Cervelli in fuga dall’Italia, 97 mila laureati sono espatriati negli ultimi 10 anni

Cervelli in fuga dall’Italia, 97 mila laureati sono espatriati© Shutterstock

Negli ultimi dieci anni i cervelli in fuga dall’Italia sono stati 97 mila. Si tratta di giovani laureati fra i 25 e i 34 anni che, soltanto nel 2023, si sono attestati oltre le  21 mila unità, con un incremento del 21,2% rispetto al 2022.

Di contro, i rientri in patria di giovani laureati sono contenuti, pari a seimila unità, e in calo di oltre quattro punti percentuali. Questo si traduce in una perdita netta di 16 mila giovani con risorse qualificate.

È un dato rilevante, sopratutto se si considera che l’istruzione superiore è cresciuta molto, soprattutto tra le donne. Fra il 1992 e il 2023, la quota di laureati tra i 25 e i 34enni è salita dal 7,2% al 30,6% (con un picco del 37,1% tra le donne).

I dati dell’Istat

Il rapporto annuale dell’Istat evidenzia una società in cui oggi coesistono più a lungo diverse generazioni, contribuendo a ridefinire il contesto demografico, sociale ed economico del Paese.

Fra i nati nel 1992 provenienti da famiglie con un basso titolo di studio i laureati sono pari al 17,6%, contro quasi il 75% dei giovani che hanno entrambi i genitori laureati. Tra i primi il 36,’3% non arriva a prendere il diploma, tra i secondi solo il 2,3%.

Fra i trentenni nel 2022, quelli coi redditi più elevati presentano una incidenza relativamente maggiore di percorsi formativi tecnico-scientifici e di maschi tra i non laureati. Risultano svantaggiati quelli con una minor presenza migratoria interna e quelli residenti al Sud.

Le disparità geografiche hanno un peso specifico sulle possibilità occupazionali e di reddito fra i giovani e incidono sul numero di cervelli in fuga dall’Italia. Fra i nati nel 1992, iresidenti nel Mezzogiorno nel 2022 presentavano uno svantaggio molto contenuto nell’istruzione terziaria, ma i redditi da lavoro erano superiori del 10% al Centro e del 14,4% al Nord.

“Nel 2024, il consolidamento del rientro da una fase di elevata inflazione e l’espansione dell’occupazione rappresentano risultati positivi per il nostro Paese, che tuttavia non devono farci dimenticare i vincoli alla crescita e gli squilibri che inibiscono uno sviluppo più sostenibile e inclusivo – ha spiegato il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli – Questi ostacoli appaiono particolarmente gravosi per le giovani generazioni, ridotte nel numero ma più istruite rispetto alle precedenti, benché spesso caratterizzate da livelli di reddito e opportunità di occupazione più contenuti rispetto agli altri maggiori paesi dell’Ue”.

Resta sempre aggiornato con il nuovo canale Whatsapp di Business People
© Riproduzione riservata