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Imprese del design: Italia al top in Europa

Sono 30 mila le aziende tricolori del settore, che offrono occupazione a 61 mila lavoratori e generano un valore aggiunto di 2,5 miliardi di euro

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Fondazione Symbola, Deloitte Private e POLI.design hanno presentato i risultati del report “Design Economy 2022”, realizzato per accrescere la consapevolezza del valore del design per la competitività del sistema produttivo nazionale. Secondo la ricerca, in Italia il settore conta 30 mila imprese che hanno generato nel 2020 un valore aggiunto pari a 2,5 miliardi di euro con 61 mila occupati. Le aziende si distribuiscono su tutto il territorio nazionale, con una particolare concentrazione nelle aree di specializzazione del Made in Italy e nelle regioni Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto, dove si localizza il 60% delle imprese. Tra le province primeggiano Milano (15% imprese e 18% valore aggiunto nazionale), Roma (6,7% e 5,3%), Torino (5% e 7,8%).

Milano si conferma capitale del Design

La principale capitale del design italiano è ancora Milano: il capoluogo lombardo è capace di concentrare il 18% del valore aggiunto del settore sul territorio nazionale. Milano è anche sede del Salone del Mobile e del Fuorisalone, una delle più grandi manifestazioni al mondo dedicate al design che quest’anno celebra la sua sessantesima edizione. Questa tendenza fa il paio con quella generale, visto che le imprese e i professionisti del design svolgono le loro attività prevalentemente nei centri metropolitani, dove hanno la possibilità di godere di una maggiore visibilità nazionale e internazionale. Infatti, quattro su dieci realtà del design operano all’estero (44%, 8,9% extra EU), mentre la restante quota opera soprattutto a livello nazionale (45%) o, in minor parte, solo su scala locale (10,8%).

Design e transizione ecologica: sostenibilità motore della crescita

Come affermato da Logotel, per affrontare oggi la sostenibilità risulta necessario un approccio culturale, che aiuti il tessuto imprenditoriale italiano a entrare in contatto con una nuova generazione di problemi e bisogni. Essere davvero sostenibili implicherà sempre più uscire da una dimensione focalizzata solo sulla progettazione e sull’ottimizzazione di prodotti (o parti di essi). È un cambiamento nel quale il design può giocare un ruolo cruciale. Se la maggioranza dei progettisti e delle imprese del design si sente complessivamente preparato sul tema, dichiarando competenze di alto (33,9%) e medio livello (55,1%), l’offerta per la sostenibilità attualmente si concentra sulla durabilità (57,6%) e in seconda battuta sulla riduzione dell’impiego di materie prime ed energia (43,4%), come testimoniano i risultati della survey condotta per l’edizione 2022 del report.

Il punto d’incontro tra domanda e offerta dei servizi di design si concretizza già oggi nella progettazione con materie prime più sostenibili e l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse, individuate come principali priorità a cui il design è chiamato a rispondere in ambito sostenibilità dalle imprese e i progettisti intervistati nello studio che operano in tali ambiti. Tra i settori che trainano la domanda di servizi di design sostenibile ci sono soprattutto i comparti del Made In Italy. A primeggiare c’è il settore arredo (70%), seguito dall’automotive (56%), dall’immobiliare – ceramiche, pavimenti, fino agli elementi strutturali – (38%), dall’abbigliamento (30%) e dall’agroalimentare (13,3%). La crescente consapevolezza ambientale e la conseguente importanza che il mercato – soprattutto quello che verrà – attribuisce agli aspetti ambientali sta stimolando l’impegno per un futuro sostenibile nell’ecosistema imprenditoriale italiano. Lo dimostrano diversi esempi concreti messi in campo sia dalle associazioni, come Federlegnoarredo (con “Decalogo” che mappa la domanda dei servizi di eco design) o Comieco (con l’indagine sulle caratteristiche dei pack utilizzati dai ristoranti); sia dalle aziende, come Italdesign (con il progetto Pop.Up Next, in ambito mobilità sostenibile) o Dyloan (con D-refashion lab, per dare una seconda vita ai capi d’abbigliamento invenduti); e dai progettisti come Mario Cucinella (in ambito ottimizzazione delle performance dell’edificio, come per la sede di Iperceramica).

Design: la formazione in Italia

Sul fronte del design, il sistema formativo è un sistema distribuito lungo tutto il Paese, ben 81 istituti accreditati dal Ministero dell’Istruzione: 22 Università, 16 Accademie delle Belle Arti, 15 Accademie Legalmente Riconosciute, 22 Istituti privati autorizzati a rilasciare titoli AFAM (Alta Formazione Artistica e Musicale) e 6 ISIA (Istituti Superiori per Industrie Artistiche). Per un totale di 291 corsi di studio, distribuiti in vari livelli formativi e in diverse aree di specializzazione. Ne fanno parte punte di eccellenza come il Politecnico di Milano, prima tra i Paesi UE e 5° al mondo secondo la prestigiosa classifica QS World University Rankings by Subject nel settore del design, ma prima, comunque, fra le università pubbliche. A seguire, mantengono un importante ruolo per la formazione del designer l’Istituto Europeo di Design (IED) e la Nuova Accademia di Belle Arti (NABA). Complessivamente, i designer formati sono 9.362; di questi, due terzi risiedono al Nord, in particolare in Lombardia (49,8%). Da quest’anno grazie alla collaborazione con Almalaurea e il Career Service del Politecnico di Milano si è aggiunto un ulteriore tassello informativo relativo alla situazione lavorativa a cinque anni dalla laurea e a cinque anni dal nostro primo rapporto sul design. La prima stima sul tasso di occupazione dei laureati magistrali in design a cinque anni restituisce un valore del 90%, superiore alla media del complesso dei laureati magistrali biennali in Italia; di questi, l’84% svolge una professione coerente con l’ambito del design.