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Patto di stabilità, la Ue avvia la revisione: “è troppo complesso”

Per la prima volta, la Commissione Eu ammette che le regole sulla gestione del bilancio da parte dei Paesi membri non hanno funzionato

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Il famigerato Patto di stabilità potrebbe presto cambiare. L’Europa, infatti, ha manifestato per la prima volta dei dubbi sulla sua reale efficacia. Da un lato le regole sulla gestione del bilancio da parte dei Paesi membri hanno “aiutato la correzione degli squilibri e aumentato la difesa contro gli shock”. Dall’altro, però, non hanno avuto grandi effetti sul debito pubblico, che in alcuni Stati, come in Italia, è rimasto elevato. Non solo. Hanno comportato anche impostazioni troppo pro-cicliche: in pratica, contro i principi di prudenza, hanno stretto i cordoni quando l’economia era in crisi e li hanno allargati quando la situazione migliorava. Secondo la Commissione Ue, il Patto di stabilità è ormai “troppo complesso, poco trasparente e poco prevedibile”, per questo è diventato indispensabile avviare un processo di revisione. Il primo passo sarà la consultazione pubblica: nei prossimi mesi Governi, parti sociali, economisti, università e società civile potranno rispondere, nel corso di incontri e seminari e su piattaforme di discussione online, alle domande formulate dalla Commissione stessa per portare avanti il dibattito. Quali? Per esempio, quali soluzioni adottare per ridurre gli squilibri macroeconomici; in che modo aiutare i Paesi più in difficoltà; come assicurare stabilità dei conti a breve termine e sostenibilità nel lungo periodo. I suggerimenti ricevuti, soprattutto dai Governi, aiuteranno Bruxelles a capire come procedere.

Nel frattempo, il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha dichiarato che “la stabilità resta un obiettivo, ma serve ugualmente sostegno alla crescita e alla mobilitazione di enormi investimenti per combattere i cambiamenti climatici. Dobbiamo consentire politiche anti-cicliche dati i limiti che affronta la Bce”. Gentiloni ha anche ribadito che la Commissione europea non precluderà gli investimenti pubblici ai Paesi con debito elevato, come l’Italia.

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