendenti (rispetto al 18% della media europea).

Anche in termini di dimensione dell’interazione digitale con i clienti – rilevata attraverso la presenza di un sito web, dell’e-commerce e dell’utilizzo dei social network – le nostre pmi si mantengono al 18° posto in Europa, con tre punti percentuali al di sotto della media europea. Il nostro Paese si attesta nelle ultime posizioni della classifica (23° posto) anche per dimensione delle infrastrutture di rete.

Gli ambiti in cui le pmi italiane ottengono, invece, risultati migliori rispetto alla media europea, sono la digitalizzazione del business – espressa soprattutto dalla fatturazione elettronica – e l’adozione di tecnologie digitali legate all’utilizzo del cloud, che vedono il nostro Paese al 7° posto nel ranking UE. Sempre secondo il Digital Index Pmi, le piccole e medie imprese italiane sono all’8° posto per accelerazione della digitalizzazione registrata negli ultimi cinque anni.

Pmi più digitali: un volano per la produttività del lavoro (e il Pil)

L’Italia ha attualmente un punteggio di 51 (su una scala da 0=min a 100=max) nel Digital Index pmi. Se raggiungesse il punteggio di 80, attestandosi ai livelli dei 3 Paesi Best performer (Danimarca, Finlandia e Svezia), potrebbe aumentare la produttività del lavoro nelle pmi fino al 9,2%, generando fino a 24,8 miliardi di euro aggiuntivi di contributo al Pil, che corrispondono al 7,9% del Prodotto interno lordo attualmente generato dalle pmi italiane.

I social come leva di crescita e sviluppo delle pmi

Un focus dello studio, condotto su 30 pmi che hanno utilizzato in maniera efficace i social network per raggiungere nuovi clienti, ha dimostrato concretamente che la digitalizzazione rende più produttive le piccole e medie imprese e favorisce l’aumento dell’occupazione. In particolare, l’analisi ha rilevato 4 benefici chiave ottenuti dalle pmi, che si traducono nell’aumento dei ricavi, del numero di clienti effettivamente raggiunti, dei follower sui social network e degli investimenti.

I canali social e digital, infatti, hanno consentito alle pmi analizzate di far crescere di circa il 20% i propri ricavi, senza dover investire nell’apertura di punti vendita e spazi fisici. I social network sono stati un prezioso alleato anche nel 2020, all’apice della pandemia, perché hanno consentito alle imprese di mantenere fino al 60% degli introiti. L’incremento dei ricavi è strettamente legato al portafoglio clienti, infatti, le aziende che hanno saputo valorizzare i social network e i canali digital sono riuscite a far crescere del 30% la clientela, diffondendosi capillarmente su tutto il territorio nazionale e acquisendo il 10% in più di nuovi clienti sui mercati internazionali.

Lo studio rivela anche che i social network hanno permesso alle pmi di incrementare la propria visibilità, registrando un aumento del numero dei follower pari al 40% e, di conseguenza, una crescita del 50% delle visite presso gli store fisici. Inoltre, i benefici attivati dai canali social e digital hanno agevolato crescenti investimenti in tecnologia e favorito la formazione digitale dei dipendenti, stimolando di oltre il 60% gli investimenti.

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