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Covid-19 una piaga anche per il reddito da lavoro

L’ultimo rapporto dell’Oil sull’impatto del nuovo coronavirus evidenzia perdite imponenti del numero di ore lavorate a causa della pandemia

Un declino imponente del reddito generato dal lavoro a livello globale, un divario tra gli interventi di stimolo fiscale messi in campo da diversi Paesi e un conseguente rischio di aumento delle disuguaglianze tra Paesi ricchi e Paesi poveri. È l’impatto del Covid-19 sul mondo del lavoro analizzato nel sesto rapporto dell’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro), che ha appena aggiornato le stime pubblicate nell’ultima analisi dello scorso 30 giugno.

Sulla base del report, nei primi tre trimestri del 2020 il reddito da lavoro è diminuito del 10,7% a livello globale, equivalente a 3.500 miliardi di dollari, rispetto allo stesso periodo del 2019. Questa stima non considera, però, le misure di sostegno al reddito messe in campo attraverso interventi pubblici. La riduzione maggiore si è registrata nei Paesi a reddito medio-basso, dove le perdite di reddito da lavoro hanno raggiunto il 15,1%. Le Americhe sono le regioni più colpite con una riduzione del 12,1%. Lo studio pubblicato il 23 settembre, evidenzia che le perdite di ore lavorate a livello globale sono state considerevolmente maggiori nei primi nove mesi del 2020 rispetto a quanto stimato nella precedente edizione della nota dell’Oil. Nel secondo trimestre del 2020, ad esempio, le stime aggiornate prevedono una riduzione, a livello globale, delle ore lavorate pari al 17,3% (comparata al numero di ore lavorate nel quarto trimestre 2019). Questa riduzione equivale a 495 milioni di posti di lavoro a tempo pieno (settimana lavorativa di 48 ore), mentre la stima precedente era del 14%, ovvero 400 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Su scala mondiale, si prevede che alla fine del terzo trimestre del 2020 la perdita di ore lavorate sia pari al 12,1% (equivalente a 345 milioni di posti di lavoro a tempo pieno). Le prospettive per il quarto trimestre sono peggiori rispetto a quanto previsto dell’edizione precedente. Sulla base del modello di stima dell’Oil, la perdita di ore lavorate alla fine del quarto trimestre dovrebbe attestarsi all’8,6%(rispetto al quarto trimestre del 2019), il che corrisponde a 245 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Si tratta di una previsione al rialzo rispetto alla precedente stima del 4,9% — equivalente a 140 milioni di posti di lavoro a tempo pieno.

Economie emergenti le più colpite dal Covid-19

Come emerge dalle stime aggiornate, uno dei motivi delle maggiori perdite di ore lavorate è che i lavoratori delle economie emergenti e in via di sviluppo, soprattutto quelli che lavorano nell’economia informale, sono stati maggiormente colpiti rispetto alle crisi passate. Inoltre, la riduzione delle ore lavorate è maggiormente attribuibile all’inattività piuttosto che alla disoccupazione, con importanti implicazioni per le politiche. Nonostante l’allentamento delle misure restrittive riguardo la chiusura dei luoghi di lavoro, si registrano notevoli variazioni tra le diverse regioni. Il 94% dei lavoratori si trova ancora in Paesi con qualche tipo di restrizione sulle attività economiche ed il lavoro, e il 32% si trova in paesi dove sono in vigore misure che prevedono la chiusura di tutti i luoghi di lavoro, tranne i lavori essenziali.

Pandemia nuovo coronavirus: divario tra interventi di stimolo fiscale

La sesta edizione del rapporto Oil esamina anche l’efficacia delle politiche di stimolo fiscale per mitigare l’impatto della pandemia sul mondo del lavoro. Nei paesi in cui sono disponibili dati sufficienti per il secondo trimestre del 2020, esiste una chiara correlazione tra stimolo fiscale e perdita di ore lavorate. Tale correlazione dimostra che maggiore è lo stimolo fiscale (in percentuale del Prodotto interno lordo) e minori sono le perdite di ore lavorate. Nel periodo considerato, un ulteriore stimolo fiscale dell’1% del Pil su base annua avrebbe ridotto le perdite di ore lavorate di un ulteriore 0,8% a livello globale. Nonostante le misure di stimolo fiscale abbiano svolto un ruolo significativo nel sostenere l’attività economica e compensare la riduzione dell’orario di lavoro, queste si sono concentrate nei Paesi ad alto reddito, in quanto le economie emergenti e in via di sviluppo hanno uno spazio fiscale limitato per finanziare le stesse misure. Affinché si possa raggiungere lo stesso rapporto tra stimolo fiscale e perdita di ore lavorate che è stato raggiunto dai paesi ad alto reddito, i paesi in via di sviluppo dovrebbero iniettare altri 982 miliardi di dollari (45 miliardi di dollari nei paesi a basso reddito e 937 miliardi di dollari nei paesi a reddito medio-basso). Il divario per i paesi a basso reddito ammonta a meno dell’1 per cento del valore totale dei pacchetti di stimolo fiscale annunciati dai Paesi ad alto reddito. Questo enorme divario tra interventi di stimolo fiscale è ancora più preoccupante alla luce dei deficit di protezione sociale presenti in molti paesi in via di sviluppo. Inoltre, alcuni di questi paesi hanno dovuto riorientare la spesa pubblica verso altri obiettivi per mitigare l’impatto della crisi sul mercato del lavoro. “Così come dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per sconfiggere il virus, dobbiamo agire con urgenza e su larga scala per mitigarne l’impatto economico, sociale e occupazionale. Ciò include il sostegno al lavoro, alle imprese e ai redditi”, ha detto il direttore generale dell’Oil, Guy Ryder.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay