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Attualità

Pastificio Antonio Amato, cinque arresti per il crack

La procura della Repubblica ipotizza reati fallimentari di natura distruttiva e dissipativa. Ai domiciliari amministratori e politici coinvolti nella vicenda dell’ex sponsor della nazionale italiana

Reati fallimentari di natura distrattiva e dissipativa che avrebbero contribuito, se non determinato, al tracollo di un’azienda storica del made in Italy il pastificio Antonio Amato. Sono queste le ipotesi di reato alla base delle ordinanze di custodia cautelare domiciliare notificate questa mattina dalla Guardia di Finanza a cinque tra manager e politici coinvolti nella vicenda del crack da 100 milioni di euro dell’azienda campana.

I provvedimenti sono stati emessi dal gip su richiesta del procuratore Franco Roberti, nei confronti di Giuseppe Amato, 38 anni (nipote del fondatore e amministratore di fatto dell’azienda), Paolo Del Mese (vicesegretario nazionale dell’Udeur), Mario Del Mese (nipote di Paolo e amministratore della Ifil C&D srl) Antonio Anastasio (consigliere provinciale Pdl) e dell’avvocato Simone Labonia.

I cinque avrebbero sottratto «in assenza di valide ragioni economiche e in maniera assolutamente non congrua e coerente rispetto alla controprestazione offerta disponibilità economiche della società complessivamente quantificabili in circa 10 milioni di euro». Il pastificio Antonio Amato sarebbe stato vittima di una «sistematica e continua opera di svuotamento a favore di soggetti che non avevano alcun titolo a ricevere denaro ovvero a favore di professionisti che, pur in presenza di una ragione, ne hanno ricevuti in misura non proporzionata rispetto alle prestazioni».