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Il segreto del mio successo

Da venditore ambulante a ceo di un’azienda da oltre un miliardo di euro l’anno grazie a un impegno costante per… la pulizia. A partire dalle toilette. È la storia di Hidesaburo Kagiyama e della sua teoria, il management by cleaning

A chi gli chiede qual è la ricetta del suo successo, Hidesaburo Kagiyama risponde candidamen­te: «Penso di doverlo al fatto che ho continuato, con perseveranza e coerenza, la pulizia dei bagni». Alla soglia degli 80 anni, il presidente e fondatore della Yellow Hat, multinazio­nale giapponese di ricambi automobilistici che fattura oltre un miliardo di euro l’anno, ha ormai lasciato ai suoi eredi il timone dell’azienda, ma non per concedersi un po’ di riposo, bensì per diffondere la sua filosofia di vita e, parole sue, «migliorare il mon­do». Niente male per uno che afferma: «Personalmente non ho nessuna competen­za superiore a quelle degli altri. Non ho neanche un’abilità speciale negli affari, né una particolare scaltrezza. A essere franco, anche nelle relazioni mi trovo a disagio e non ritengo di avere alcuna forma di leadership. Non trovo nessun’altra ragio­ne perché una persona mediocre come me sia riuscita a continuare le attività di business fino a oggi, al di fuori del fatto che, attraverso la pulizia dei ba­gni, ho perseverato, in modo quasi im­possibile a tutti, nel compiere ciò che chiunque può fare». C’è da rimanere perplessi di fronte a cotante dichiarazioni, ma i risultati gli danno ragione. Non solo quelli della sua azienda, ma anche quelli ottenuti da diverse altre imprese giapponesi ri­sorte iniziando a seguire la sua teoria manageriale quando erano ormai sul­l’orlo del fallimento. Business People ha avuto la possibilità di incontrarlo in concomitanza con l’uscita di Toilet cleaning management (Guerini e asso­ciati), la prima edizione ita­liana di un suo libro.

Signor Kagiyama, come le è venuto in mente che la pu­lizia potesse avere tanta im­portanza? L’ho imparato da giovanissi­mo. Subito dopo la Secon­da Guerra Mondiale la mia famiglia viveva in una baracca, ma i miei genitori erano molto pignoli riguar­do alla pulizia e tenevano la casa a puntino. Così non mi sono mai sentito miserabile nemmeno nel terribile do­poguerra. L’ambiente in cui si vive è fondamentale, se è sporco, anche la mente e il cuore delle persone ven­gono corrotti.

Dunque, ha sempre messo in atto questa sua strategia? Sì, ho iniziato già prima di mettermi in proprio, quan­do lavoravo come dipendente in un’altra azienda. Ma poiché non capivo il modo di vivere e l’atteggiamen­to manageriale del presidente, dopo otto anni decisi di lasciarla. La Royal (ora Yellow Hat, ndr) ha avuto inizio in quel momento, con me che correvo qua e là in bicicletta come venditore ambulante.

I suoi dipendenti, i manager soprattutto, come hanno preso l’idea? A quei tempi l’economia giapponese cresceva vertigi­nosamente ed era difficilissimo trovare personale. Se oggi chi ha bisogno di dieci dipendenti si ritrova con 300 candidati, allora anche pubblicando annunci non si presentava nessuno. Così, quando poi ho trovato gli impiegati necessari, non potevo fare richieste che andassero “oltre la normalità”. E poi sentivo che forzare le persone non avrebbe funzionato. Allora ho comin­ciato a farlo io, con la mia famiglia. All’inizio non ca­pivano, non esitavano a usare il gabinetto mentre io ero lì a fianco che strofinavo. C’è voluto del tempo, ma con gli anni hanno cambiato atteggiamento e iniziato a seguire il mio esempio. Una volta che cominci a pu­lire e sperimenti la soddisfazione di avere una toilette immacolata, non riesci più a lasciare sporco.

E ora anche altre aziende hanno cominciato a segui­re il suo esempio… C’è un principio di fondo che sto seguendo fin dal­l’inizio: non basta che migliori la mia azienda, perché questa cresca e prosperi è necessario che di pari passo migliorino anche le altre del comparto e tutti gli al­tri settori. Così sono sempre stato disposto a spiega­re la mia strategia e mostrarne i risultati anche i competitor. È andata così anche con Yoshihito Tanaka, presidente della Tokai Shinei Electronics (Tsk). Inizialmente scettico, poi si è fatto addirittura promoto­re della nascita delle onlus Learning by cleaning association, che dal Giappone sono arrivate prima in Cina e Taiwan, poi anche in Brasile e negli Usa.

Senta, capisco perfettamente che un ambiente pu­lito e ben tenuto faccia bene agli affari: rende più piacevole per i dipendenti andare a lavorare e i macchinari hanno vita più lunga. Ma non si può affidare il compito a una ditta di pulizie? È completamente diverso ciò che si prova se ci si è impegnati personalmente nella pulizia. Vede, in genere sono tre i principali difetti delle persone in azienda: scarsa consapevolezza su quanto le circonda, incapacità di agire per cambiare ciò che non funzio­na e, soprattutto, forte mancanza di pazienza, intesa come costanza e spirito di sopportazione. Ecco, por­tando avanti l’attività di pulizia questi tre difetti ten­dono immancabilmente a scomparire.

PER APPROFONDIRE

PERCHÉ PULIRE I BAGNI?Recita così il poster affisso nelle toilette degli uomini degli uffici della Yellow Hat. Non il solito cartello che chiede di lasciare la toilette pulita, ma un documento programmatico che ben riassume i principi di fondo del toilet cleaning management… LEGGI DI PIÙ

TOILET CLEANING MANAGEMENTÈ il titolo del libro di Hidesaburo Kagiyama edito in Italia da Guerini e associati (traduzione di Rosario Manisera), che contiene 365 riflessioni concise ed efficaci. Una al giorno per un anno.