«Tono basso di voce e piuttosto schivo con il suo fare riflessivo e pacato, riuscirebbe a convincervi che la terra è quadrata. È riuscito in poco tempo a trasformare HangarBicocca di Milano in uno spazio espositivo di successo». Con queste motivazioni, la rivista GQ Italia ha inserito lo storico dell’arte e curatore Andrea Lissoni nel novero dei 30 uomini più eleganti d’Italia. Milanese, classe 1970, una laurea in Storia dell’arte moderna alll’Università di Pavia, Lissoni ha ottenuto una borsa di perfezionamento all’estero (Università di Parigi 1/Centre Georges Pompidou), conseguito un master in Gestione e management dei beni artistici e culturali alla Scuola Normale Superiore di Pisa e concluso la Scuola di specializzazione di Storia dell’arte all’Università di Genova. Dal 2011 al 2015, come sopra riportato, è stato curatore di HangarBicocca. Dal 2014, invece, è Senior Curator International Art (Film) della Tate Modern di Londra: per quello che è considerato più importante museo di arte contemporanea in Europa, Lissoni è responsabile di mostre, acquisizioni e proiezioni di film e lavori di video arte. A fine settembre è stato uno dei giurati internazionali del Fashion Film Festival, manifestazione creata da Constanza Cavalli Etro che unisce cinema e, appunto, moda. L’evoluzione nel modo di raccontare storie, la commistione di sempre più numerose e differenti piattaforme della creatività, gli incontri tra culture in un’atmosfera di confronto e di dialogo, all’insegna della partecipazione del pubblico: forse sono questi alcuni dei fili invisibili che legano tra loro arte, moda e linguaggio audiovisivo della contemporaneità. Mondi in cui l’eleganza si esprime attraverso una danza armoniosa di elementi coerenti tra loro, accompagnati da ritmi, suoni e grafiche in sintonia gli uni con gli altri.
In che cosa consiste lo stile per lei?Nell’interpretazione.
Che rapporto ha con le tendenze?Mi incuriosiscono, cerco di leggerle.
Alcuni trend che ultimamente l’hanno interessata, anche per i loro risvolti nella moda?Il furibondo viaggio del krumping che, da movimento dance del centro-Sud di Los Angeles ritratto nel capolavoro di David LaChapelle Rize (2006), riemerge, un decennio dopo, sotto varie spoglie nelle culture o sottoculture artistiche online e nello street più radicale, rilanciando l’immaginario di Paris is burning (1990) e la sua estetica “East Coast”, ma fiorendo in un contesto finalmente aperto agli scivolamenti di genere. E poi l’esplosione del tè Matcha Green dentro il salutismo rigenerativo e aerobico di artisti e di intelligenze scientifiche, che “swingano” senza nessun clash fra irl e url, fra vita reale e virtuale. E che vestono confortevoli tute dei russi cool, o di Hood By Air.
Meglio la sobrietà o la provocazione?Meglio il piacere personale.
Tre aggettivi che associa al concetto di eleganza?Personale, divertita, musicale.
È innata o si acquisisce?Si acquisisce, come tutto.
Un capo che non può mancare nel suo guardaroba?Un maglione divertente per farmi dimenticare le brume e ricordarmi la neve.
L’accessorio che per lei fa la differenza?La rilassatezza. Per me risiede nella combinazione di postura mentale e fisica. Non tanto, o meglio, non solo nell’abbigliamento: piuttosto, la considero un riverbero di un’attitudine, di una visione che inevitabilmente appare sia nel modo di sceglierlo, sia, soprattutto, in quello di portarlo.
La scarpa che non toglierebbe mai? Qualunque scarpa Marsèll. E le Nike Flyknit, imprescindibili.
Il colore preferito?Verde.
I materiali che predilige?Possibilmente solo eco-solidali, eco-friendly o sostenibili.
Il capo o l’accessorio che le piace indossato da altri, ma che non riesce a portare?I magnifici cappelli di Reinhard Plank.
Il capo e/o l’accessorio più originali che abbia mai indossato? In quale occasione?Una cappa andalusa, al lancio del Calendario Pirelli 2013 presso HangarBicocca.
L’epoca storica che considera più interessante dal punto vista dello stile?Ogni epoca lo è, basta guardare bene. E dappertutto.
