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Attualità

Paese che vai, liberismo che trovi

Mentre in Italia la parola liberalizzazione è per molte categorie professionali e per gran parte del terziario ancora un tabù, in altre nazioni del Vecchio Continente le cose sono già cambiate da un pezzo. Ecco come vi trovereste a vivere nelle più importanti capitali europee. In viaggio tra Milano, Londra, Madrid, Parigi e Berlino

Il dottor Mario Rossi è un manager milanese come tanti, ed è stato appena assunto da una multinazionale. Nella sua nuova esperienza di lavoro avrà l’occasione di viaggiare spesso all’estero, soggiornando a lungo nelle più importanti capitali europee: da Londra a Parigi sino a Madrid e Berlino. Cosa lo aspetta in tutte queste metropoli, quando salirà su un taxi o quando avrà bisogno di una farmacia o di un notaio? Business People ha provato a raccontarlo, per analizzare nel dettaglio come funzionano Oltreconfine quei settori in cui il governo Monti sta cercando di portare un po’ di concorrenza, dopo l’entrata in vigore dell’ultimo decreto sulle liberalizzazioni (convertito in legge alla fine dello scorso marzo). I trasporti urbani, la vendita di medicinali, i servizi energetici, o le libere professioni, all’estero sono soggetti a leggi o regolamenti molto diversi tra loro, a volte ispirati da un liberismo assai spinto, in altri casi da logiche di stampo chiaramente dirigista. Ecco una panoramica sulla realtà di alcuni Paesi del Vecchio continente, vissuta mettendosi nei panni di un manager qualunque come il dottor Rossi.

MILANO: IN UN PAESE DI EX MONOPOLISTI

Partendo da Milano, il signor Rossi si lascerà alle spalle un Paese dove i costi di molti servizi di pubblica utilità non sono proprio a buon mercato. Le bollette della luce e del riscaldamento, per esempio, in Italia sono ben superiori alla media europea anche se il settore energetico è stato liberalizzato nel 2007. La mobilità dei clienti tra le utility elettriche e del gas è però ancora molto bassa, e in tutta la Penisola il mercato rimane sotto il dominio degli ex-monopolisti Enel e Italgas o, nei grandi centri urbani, delle ex-municipalizzate come la milanese A2A. Pure nelle ferrovie, la concorrenza è ancora poca: qualcosa si sta muovendo nel segmento dell’alta velocità (con l’arrivo della Ntv di Luca Cordero di Montezemolo), mentre nei trasporti regionali il mercato è saldamente sotto il controllo del vettore pubblico Trenitalia (del gruppo Fs-Ferrovie dello Stato) o di operatori locali come Trenord, la joint venture siglata dalla stessa Fs con le Ferrovie Nord. Va detto, però, che i biglietti dei treni in Italia sono tradizionalmente più bassi della media europea e rendono poco conveniente l’ingresso sul mercato dei player esteri. Se vuole raggiungere in taxi l’aeroporto di Malpensa, il dottor Rossi pagherà invece 85 euro circa: una delle tariffe più alte in Europa. Va ricordato, però, che a incidere sul costo del servizio è in buona parte la grande distanza dello scalo aeroportuale dal centro città (45 km). I prezzi dei taxi meneghini, almeno sulla carta, non sono infatti troppo distanti da quelli delle principali città del Vecchio Continente (si veda la tabella), dove però il sistema di tariffazione è spesso diverso da quello italiano: a Parigi, per esempio, il pedaggio iniziale è sempre fisso e non include il pagamento di una tariffa aggiuntiva per la chiamata o per il tragitto che il tassista compie prima di prelevare il passeggero (un balzello che in Italia incide molto sul prezzo finale). Per l’esercizio della professione di tassista, invece, a Milano come nel resto del Paese, è necessaria l’autorizzazione rilasciata dal Comune (al pari di quanto avviene anche in altre città europee, con alcune eccezioni). Stesso discorso per le farmacie, che possono essere aperte soltanto con una licenza amministrativa, anche se il governo Monti, con il decreto sulle liberalizzazioni, vuole portare un po’ di concorrenza sul mercato: sono infatti in arrivo 5 mila nuove autorizzazioni per l’apertura di altrettanti punti vendita. Non va dimenticato, poi, che in Italia si stanno facendo strada due importanti categorie di operatori: le parafarmacie e i centri della grande distribuzione, che dal 2007 vendono i medicinali senza ricetta (e che, nei prossimi mesi, potranno commercializzare anche alcuni farmaci di fascia C, cioè quelli che richiedono la prescrizione del medico, ma che non vengono rimborsati dal servizio sanitario nazionale). Nel settore delle libere professioni, invece, il mercato italiano è senza dubbio molto più ingessato di quello di altri Paesi (soprattutto della Gran Bretagna). Soltanto sugli orari dei negozi Milano e l’Italia possono considerarsi più avanti del resto d’Europa nel processo di liberalizzazione. Dal gennaio scorso, infatti, nel nostro Paese non ci sono più vincoli per l’apertura degli esercizi commerciali, mentre all’estero permangono ancora alcuni divieti sugli orari domenicali.

