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Sostenibilità

Sulle tracce di Paul Newman

Versione italiana dell’iniziativa statunitense voluta dal celebre attore, Dynamo Camp offre terapia ricreativa gratuita a bambini con malattie gravi croniche, grazie a un approccio “imprenditoriale” al Terzo settore

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È possibile costruire un progetto non profit con gli stessi elementi di efficienza e professionalità richieste da un’azienda vera e propria? Si può “contagiare” il Terzo settore con caratteristiche tipiche dell’attività imprenditoriale, pur senza stravolgerne la finalità senza lucro? L’esperienza di Dynamo Camp – e più in generale della Fondazione Dynamo – dimostra che sì, è davvero possibile. Per capirne il motivo bisogna innanzitutto fare un passo indietro, a quando all’inizio degli anni Duemila Vincenzo Manes, imprenditore e filantropo alla guida di Intek Group (2,5 miliardi di euro di fatturato e 6 mila addetti) incontra in Connecticut l’attore Paul Newman, fondatore nel 1988 del primo Camp negli Stati Uniti per ospitare bambini affetti da gravi patologie.

La nascita della onlus per bambini Dynamo Camp

«Quando ha conosciuto quell’esperienza, Vincenzo Manes ha coltivato sin da subito il desiderio di portarla anche in Italia, dove 13 anni fa non esisteva un Terzo settore strutturato come oggi». Chi parla è Maria Serena Porcari, già dirigente Ibm, dal 2004 al fianco di Manes nell’avvio della Fondazione Dynamo; un esempio concreto di professionalizzazione del non profit, dato che dal 2007, anno della fondazione, guida Dynamo Camp, la prima struttura in Italia totalmente gratuita e specializzata nell’assistenza con terapia ricreativa di minori dai 6 ai 17 anni con malattie gravi e croniche.Filantropia e sostegno ai più deboli sono sentimenti che hanno sempre ispirato Manes nella sua attività, ma è dopo l’incontro con l’esperienza del SeriousFun Children’s Network fondato da Newman che l’imprenditore italiano decide di replicare questa iniziativa anche nel nostro Paese. L’intuizione originaria è la medesima: offrire ai minori gravemente malati e alle loro famiglie, un periodo di svago e divertimento che possa fungere da stimolo per le capacità dei bambini, rinnovandone la fiducia e la speranza attraverso un programma di attività e una cura costante; il tutto garantito da personale medico e staff specializzato. La location ideale viene individuata in un vecchio stabilimento (poi riconvertito) con annessa proprietà agricolo-forestale di Kme, la sua società di lavorazione rame e semilavorati. Si trova a Limestre, in provincia di Pistoia, in un’oasi di 900 ettari affiliata al Wwf, tra i 500 e i 1.100 metri di altitudine.

L’evoluzione di Dynamo Camp

Sono i numeri a raccontare meglio di ogni altra cosa sia accaduto in questi dieci anni al Dynamo Camp: 5.745 bambini ospitati nei programmi per Soli Camper (senza famiglie), 5.432 bambini, ragazzi e genitori ospitati nei programmi per le famiglie, 12.878 bambini in Outreach, le attività svolte fuori dal Camp in ospedali, case famiglia e a bordo del Dynamo Off Camp in tour nelle maggiori città italiane. Tutto questo con il coinvolgimento di 4.600 volontari, per una struttura che oggi conta 56 dipendenti e 76 persone di staff stagionale, mentre il network Dynamo Camp comprende oltre 140 ospedali e associazioni in tutta Italia. «Non spetta a noi dire se siamo stati apripista in questo settore», precisa Maria Serena Porcari, che di Dynamo Camp è l’amministratore delegato (e vicepresidente dell’associazione onlus che lo gestisce). «Di sicuro la nostra attenzione maniacale alla professionalizzazione del Terzo settore, trattato come un’impresa, è stata una battaglia che continua a darci grandi soddisfazioni». Manes aveva un’idea precisa in testa: investire in attività filantropiche che aiutassero a migliorare il bene comune, a creare maggiore benessere e positività nella società. Le migliaia di persone passate da Dynamo Camp in questi dieci anni sono lì a testimoniare la buona riuscita di questo progetto, dove la terapia ricreativa è «la base scientifica che ispira tutte le attività».

«Terapia ricreativa», aggiunge, «significa partecipazione a un’avventura, condivisione di esperienze indimenticabili con coetanei e riscoperta delle proprie capacità». E così si va dall’arrampicata all’equitazione, dal tiro con l’arco alle attività in acqua o di circo, dall’art factory alla radio, i musical, il teatro… «L’esperienza si concentra sulla scoperta di nuove potenzialità e su nuove possibilità di apprendimento del bambino o del ragazzo», continua Porcari. «In questo modo i benefici tendono a essere di lungo termine, spesso permanenti, e si verificano cambiamenti positivi nella capacità dei bambini di confrontarsi con la loro malattia». Attualmente Dynamo Camp gestisce 18 programmi all’anno durante tutti i periodi di vacanza dalla scuola, con un massimo di 200 persone coinvolte per programma, di cui 90 bambini. «Stiamo lavorando per allargarci fino a ospitare 100 bambini per programma», spiega l’a.d., «e contemporaneamente ci attrezziamo per dare una risposta a situazioni più gravi e complesse ancora oggi non presenti». Inevitabile a questo punto chiedersi come sia possibile per la Fondazione Dynamo sostenere questa struttura, dove bambini e famiglie vengono accolti in maniera totalmente gratuita attraverso criteri esclusivamente medici di selezione. «La raccolta fondi è il cuore pulsante delle nostre attività che si sostengono grazie alle donazioni di individui, imprese, fondazioni private ed enti pubblici », chiarisce Porcari, che aggiunge come «la metodologia cui si ispira il fundraising è di tipo americano, ossia per obiettivi». Una metodologia che ha consentito di raccogliere 4,61 milioni di euro nel 2016, in linea con l’anno precedente.

L’approccio imprenditoriale della onlus

L’approccio imprenditoriale, connotato da efficienza e professionalità, non risparmia l’ambito della raccolta fondi. Anzi, è proprio qui che gioca il suo ruolo principale. «Il nostro development office dedicato a questa mansione è costituito da persone specializzate nelle varie fonti di raccolta», continua l’a.d. di Dynamo Camp. «C’è chi si occupa delle persone fisiche e delle famiglie, chi delle imprese, chi dei dipendenti, delle fondazioni bancarie. La specializzazione per fonti di raccolta è fondamentale e consente una maggiore efficacia, favorendo la creazione di una cultura della donazione». A oggi il 40% dei finanziamenti a Dynamo Camp arriva da individui, seguiti da aziende (37%) e fondazioni e associazioni (22%), con solo l’1% relegato alle risorse pubbliche. C’è però un altro elemento tipico delle organizzazioni non profit statunitensi in fase di sviluppo anche in Italia: quello della trasparenza e della misurabilità. «È un tassello fondamentale per costruire il nostro mosaico», conclude Maria Serena Porcari, «perché il donatore deve essere consapevole e coinvolto, deve essere nelle condizioni di scegliere a chi donare. Deve quindi conoscere. La strada della trasparenza e della misurazione permette al donatore di essere informato e di essere nelle migliori condizioni per poter donare e per poterlo fare con soddisfazione, con il risultato, anche, di incremento delle donazioni complessive».