In un mondo dove le politiche per la DE&I in azienda non tira buon vento, quanto meno da occidente, una multinazionale come L’Oréal pare un baluardo contro la tempesta. Si continua a lavorare attivamente come sempre, senza passi indietro. «La nostra missione è essere l’azienda leader del beauty più inclusiva e contribuire a creare una società in cui ognuno possa vivere in sicurezza, pace e uguaglianza», spiega Renata Iadevaia, Head of DE&I L’Oréal Italia. «Non solo creiamo prodotti per persone di ogni identità, cultura e provenienza, ma siamo convinti che team diversificati, con prospettive diverse, sono più abili nel comprendere i diversi ideali di bellezza, servire una gamma ampia di consumatori e cogliere le opportunità».
In questo contesto, cosa significa DE&I per L’Oréal?
Credo sia importante sottolineare come DE&I sia un acronimo in cui tutte le parole che lo compongono hanno per noi un valore fondamentale. Ciascuno di questi concetti è la conditio sine qua non del precedente. L’inclusione non avrebbe senso se non ci fosse una diversità di profili e l’equità non sarebbe possibile se non ci fosse inclusione. Come diciamo spesso in L’Oréal Italia, la diversità è un fatto, mentre l’inclusione è una scelta. Di fronte a una società sempre più diversa, in L’Oréal ci prendiamo in primis la responsabilità di ricrearla in azienda, ma scegliere di essere inclusivi significa fare anche un passo in più e passa dai micro-comportamenti quotidiani, oltre che dalle macro-politiche e dai progetti organizzati. Ci sono quindi due piani su cui lavoriamo. Da un lato il comportamento di tutti, per cui spingiamo sulla formazione coinvolgendo tutta la popolazione aziendale e per il quale abbiamo anche una piattaforma etica dove si possono segnalare eventuali condotte inadeguate. Dall’altro c’è il capitolo delle policy, nel quale noi dell’HR ci assicuriamo, dati alla mano, che l’equità in azienda esista davvero e di sostenere in modo particolare le categorie che ne hanno bisogno.
Come si concretizza questo vostro lavoro?
I pilastri su cui si fonda la nostra politica di DE&I sono quattro: parità di genere e LGBTQIA+, disabilità fisica o mentale, età e generazioni, origini socio-economiche e culturali. Per ciascuno di questi abbiamo delle iniziative o dei punti attenzione interni, dopodiché nove dei nostri marchi hanno partnership con ong italiane per sviluppare progetti sociali o ambientali legati a queste quattro categorie. Per fare solo un paio di esempi, L’Oréal Paris è attiva con il progetto Stand Up in partnership con Alice onlus, che mira a combattere l’indifferenza nei confronti dello street arrassment e fornisce semplici indicazioni per aiutare le donne che lo subiscono, mentre Brave Together è un progetto promosso da Maybelline New York con Fondazione Carolina per aiutare i giovani che soffrono di ansia e depressione. Il servizio si mette a disposizione un numero di telefono, una app e un’email dedicate attraverso le quali è possibile ricevere supporto. Infine, operiamo anche tramite l’inclusive sourcing, ossia non solo selezioniamo fornitori che rispondano a criteri di compliance ai nostri principi etici, ma cerchiamo di supportarli in questo senso.

Manuela Pardini, HR Director L’Oréal Italia (al centro), e Marco Vasario, General Manager divisione prodotti professionali (a destra) ricevono la Certificazione di parità di genere da TÜV Italia
È possibile citare anche iniziative a sostegno della DE&I interna?
Certamente. L’ultima, lanciata a febbraio, si chiama Parents@L’Oréal ed è nata osservando i dati preoccupanti sull’occupazione femminile in Italia, che non solo è inferiore alla media Ue, ma vede anche una donna su tre lasciare il lavoro dopo aver avuto figli. Benché in azienda avessimo già un’ottima politica genitoriale, mi sono resa conto che quello del rientro al lavoro dopo la maternità resta comunque un momento delicato. Da qui la collaborazione con Me First della psicoterapeuta Cristina Di Loreto. In primo luogo, abbiamo tenuto un incontro in cui la Di Loreto ci ha parlato degli stereotipi culturali legati a questa fase, delle sfide da affrontare, ma anche del senso di colpa che troppo spesso accompagna le mamme lavoratrici. Dopodiché tutte le partecipanti hanno potuto fissare tre sedute di coaching professionale con psicoterapeute specializzate. Abbiamo inoltre previsto una sessione di formazione specifica obbligatoria per tutti i manager per fornire loro gli strumenti per supportare al meglio le neomamme, mentre per la seconda parte dell’anno stiamo disegnando una sessione dedicata ai neo-papà o più in generale al secondo genitore.
