
L'Ocse boccia ancora una volta l'università italiana. Pochi laureati di primo livello, pochi studenti nei programmi legati alle professioni e - unica buona notizia - molti dottori magistrali (3+2): il 20% e tre punti in più della media Ocse). In tutti gli altri confronti con gli altri 34 Paesi più industrializzati del mondo, dunque, la Penisola è agli ultimi posti. Il dossier Education at a Glance 2015 indica i numeri più pesanti: solo il 42% dei diplomati si iscrive (terzultimi dopo il Lussemburgo e il Messico) e di conseguenza solo il 34% degli italiani raggiunge un'istruzione terziaria (la media Ocse è quasi il 50%). Gli atenei italiani, inoltre, sono poco attrattivi per gli studenti stranieri: nel 2013 erano appena 16 mila (compresi gli immigrati permanenti), contro i 46 mila in Francia e i 68 mila in Germania. E solo un'università su cinque ha proposto almeno un programma d'insegnamento in lingua inglese.
In generale, l'Italia è agli ultimi posti per numero di laureati: il 17% degli adulti possiede un titolo di studio terziario, come in Brasile, Messico e Turchia. In questi Paesi, però, la differenza di stipendio tra laureati e diplomati supera la media Ocse (160%), mentre da noi è solo del 43%. Numeri simili per l'occupazione: nel 2014 il 62% dei laureati tra 25 e 34 anni era occupato in Italia, 5 punti in meno rispetto al 2010. Come in Grecia. E anzi, il Belpaese con la Repubblica Ceca è l'unico Stato con un tasso di occupazione 25-34 anni più basso tra i laureati che tra i diplomati.
«La prospettiva di un ritorno d'investimento relativamente basso e incerto, dopo un lungo periodo trascorso nel sistema dell'istruzione», dice l'Ocse, «potrebbe spiegare l'interesse limitato dei giovani italiani ad intraprendere gli studi universitari». Il 35% dei 20-24enni non ha un lavoro, non studia, né segue un corso di formazione: i cosiddetti Neet, la seconda percentuale più alta dei Paesi Ocse. «Per i giovani che hanno difficoltà a trovare un lavoro, la prospettiva di proseguire gli studi è raramente considerata come un investimento che potrebbe migliorare le loro opportunità di successo sul mercato del lavoro».
Un problema anche di qualità, dato che i laureati italiani «hanno difficoltà a sintetizzare le informazioni provenienti da testi complessi e lunghi». Al titolo di studio non corrisponde dunque un set di competenze adeguato. Con la Spagna e l'Irlanda, abbiamo registrato i tassi più bassi in termini di lettura e comprensione (literacy). Colpa degli investimenti: 10.071 dollari per studente, due terzi della spesa media Ocse? No, dato che meno di noi spende il Lussemburgo. Forse invece dell'età media degli insegnanti, la più alta in assoluto di tutti i Paesi sviluppati: nel 2013 il 57% di tutti gli insegnanti della scuola primaria, il 73% degli insegnanti della scuola secondaria superiore e il 51% dei docenti dell'istruzione terziaria avevano compiuto o superato 50 anni. E gli stipendi - trai più bassi - premiano proprio l'anzianità «senza alcun riconoscimento del merito come in Finlandia e in Francia».