LONDRA: LARGO ALLE CATENE FARMACEUTICHE

Se il signor Rossi avrà bisogno di un medicinale, non faticherà certo a trovare una farmacia aperta nella capitale britannica, dove ci sono molti punti vendita attivi anche 24 ore su 24. Questa opportunità deriva soprattutto dalla dimensione cosmopolita di Londra, più che dalla quantità di licenze per farmacisti disponibili nel Regno Unito. Anzi, in Gran Bretagna il numero di farmacie è più basso che in Italia, almeno in rapporto alla popolazione (ce n’è una ogni 4.700 abitanti, contro i circa 3.387 della Penisola).Va detto, però, che nel Regno di Sua Maestà un ruolo importante sul mercato è svolto da una categoria di operatori che nel nostro Paese hanno ancora uno spazio marginale: le catene di farmacie, come Alliance Boots, Lloyds Pharmacy e Superdrug, che hanno portato nel commercio dei medicinali le logiche della grande distribuzione organizzata, a suon di sconti e promozioni sui prezzi dei prodotti. La proprietà di questi punti vendita è detenuta da società di capitali, anche se il personale è rappresentato sempre da farmacisti professionisti autorizzati. A Londra, il signor Rossi non avrà certo problemi neppure a trovare un taxi, visto che in città abbondano. Qualunque cittadino britannico può infatti ottenere la licenza da tassista, purché abbia compiuto 21 anni e non risulti “macchiato” da precedenti penali. Per gli aspiranti tassisti è obbligatorio però sostenere un esame e seguire un corso preparatorio, che dura circa tre anni, costa in totale 600 euro e include anche l’apprendimento delle regole di galateo verso i clienti. Non a caso, i conducenti londinesi sono universalmente riconosciuti per la loro gentilezza con i passeggeri. Benché le barriere all’ingresso per l’esercizio della professione siano poche, la tariffa di un taxi nella capitale britannica non è meno alta di quelle italiane (28,6 euro all’ora contro i 26,6 di Milano). Bisogna tener conto, però, che sul Tamigi il costo della vita è sensibilmente maggiore che a sud delle Alpi. Chi, a Londra, ha invece bisogno di installare un’utenza domestica o di usufruire dei servizi di un professionista, non ha che l’imbarazzo della scelta. Il mercato del gas, dell’energia, della telefonia sono infatti completamente liberalizzati, al pari di quello dei servizi ferroviari, dove la concorrenza è alta e la proprietà della rete è rigidamente separata da quella dei gestori del trasporto. Per i liberi professionisti, invece, esistono degli organismi di categoria, analoghi agli Ordini italiani, che non possono però stabilire regole in materia di tariffe, ma vigilano soltanto sulla deontologia degli operatori. Molto limitato è anche il ruolo dei notai (notary public) che in Gran Bretagna, a differenza di quanto avviene nei Paesi di tradizione giuridica latina, hanno soltanto il compito di verificare l’autenticità delle firme dei contratti.

PARIGI: BARRIERE ALL’INGRESSO PER I TASSISTI

Pure nella capitale francese il signor Rossi non avrà difficoltà a trovare una farmacia aperta. Anche qui, come a Londra, l’ampia disponibilità dei punti vendita è legata però soprattutto alle dimensioni della città, piuttosto che al grado di liberalizzazione del mercato. Il numero di farmacie è infatti per legge proporzionale alla popolazione e, in Francia, è vicino a quello che si registra in Italia (un punto vendita ogni 2.800 abitanti contro i 3.387 del nostro Paese). Il prezzo dei medicinali è però più basso, poiché vige un regime di tariffe rigidamente amministrate, governato dal sistema sanitario nazionale (e tagliato su misura in base alle esigenze di chi ha un reddito basso). Per i taxi, invece, a Parigi e in Francia le barriere all’entrata sono consistenti e l’esercizio della professione è subordinato all’ottenimento di una licenza amministrativa. Il numero di tassisti nella capitale è però abbastanza elevato, anche se nelle ore notturne non è sempre facile trovarne uno disponibile. Secondo le statistiche ufficiali, le tariffe parigine per un’ora di trasporto in taxi sono più alte che a Milano (29,26 euro contro 28,6 euro). I dati vanno però letti con attenzione: sulle rive della Senna, infatti, a far crescere il prezzo è il trasporto di un eventuale bagaglio (che si paga-extra) mentre il pedaggio di partenza (2,3 euro) e la tariffa chilometrica (0,9 euro) sono più bassi di circa il 10-20% rispetto al capoluogo lombardo. Se a Parigi il signor Rossi necessiterà di spostarsi in treno o di allacciare un’utenza domestica, troverà invece un mercato poco aperto alla concorrenza (con l’eccezione di quello telefonico). Il settore elettrico è infatti quasi completamente in mano all’ex-monopolista di stato Edf, il cui dominio è insidiato blandamente da una serie di piccoli operatori, che hanno però una quota di mercato inferiore al 5% ciascuno. Stesso discorso per il comparto del gas, controllato pressoché interamente dal colosso pubblico Gaz de France e per i trasporti sui treni, dove a fare il buono e il cattivo tempo è la Sncf, l’equivalente delle nostre Ferrovie dello Stato. Meno rigide rispetto all’Italia sono invece le regole francesi per l’esercizio delle professioni: gli Ordini nazionali e locali vigilano infatti sulla pubblicità e il rispetto delle norme deontologiche da parte dei professionisti, ma non possono metter bocca sulle tariffe. In tutto il territorio transalpino, il numero di studi professionali è molto più basso che nella Penisola (gli avvocati, per esempio, sono quasi un quarto di quelli italiani). Fanno eccezione i notai, che sono più di 9 mila (uno ogni 7 mila abitanti) contro i di 5 mila circa del nostro Paese (uno ogni 12.877 abitanti).

