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La disruption non fa dormire i manager italiani

Cresce la fiducia e l’ottimismo sui risultati finanziari, ma il vero pericolo per i manager italiani sono i concorrenti disruptive

La disruption è la più grande paura dei manager. A dirlo sono più di 1.500 Cfo di 19 Paesi contattati per la Deloitte Cfo Survey 2017. In un quadro di ottimismo generalizzato nelle aziende europee, con migliori prospettive sulla crescita dei ricavi delle società, non mancano le preoccupazioni per i Cfo: : il timore per l’introduzione di nuovi oneri regolamentari, che, benché in calo, continua a interessare il 73% dei direttori finanziari. Seguono le preoccupazioni legate ad una possibile contrazione della domanda (comuni al 53% degli intervistati) e il timore per una nuova situazione di instabilità politica (vissuto dal 46% del campione), conseguente alle elezioni politiche che si terranno a inizio 2018. Infine, l’incertezza legata ai tassi di cambio, che riguarda il 45% degli intervistati.

La disruption non fa dormire i manager italiani

La disruption è la nuova è più pressante paura dei manager italiani. Per la prima volta nella Cfo Survey, gli intervistati tricolori si dichiarano significativamente preoccupati di incorrere in problemi legati alla sicurezza informatica (45%) o di perdere quote di mercato, in particolare come conseguenza dell’avvento di nuovi competitor “disruptive”, capaci di proporre, grazie all’impiego delle nuove tecnologie, business model innovativi (timore che interessa il 43% degli intervistati).

A tal riguardo, ben il 74% dei CFO coinvolti nello studio è convinto che le nuove tecnologie (come Artificial Intelligence, Cloud, Robotica…) avranno un ruolo “disruptive” per l’Area Finance. Tuttavia, nonostante i Co italiani siano ben consci del ruolo che giocano queste tecnologie, quasi 1 su 2 (45%) giudica inadeguato il grado di preparazione della divisione finanziaria della sua azienda rispetto alla trasformazione digitale. Mancanza di competenze e esigenza di un orientamento diverso da parte del business sono i due ostacoli più forti indotte dalla trasformazione digitale secondo i CFO italiani.

«È indubbio che la rivoluzione digitale ponga al finance nuove sfide», commenta Riccardo Raffo, Partner di Deloitte responsabile della survey. «All’interno delle organizzazioni strumenti analitici che prima erano di competenza della finanza ora sono accessibili anche da altre funzioni aziendali. Molti ruoli amministrativi sono a rischio di automazione. Non va trascurato, poi, il tema della carenza di risorse qualificate. I modelli di talento per la finanza digitale puntano in direzione della scienza dei dati e del business partnering. La formazione e lo sviluppo possono aiutare ma le organizzazioni di finanza hanno un bisogno urgente di reclutare nuove competenze».

Torna l’ottimismo in Europa

Rispetto alla rilevazione di tre mesi fa, il 32% dei Cfo europei si dichiara ottimista circa le prospettive della propria azienda (+7%). In Italia è il 20% di Cfo che risulta ottimista rispetto al futuro, con una crescita di 8 punti percentuali rispetto all’inizio dell’anno. I Cfo italiani, sembrano aver spostato l’accento su un approccio a più lungo termine, focalizzato sulla ricerca di prospettive di crescita, dopo un lungo periodo di austerità; nello specifico, dichiarano:

  • previsioni positive sulla crescita dei ricavi (51%, +7% rispetto al Q1 2017) e dei margini (49%, +4% rispetto al Q1 2017)

  • intenzioni riguardo alla spesa in conto capitale allineate a questa tendenza positiva (35%; +4% rispetto al primo trimestre).

  • aspettative di assunzione anch’esse in crescita (19%, + 17%), tant’è che alcuni temono di non trovare la forza lavoro qualificata di cui hanno bisogno.

«Il contesto sembra più favorevole. L’economia dell’Eurozona ha registrato un’accelerazione superiore al previsto nel primo semestre, è solida e diffusa fra Paesi e settori», aggiunge Raffo, in più «le politiche monetarie espansive della Bce, da alcuni criticate, sembrano aver avuto un effetto positivo sull’occupazione. L’economia italiana dà segnali di ripresa e gli investimenti ricominciano a crescere. Nonostante la maggior parte degli indicatori sia in miglioramento, il cambiamento sta avvenendo in modo graduale, evidenza che l’ottimismo è ancora molto cauto e si resta in guardia verso potenziali situazioni di crisi».

Diminuisce l’incertezza

Questa ventata di positività avviene in un contesto internazionale che, secondo il 44% dei Cfo europei, continua a presentare ancora seri motivi di incertezza, pur essendo percepito come meno volatile rispetto al passato. A livello europeo la percentuale di Cfo che percepisce come alto il livello di incertezza finanziaria ed economica passa dal 61% del primo trimestre 2017 al 52%, il livello più basso registrato dall’avvio della survey; in Italia si passa dal 43% al 16%, segnale che anche nel nostro Paese si inizia a vivere una situazione di maggiore serenità.

«Le brusche frenate non si possono ancora escludere e possono essere provocate dai rischi di instabilità politica legate alle prossime elezioni, come da nuovi possibili scenari legati alla volatilità dei cambi e dall’aumento dei tassi di interesse. Queste incognite pesano sulle decisioni quotidiane dei direttori finanziari, in una fase ancora delicata dell’economia italiana e in un contesto internazionale che deve fare i conti con le ricadute della Brexit, ancora tutte da misurare, e con i rischi geopolitici a livello internazionale», conclude Riccardo Raffo di Deloitte.