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Ulysse Nardin, innovazione senza fine

È la filosofia di Ulysse Nardin sin dalla sua fondazione e, assicura il suo Ceo Patrik P. Hoffmann, è rimasta tale anche dopo l’ingresso nel gruppo Kering che, anzi, ha fornito gli strumenti per accelerare i progetti della manifattura orologiera svizzera

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Nata nel 1846 a Le Locle (Ch) su iniziativa dell’orologiaio Ulysse Nardin, l’azienda omonima ha presto avuto successo grazie ai suoi cronometri da tasca e da marina, che divennero un punto di riferimento sia in campo civile sia militare. Ma la svolta arrivò solo più tardi, nel 1983, con l’acquisto da parte dell’imprenditore svizzero Rolf W. Schnyder e il suo incontro con il genio orologiaio Ludwig Oechslin, che ha elevato alla massima potenza la sua vocazione per l’innovazione. Oggi questa vocazione è ancora viva nel Dna della manifattura, per la quale si è aperta una nuova era, segnata dall’ingresso, nel 2014, nella divisione Luxury – Watches and Jewellery del gruppo Kering, come racconta il Ceo di Ulysse Nardin, Patrik P. Hoffmann.

A distanza di un anno dall’acquisizione si può stilare un primo bilancio?Siamo molto felici e ci sentiamo a casa in Kering. Far parte di questo gruppo ci permette di portare avanti i piani che avevamo in precedenza e continuare, se non addirittura accelerare, la verticalizzazione e l’indipendenza della produzione dei nostri movimenti in house.

Come avete dovuto adattarvi per integrare il vostro brand in questo grande polo del lusso?Per me sarebbe più facile dire cosa non è cambiato: il Dna di Ulysse Nardin, che è molto orientato al prodotto, innovativo e in linea con la nostra tradizione marittima. La maggior parte dei cambiamenti ha interessato l’integrazione e le relazioni finanziarie, cosa perfettamente sensata quando entri a far parte di una società quotata.

Che tipo di relazione avete con gli altri marchi orologieri del gruppo?Naturalmente il rapporto più stretto lo abbiamo con la nostra società “sorella” Sowind (Girard-Perregaux e JeanRichard), con la quale abbiamo già sinergie in termini di distribuzione. Ulysse Nardin si è “trasferita” negli uffici di Sowind a Milano, mentre Sowind ha spostato la sua struttura dal New Jersey alla Florida, dove Ulysse Nardin ha una base forte. Altre sinergie di questo genere seguiranno nei prossimi anni.

L’Ulysse Anchor Tourbillon, parte della collezione 2015, presenta un rivoluzionario sistema ad ancora volante

Questo è stato per il brand il secondo passaggio di proprietà dopo l’acquisizione da parte di Rolf W. Schnyder dalla famiglia fondatrice. Quali similitudini e differenze si possono rilevare in questi due cambi di mano?In realtà, il cambiamento più rilevante è avvenuto dopo la morte di Rolf W. Schnyder, quando la gestione della società è passata da uno stile fondato sulla leadership del “patron” a uno di tipo manageriale. La dirigenza, in carica da anni, è rimasta immutata dopo l’acquisizione da parte di Kering, facendo sì che l’integrazione procedesse liscia come l’olio.

Qual è l’eredità di Schnyder di cui più fate tesoro?Mr. Schnyder è stato un vero imprenditore, che ha promosso il brand e incoraggiato colleghi e impiegati a essere innovativi, flessibili e a pensare fuori dagli schemi. E nel pieno del suo successo è sempre rimasto con i piedi per terra.

Ulysse Nardin si è sempre distinto per la sua capacità d’innovazione, come la mantenete viva?In una società che ha la parola “innovazione” scritta su tutti i suoi prodotti, il reparto Ricerca e sviluppo è davvero importante e investimenti altrettanto importanti sono stati fatti in questo campo. Il fatto di avere accesso diretto alle tecnologie per la lavorazione del silicio, grazie alla nostra joint venure con l’azienda Sigatec, ci ha poi aiutato ad accelerare lo sviluppo di certe idee, come per esempio il sistema UlyChoc Shockabsorber o il rivoluzionario sistema ad ancora volante, l’Ulysse Anchor.

Mi permetta una piccola provocazione, nell’era di Internet e del digitale ha ancora senso produrre orologi meccanici?Mi permetta di rispondere a questa domanda con un’altra domanda: ha senso produrre auto sempre più potenti mentre i limiti di velocità si fanno più ridotti e stringenti? L’orologeria meccanica verte intorno alla passione, all’innovazione e al portare la maestria artigianale all’estremo.

