Il gruppo Fenice di Chiara Ferragni, che gestisce il brand dell’influencer, è al centro di una profonda ristrutturazione, che riguarda direttamente i suoi negozi. In particolare, Fenice Retail Srl – la società controllata che gestiva i punti vendita fisici – è stata messa in liquidazione dopo aver accumulato tra il 2023 e il 2024 perdite complessive superiori a 1,21 milioni di euro, secondo quanto riportato da documenti consultati dall’agenzia di stampa Radiocor.
Nonostante ricavi limitati a circa 644 mila euro nell’arco del biennio, la struttura di costi elevata – pari a circa 2 milioni di euro – ha generato perdite consistenti: 530 mila euro nel 2023 e 684 mila euro nel 2024. A pesare sull’andamento, soprattutto nel secondo anno, è stato l’effetto reputazionale del cosiddetto “Pandoro gate”, ovvero la controversa iniziativa commerciale con Balocco per la quale Ferragni dovrà presentarsi in tribunale a Milano a settembre.
La chiusura dei negozi di Chiara Ferragni
Il processo di liquidazione di Fenice Retail è stato accompagnato dalla chiusura dei due principali negozi: quello di via del Babuino a Roma, già annunciato a maggio, e quello di Milano. Entrambi rientravano in una strategia più ampia di riassetto del gruppo, necessaria per arginare l’impatto negativo sul business e consolidare le attività.
Il momento chiave di questa ristrutturazione è arrivato il 10 marzo, quando l’assemblea dei soci della capogruppo Fenice Srl ha approvato un aumento di capitale da 6,4 milioni di euro. L’intervento si è reso indispensabile per coprire le perdite cumulate pari a 10,2 milioni di euro tra il 2023 e i primi undici mesi del 2024 — dato che include anche i risultati negativi della controllata Fenice Retail.
Nel dettaglio, secondo quanto riportato da Radiocor, Fenice Srl ha registrato una perdita di 6,9 milioni nel 2023, seguita da un ulteriore rosso da 3,3 milioni fino a novembre 2024. Il bilancio dell’intero anno è atteso in linea con questi numeri e sarà formalmente approvato entro giugno.
Chiara Ferragni ha sottoscritto quasi integralmente l’aumento di capitale, diventando azionista al 99,8% della società. Il socio di minoranza Pasquale Morgese è sceso dallo 27,5% allo 0,2%, mentre l’investitore Paolo Barletta, attraverso Alchimia, è uscito completamente dall’azionariato.
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