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Agroalimentare, Italia in apnea per costi trasporti e porti inadeguati

L’export è in crescita, ma anche il differenziale con i principali competitor è in aumento. Colpa delle infrastrutture inadeguate

Sono notizie agrodolci quelle che arrivano dal comparto agroalimentare italiano. Di positivo c’è che l’export continua a crescere, di negativo c’è che anche il differenziale con i principali competitor è in aumento, specie per quanto riguarda le materie prime. A dirlo un report di Nomisma, presentato durante un seminario organizzato dal coordinamento di Agrinsieme. Nel 2008 il differenziale delle esportazioni a favore della Spagna era pari a 92, alla fine del 2018 era arrivato a 168. Come mai si sta verificando questa crescita se i prodotti made in Italy continuano a vendere all’estero? La colpa è dell’irrisolto gap delle infrastrutture. Per avere un’idea del problema, basti pensare che in Italia in media vengono perse 37,4 ore nelle code, sette e mezzo in più rispetto alla Germania e quasi 12 in più rispetto alla Spagna. Non solo: nel nostro Paese l’autotrasporto internazionale ha un costo di 43 centesimi al chilometro, contro i 30 della Germania e i 28 centesimi della Spagna. E, ancora, la dotazione media di infrastrutture materiali del nord-ovest (797km ogni 1000km2) e nel nord-est (774km), le aree meglio servite della nostra Penisola, è decisamente inferiore a quella della macroregione Auverge-Rhone Alpes in Francia (2.266 km), della Renania Settentrionale-Vestfalia della Germania (1.028km) e del Sud-est della Gran Bretagna (2.483). C’è, infine, un’altra criticità da non sottovalutare: i bassi fondali del sistema portuale dell’Adriatico, che ostacolano l’approdo delle grandi navi che trasportano i container.

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