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Sostenibilità

Così Giovanni Muscarà ha vinto la balbuzie (e ne ha fatto un’impresa)

Risolvere una difficoltà personale e poi trasformare la propria esperienza in un’impresa. È quanto è riuscito a fare Giovanni Muscarà, fondatore del Vivavoce Institute

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La prima volta che Giovanni Muscarà ha capito di avere un problema è stato a scuola, in prima elementare. «La maestra mi aveva chiesto qualcosa e io risposi a modo mio», racconta. «Una mia compagna cominciò a farmi il verso “co, co, coccodè”, quello della gallina, e tutti risero». Quando Muscarà dice «a modo mio» intende balbettando, e parecchio. «Non tentennavo solo sulle parole: mi bloccavo, la mia faccia si deformava per gli spasmi e la fatica di parlare. Una cosa orribile», dice. Pare impossibile credergli: Giovanni Muscarà, 36 anni, messinese, oggi parla in modo normale e fluente. Lo fa dagli uffici, sui Navigli di Milano, della start up che ha fondato nel 2011, il Vivavoce Institute, un centro specializzato nel trattamento rieducativo della balbuzie grazie al Metodo MRM-S (Muscarà Rehabilitation Method for Stuttering), da lui messo a punto e ormai apprezzato anche dalla comunità scientifica.

Come ha fatto un ragazzino balbuziente a diventare imprenditore di successo? La strada è stata lunga e tutta in salita. Sono uno che non molla: non lo facevo da piccolo, quando i miei genitori, molto attenti a farmi superare il mio difetto, mi hanno fatto partecipare a decine di corsi. Non c’era metodo o logopedista in zona che non avessi testato: come tutti quelli costretti a fare i conti con una fatica grande, sentivo il mio limite. Ma la voglia di superarlo era più grande: mi sono sempre impegnato il triplo degli altri fino alla laurea in Economia, all’Università Cattolica di Milano. Il mio sogno occuparmi di finanza: l’ho realizzato.

Come ha fatto ai primi colloqui? Mi allenavo a parlare anche 15/16 ore a giorno. Ci sono dei trucchi che noi balbuzienti conosciamo: si scelgono per iniziare parole con consonanti morbide come la L o la R, si cerca di articolare bene la voce. Andavo ai colloqui preparatissimo, come se dovessi partire per una missione. Sono entrato in Kpmg come revisore contabile, poi sono partito per Londra perché volevo lavorare in una banca d’affari, ma sembrava impossibile. Superavo brillantemente i primi colloqui telefonici, ma quando dovevo affrontare quelli di persona era un disastro: l’ansia aumenta la balbuzie, soprattutto gli spasmi facciali, e i miei interlocutori erano imbarazzati davanti alle mie reazioni. Ero avvilito: venivo scartato da tutte le posizioni. Nessuno credeva che quel giovane italiano così brillante sulla carta fossi davvero io, incapace di finire una parola senza incantarmi su ogni sillaba. Ho capito che dovevo cambiare rotta e trovare altri metodi per superare il problema.

In che senso? Tutti gli approcci tradizionali si basano su tecniche innaturali e insegnano a parlare in modo meccanico: quando ti alleni migliori, appena molli torni al punto di partenza. Osservandomi allo specchio mentre balbettavo mi sono accorto che il blocco mi faceva perdere il controllo dei muscoli del collo, della bocca, del viso. Ho capito che dovevo partire da lì, non fissarmi solo sulla pronuncia e sulla voce. Viaggiando tra Italia e Inghilterra ho cercato neurologi, psicologi, fisioterapisti completamente digiuni di balbuzie: volevo specialisti disposti a testare su di me un metodo nuovo, collaborando tra loro. Ci ho messo sei mesi, ma quando sono riuscito a ordinare un caffè al bar senza balbettare ho capito che avevo fatto centro.

Da tester a imprenditore: com’è andata? Il successo provato sulla mia pelle, grazie a un allenamento utile a riprendere il controllo della motricità sottostante la fonazione, anche grazie al controllo del diaframma e con un gran lavoro sull’emotività personale, mi ha spinto a testare il metodo su altre persone. La fatica nel parlare, che tanto mi ha fatto soffrire nella vita, è diventata così un trampolino imprenditoriale: ho sfruttato le mie competenze economiche, i contatti che avevo con gli specialisti e grazie alla Fondazione Filarete nel 2011 ho cominciato a incubare il progetto.

Quanto è durata l’incubazione?Fino al 2015: l’idea ha poi trovato l’interesse di cinque investitori privati e di un fondo d’investimento che, con 400 mila euro, ci hanno permesso di aprire l’istituto, un vero e proprio centro specializzato nella ricerca e nella cura delle balbuzie. Oggi abbiamo sette dipendenti fissi e arriviamo a una decina di collaboratori, per un totale di quasi 400 allievi finora seguiti.

Obiettivo futuro? Registrare 200 allievi nell’anno in corso e portare entro il 2020 il modello in altre città, in particolare a Lugano e a Londra. Abbiamo già avuto molti allievi dall’estero: la mia prima in assoluto è stata una ragazza russa. Abbiamo seguito anche un ragazzino dallo Sri Lanka: da noi arrivano persone ormai disilluse perché hanno provato di tutto, spendendo cifre assurde. La balbuzie è un difetto che ti complica la vita sociale e lavorativa, ma che viene ancora troppo sottovalutato.

Perché il suo metodo ha successo?Il metodo, garantito da un direttore scientifico legato al San Raffaele, non si limita a insegnare “trucchetti” per parlare meglio, ma prevede un lavoro di rieducazione della persona nella sua totalità e unicità, dal controllo del singolo movimento necessario a produrre un fonema, alla gestione del linguaggio in un contesto di ansia e di stress. Si basa su un corso intensivo di una settimana e poi di una fase di circa sei mesi, a frequenza periodica, per rendere permanenti i risultati di fluenza. Siamo trasparenti: il corso iniziale costa 1.650 euro, ma si paga alla fine e solo se soddisfatti, le altre sedute hanno un costo di 130 euro mensili. Credo però che il vero segreto del successo sia un altro.

Vale a dire? Gli allievi si fidano di me perché “sono uno di loro”. Anche alcuni nostri insegnanti sono ex allievi e quindi ex balbuzienti: questo crea un legame profondo con chi si rivolge a noi. In Italia si vive nell’errata convinzione che se ti occupi di salute o benessere della persona devi farlo a livello di volontariato: noi invece siamo un’azienda profit che per lavorare bene, e aiutare ancora più persone a superare le balbuzie, deve far pagare i suoi servizi. Il nostro obiettivo a lungo termine è diventare un centro di riferimento, a livello internazionale, per lo studio e la ricerca sulle balbuzie.