Qual è oggi il vostro mercato di riferimento e su quali investirete nel prossimo futuro?Ulysse Nardin è un brand globale e continueremo a creare prodotti per tutti i mercati con un sistema di distribuzione ben bilanciato.

In altri Paesi come Russia o alcuni Stati asiatici siete però più forti che in Italia. Come se lo spiega? È forse dovuto ai vostri prezzi entry level piuttosto elevati e al design elaborato degli orologi?Il mercato italiano è cambiato negli ultimi 20 anni. Oggi, per un brand come Ulysse Nardin, il business legato alla clientele straniera è cresciuto molto più rapidamente di quello domestico. Sta a noi comunicare la storia, la forza e l’innovazione propri del brand alla clientela tricolore. Con il trasferimento dei nostri uffici a Milano saremo più vicini al luogo in cui ha origine l’andamento del mercato.

Come vedete la Penisola e i suoi consumatori?Ulysse Nardin offre un prodotto eccellente e sofisticato e l’Italia riveste un ruolo importante nella nostra strategia. I consumatori capiscono e stimano il nostro marchio se lo comunichiamo con professionalità. La sponsorship di Artemis (vedi box a fondo pagina) è stato il primo importante passo della nostra nuova strada per la comunicazione e ne seguiranno molti altri.

Quali progetti avete in mente per il nostro Paese?Spostare i nostri uffici da Como a Milano è stato un primo passo, nonché il segno di un impegno verso il mercato italiano. Continueremo a lavorare sul nostro rapporto con i retailer indipendenti partner, poiché loro sono la pietra angolare del nostro network distributivo. Con l’ottimizzazione della collezione sarà inoltre più semplice portare il “nostro messaggio” sia ai venditori che ai consumatori finali.

Lei ha una lunga esperienza nel settore dell’orologeria, crede che questo potrebbe insegnare qualcosa agli altri?Considerando che l’industria orologiera svizzera nel suo complesso è molto piccola – gli impiegati totali sono solo 50 mila circa –, ha fatto un lavoro favoloso nel creare un segmento prestigioso conosciuto in tutto il mondo.

È d’accordo con coloro secondo i quali l’industria orologiera, nel suo complesso, sforna troppi nuovi modelli ogni anno?Sfortunatamente è una conseguenza della frenesia del mondo moderno e della velocità con cui la comunicazione viaggia in tutto il mondo. Penso proprio che sia più una questione di comunicazione piuttosto che del numero di nuovi prodotti in gioco.

A proposito di prodotti. Qual è la novità 2015 di Ulysse Nardin che la rende più orgoglioso?Di sicuro lo scappamento Ulysse Anchor lanciato a Baselworld 2015 in un tourbillon. L’intero movimento, incluso lo scappamento, la molla in silicio e il tourbillon sono stati prodotti in house. Il sistema ad ancora volante è certamente rivoluzionario.

Può anticiparci qualche novità futura?Posso dire che a Baselword 2016 presenteremo ulteriori modelli costruiti sull’innovazione, uno dei quali basato su un meccanismo creato da Ludwig Oechslin.

COL VENTO IN POPPA

Ulysse Nardin ha da poco annunciato di essere diventata partner ufficiale dell’Artemis Racing Team. Sfidante svedese per la 35esima America’s Cup, il team velistico rappresenta Kungliga Svenska Segel Sällskapet (Ksss – il Royal Swedish Yacht Club), il quinto yacht club più vecchio al mondo, e la collaborazione proseguirà fino al 2017. «Eravamo in cerca di una sponsorship ormai da tempo», racconta Patrik Hoffmann, «grazie all’acquisizione da parte di Kering si è aperta la possibilità di entrare a far parte dell’America’s Cup, che rappresenta il massimo dell’innovazione con i migliori team, tecnici e ingegneri. Qualcosa che condividiamo in Ulysse Nardin. In aggiunta, Ulysse Nardin è il brand con il non plus ultra della tradizione nella marina e nella produzione di strumenti nautici. Con Artemis, poi, abbiamo trovato una squadra che lavora esattamente come facciamo noi e la chimica tra i nostri team ha funzionato sin dal primo incontro. Speriamo», conclude, «che questo nuovo modo di comunicare aiuti a costruire brand awareness e ci fornisca una piattaforma per relazionarci, non solo con i clienti, ma anche con partner, retailer e giornalisti».

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Ceo dal 2011, Patrik P. Hoffmann ha fatto il suo ingresso nell’azienda di Le Locle nel 1999 come vicepresidente e Managing Director dell’ufficio regionale Nord America e Caraibi