Meno migranti per l’Italia (purtroppo)

Il forte calo demografico italiano può essere compensato dall’apporto dei migranti, che, però, a causa della crisi sono sempre meno attratti dall’Italia. I Paesi emergenti del Terzo Mondo potrebbero diventare le nuove mete migratorie. Ne parla Corrado Bonifazi, ricercatore del Cnr, nel libro “L'Italia delle migrazioni”

Dopo essere stata per decenni terra di emigranti, l’Italia è diventata terra di accoglienza per coloro che cercano una vita migliore. Ma anche questo scenario sta cambiando, anche piuttosto velocemente: oggi per molti l’Italia è solo la prima tappa di un viaggio che li porta verso altri Paesi considerati più attraenti. A questo cambio di “prospettiva” ha contribuito sicuramente la crisi economica che spinge a non fermarsi nei Paesi in maggiore difficoltà. Si deve considerare inoltre che dall’Italia continuano ad andare via anche gli italiani. Una situazione che Corrado Bonifazi, ricercatore del Cnr, nel libro L’Italia delle migrazioni definisce la terza globalizzazione dell’Italia. Una fase particolare in cui aumentano gli italiani che vanno via e diminuiscono gli stranieri che arrivano (o che rimangono).

La prima globalizzazione, tra 1870 e 1914, ha spinto 14 milioni di italiani a espatriare, individui che hanno contribuito a fondare le comunità italiane all’estero le quali oggi contano ancora 4,2 milioni persone. La seconda globalizzazione, più recente, ha fatto salire il numero degli stranieri residenti dai 356 mila nel 1991 ai 4,3 milioni attuali. Ma la crisi economica potrebbe rappresentare un vero punto di svolta. In questi ultimi anni, infatti, si registra un aumento dei pur contenuti flussi degli italiani verso l’estero: dalle 40 mila unità del 2010 alle 68 mila del 2012. Se si prende in considerazione il solo Mezzogiorno, la bilancia migratoria è negativa da più di un secolo, con una perdita annua nell’ultimo periodo di 40-50 mila unità all’anno. Contemporaneamente il saldo migratorio in entrata è ancora positivo ma è sceso dalle 493 mila unità del 2007 alle 245 mila del 2012. Contrazione degli arrivi e aumento delle partenze interessano tutta l’Europa in recessione. In Spagna, per esempio, il saldo migratorio positivo per 731 mila unità nel 2007 è diventato negativo nel 2011 con una perdita di 50 mila persone, anche in Irlanda si è passati a valori negativi. Ma le maggiori difficoltà potrebbero sorgere proprio in Italia dove i cittadini in età lavorativa sono diminuiti di 3,2 milioni di unità tra il 1991 e il 2011 e sono destinati a diminuire di 4 milioni di unità tra il 2015 e il 2030 e di altri 7 milioni dal 2030 al 2050, mentre gli ultraottantenni aumenteranno rispettivamente di 1,4 e 2,2 milioni. Uno scenario insostenibile, secondo Bonifazi, senza un adeguato apporto migratorio, per il quale c’è però bisogno che l’Italia mantenga un livello di reddito elevato per attirare i migranti. Cosa non scontata se la crisi continuerà ancora a lungo. A livello mondiale, si sta sviluppando un’altra variabile: se i Paese emergenti del terzo mondo conserveranno l’attuale trend di crescita, sono destinati a diventare a loro volta mete migratorie.

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