MADRID: TANTE FARMACIE MA NIENTE MEDICINE NELLA GDO

Meno taxi che a Milano, ma più farmacie. È questa la realtà che il dottor Rossi troverà di fronte a sé ogni volta che si reca nella capitale iberica. In Spagna, per legge, i punti vendita di medicinali sono abbastanza numerosi: circa uno ogni 2.200 abitanti, il 33% in più che in Italia. Nella Penisola iberica, non è consentita però la commercializzazione di buona parte dei farmaci (compresi quelli senza ricetta) nelle catene della grande distribuzione, come invece avviene nel nostro Paese. Per i taxi (attualmente sono circa 15 mila, 3,1 ogni mille abitanti), l’esercizio della professione è subordinato a una licenza rilasciata dalla municipalità di Madrid, che stabilisce anche le tariffe. Pur regolamentati, i prezzi del trasporto sono però molto competitivi rispetto all’Italia: la tariffa di partenza è di 2,1 euro e quella chilometrica è attorno a 1 euro. Il costo orario è in media di 20 euro (contro gli oltre 26 di Milano). Il mercato iberico dei servizi di pubblica utilità si presenta invece con una realtà a macchia di leopardo. Il settore dell’energia, per esempio, è abbastanza concorrenziale e oggi è conteso soprattutto da due grandi colossi nazionali: Iberdola ed Endesa (finita nell’orbita di Enel dopo la privatizzazione). Mentre nei trasporti ferroviari la deregulation sta muovendo ancora i primi passi e il mercato (almeno nel trasporto dei passeggeri) è in grandissima parte in mano al gruppo statale Renfe. Per le professioni, in Spagna esistono degli organismi analoghi agli Ordini italiani che controllano la deontologia degli operatori attivi sul mercato e indicano anche i criteri con cui devono essere fissate le tariffe. Si tratta però di regole elastiche, poiché i prezzi delle prestazioni devono comunque essere adattati alla realtà del mercato, cioè maturare dopo una contrattazione tra lo stesso professionista e il cliente. Anche in Spagna, esistono i notai che vigilano sulla regolarità degli atti, come negli altri Paesi di tradizione giuridica latina. Il loro numero è però molto più elevato: uno ogni 6 mila abitanti, il doppio rispetto all’Italia.

BERLINO: LIBERA, MA NON COSÌ TANTO PER I PROFESSIONISTI

In Germania, l’accesso alla professione di farmacista è stata liberalizzata sin dal 1958, in seguito a una sentenza della Corte Costituzionale federale. Il numero dei punti vendita dei medicinali, in rapporto alla popolazione, non è però più alto che in Italia: uno ogni 4 mila abitanti, il 20% in meno che nel nostro Paese. Abbastanza elevata è invece la quantità di taxi disponibili a Berlino, le cui licenze sono state liberalizzate negli anni ‘90, anche se le macchine circolanti in città sono comunque inferiori nel numero rispetto a Milano: 1,9 ogni mille abitanti contro i 3,7 del capoluogo lombardo. Le tariffe berlinesi sono abbastanza competitive: il pedaggio di partenza è di 3 euro (contro i 3,2 di Milano), mentre il prezzo a chilometro è di 2 euro (un po’ più alto che in molte città italiane). Le corse per l’aeroporto sono però particolarmente a buon mercato e costano circa 30-35 euro. In Germania, il processo di liberalizzazione del settore energetico è iniziato circa dieci anni fa e oggi si trova in fase avanzata, con la presenza di diversi operatori. Stesso discorso per i trasporti ferroviari regionali, che nei Land tedeschi vengono messi a gara e hanno visto l’ingresso sul mercato di soggetti privati come il gruppo Veolia. Per i treni a lunga percorrenza, invece, il colosso ferroviario statale Deutsche Bahn mantiene una posizione dominante. Nel settore delle libere professioni, la Germania non viene considerato oggi un paese liberalizzatore. Anche a Berlino, come nelle altre principali città tedesche, esistono infatti Ordini che possono fissare le tariffe minime di alcune categorie di professionisti. Per i notai, l’assetto del mercato è molto simile a quello dell’Italia. In tutta la Germania, gli studi notarili sono infatti pochi: c’è n’è uno ogni 10 mila abitanti, una cifra ben al di sotto di quella che si registra in Francia o Spagna.