Un capo del passato che vorrebbe indossare oggi?Tutto l’abbigliamento di Oetzi, l’uomo del Similaun noto anche come “l’Uomo venuto dal ghiaccio”. E Samuel Beckett. A passeggio in shorts per le strade di Tangeri. O in spiaggia.
Il tipo di profumo che preferisce?Quello tipico della macchia mediterranea.
Che cosa rende un’opera d’arte elegante? E una galleria o un museo?Non credo che quella di eleganza sia una definizione applicabile a un’opera. Per quel che riguarda il museo, è la danza coerente fra scelta delle opere in display, loro conversazione a distanza, allestimento, grafiche di riferimento e tessitura coesa degli spazi di attesa e di consumo.
– “INTRECCI MODERNI” TRA SPORT E GLAMOUR
Alcuni artisti del passato e altri contemporanei che ritiene particolarmente eleganti nella loro espressione visiva?Pensandoci bene, credo che tutti gli artisti con cui ho lavorato, da Netmage, Live Arts Week ad HangarBicocca e Tate Modern rientrino in questo novero. Impossibile lavorare con persone ineleganti, direi.
Un film, un libro o, ancora, una musica che considera emblema di eleganza? Per tradizione rispondo con ciò che ho letto, visto o ascoltato di recente. Al momento: Las Mimosas di Oliver Laxe per l’omonimo film. Da amante di Jonathan Franzen e David Foster Wallace, senz’altro Freedom e Farther away dell’uno e dell’altro rispettivamente, Les cordelletes de browser di Tristan Garcia e l’omnibus The Animal Man di Grant Morrison. Per il suono, Endless di Frank Ocean. Stessa motivazione per tutti: la visionarietà e l’assoluta condivisione fra esseri umani e non.
Un’abitudine o un rito a cui è affezionato, legato ad abiti e scarpe?Viaggiare con capienti sacchi di tela in grado di scomparire nel bagaglio, pronti ad accogliere acquisti e trasformarsi in inattaccabile hand luggage.
Un aneddoto che parla del suo rapporto con la moda e lo stile?Lascio libertà a mia madre di realizzare toppe e pezze surreali da applicare sui molti buchi di tarme che le case londinesi regalano. Il risultato è sempre stupefacente, Junya Watanabe (fashion designer giapponese, ndr) lo adorerebbe.
Cosa rende elegante un uomo e cosa una donna? La rilassatezza.
L’errore di stile imperdonabile?Dimenticarsi di sé.
Vive a Londra da due anni e mezzo. Come giudica il British style? Impagabile per l’eclettismo e la tolleranza. Detto questo, non ho a che fare con la City e con i classismi legati a genealogie, accenti e boarding schools.
Il suo gusto è più vicino alla raffinatezza inglese o alla classe italiana? Non sono sicuro di condividere né una né l’altra. Sono stereotipi che non corrispondono alla reale, e necessariamente soggettiva, percezione degli stili nello spazio pubblico.
I suoi stilisti preferiti? Vibskov, anche se non religiosamente. Wilhelm, ma più in passato, un po’ come Dior, quando era disegnato da Slimane. Rick Owens può essere geniale, in particolare drkshdw (linea dello stilista statunitense, ndr). T-Michael e Norwegian Rain, altrettanto, auspicando si aprano al colore. Kenzo ha alcuni grandi guizzi così come a volte Paul Smith, e, in Italia, l’incomparabile Missoni. I completi Acne Studios, in particolare da quando sono disegnati da Sergio Zambon, calzano ottimamente. Guardo con molta attenzione cosa combinano Gosha Rubchinskiy e Demna Gvasalia. Hood by Air è abbastanza incredibile, Public School e Opening Ceremony forse più scontati, ma li tengo d’occhio, così come Johanna Bloomfield e il suo Johannes Faktotum e le mattane colorate di Pelican Avenue.
Qual è la sua icona di stile? Impossibile sceglierne una sola… Senza pensare al passato, d’istinto: forse i protagonisti del film Mimosas di Oliver Laxe? Viggo Mortensen in Jauja di Lisandro Alonso? Le popstar Grimes e Rihanna?
Un personaggio pubblico dell’attualità particolarmente elegante? Devendra Banhart. Canta. Ma non solo.
Cosa indossare per essere sempre impeccabili?Ciò che rilassa e mette a proprio agio, immaginando di essere pronti a ballare. Anche, meglio, e soprattutto, da soli.
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