Altri programmi recenti che si possono raccontare?
Nell’ultimo anno abbiamo lanciato altri due progetti, entrambi promossi tramite employee resource group, ossia gruppi di collaboratori volontari. Il primo si chiama Così come sei, ed è stato pensato per promuovere una maggiore awareness sul tema della disabilità sia attraverso una formazione dedicata, sia invitando le nostre persone a descrivere la propria esperienza, perché crediamo che attraverso il racconto si possa fare la differenza e promuovere una L’Oréal in cui ognuno si senta valorizzato e accettato per ciò che è, senza giudizi né pregiudizi. Oltre al fatto che mettiamo a disposizione una bravissima assistente sociale che può offrire supporto a livello amministrativo. Il secondo, invece, è Out@L’Oréal. Promuove l’inclusione e la diversità LGBTQIA+ ed è stato lanciato in concomitanza con la partnership di L’Oréal con Parks Liberi e Uguali.

Uno scatto relativo al progetto Inspire Forward messo a punto con Università Bocconi
So che avete messo in campo anche iniziative per i migranti e rifugiati…
Sono attività che segue principalmente il nostro team. In particolare, all’interno del programma L’Oréal For Youth, è stato identificato un focus specifico su rifugiati e migranti. L’azione si è articolata su due fronti: da un lato, il rafforzamento dell’employability, e dall’altro, la creazione di concrete opportunità di impiego. Con Università Bocconi abbiamo sviluppato Inspire Forward, che nel 2024 ha offerto a otto rifugiati la possibilità di usufruire di una serie di attività per incrementare le loro skills e di conseguenza la loro occupabilità. Il programma, che si ripeterà anche nel 2025, ha coinvolto 12 nostri manager e ha portato a erogare da marzo a settembre 60 ore di mentoring e coaching individuale per i ragazzi, che hanno potuto vedere da vicino le attività svolte in azienda e prepararsi ai colloqui di lavoro attraverso delle simulazioni. Oltre a tutto ciò, negli ultimi due anni e mezzo ci siamo impegnati anche a dare concrete opportunità di lavoro e integrazione a 11 rifugiati provenienti da Siria, Afghanistan, Indonesia, Ghana e Nigeria con formazione e tirocini in varie funzioni aziendali, di cui tre sono stati convertiti in contratti di lavoro. Proprio per questo impegno abbiamo ricevuto dall’ l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) il Welcome for Refugees Award nel 2024.
Queste sono solo le ultime di una serie di iniziative in ordine di tempo. Come si fa a valutare i risultati ottenuti su questi temi che sono più di tipo comportamentale che quantitativo?
Intanto ci sono dei risultati misurabili. Per esempio, a livello di gender equity abbiamo ricevuto la certificazione di TÜV Italia con un voto molto alto, superiore al 90%. In L’Oréal il 70% circa dei collaboratori è donna, il 60% dei membri del consiglio di amministrazione global è donna, il 54% delle posizioni di maggiore responsabilità all’interno del gruppo è donna. Inoltre, siamo un’azienda con gender pay gap pari a zero e abbiamo equo numero di promozioni uomo-donna nel corso dell’anno. Dopodiché non mancano altri tipi di indicatori. Per esempio, dopo il lancio di Così come sei, tre persone che non lo avevano mai fatto prima sono venute a dichiarare la loro disabilità. Questo vuol dire che il programma ha contribuito a farle sentire sicuri di trovare comprensione e supporto da parte dell’azienda. Oppure, da quando abbiamo riconosciuto il congedo di paternità, ogni anno sono sempre di più i papà che ne usufruiscono, è un dato importante che indica un cambiamento culturale in corso. Infine, ad aiutarci c’è anche Pulse, la survey condotta ogni anno per misurare i livelli di engagement dei nostri collaboratori.
Questa intervista è tratta dallo speciale Diversity, Equity & Inclusion di Business People di maggio 2025, scarica il numero o abbonati qui