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Classicamente innovativi

Sono gli accessori, la pelletteria e il pret-à-porter di casa Gucci. Che dopo novant’anni esatti di storia spinge ancora oltre il marchio, definendo icone e prodotti sempre più must-have. Intervista a Patrizio Di Marco, presidente e ad della maison fiorentina

Ci sono brand che nel mondo sembrano racchiudere in sé l’essenza stessa del made in Italy. Merito della sapiente scelta dei materiali e della maestria artigianale nel saperli assemblare in linee che hanno la capacità di rinnovarsi nel tempo, senza mai tradire l’idea originaria di chi come Guccio Gucci nel 1921 ebbe a fondare in quel di Firenze quello che oggi – a novant’anni esatti – è il primo marchio italiano nella classifica Interbrand tra i 100 brand globali (al 39 posto tra i migliori del pianeta). E a Firenze la storia della maison si conferma con l’inaugurazione, lo scorso settembre, di Gucci Museo, all’interno del Palazzo della Mercanzia, in Piazza della Signoria: 1.715 metri quadrati disposti su tre piani. Un regalo – abbinato al libro tributo Gucci: The making of (52 saggi inediti e oltre 700 immagini) – che, come conferma in questa intervista il presidente e a.d., Patrizio di Marco, Gucci ha voluto regalarsi per celebrare non solo il suo passato, ma per confermare quanto esso faccia indissolubilmente parte del presente e del futuro del marchio.

GUCCI HA I NUMERI

2,256

i miliardi fatturati nei primi nove mesi del 2011 (+19,7% sul 2010)

37

è la quota percentuale delle vendite registrate in Asia Pacific (a giugno 2011). Il 30% avviene in Europa occidentale, il 17 in Nord America, l’11 in Giappone, il 5 nel resto del mondo

57

è la percentuale di fatturato totalizzato dalla pelletteria, il 13 arriva da calzature e abbigliamento, il 5 da orologi, il 3 dalla gioielleria, il 9 da altro (nel 2010)

345

negozi a gestione diretta (a giugno 2011) in tutto il mondo

Tradizione e innovazione: come si sposano in un marchio che ha il prestigio e la responsabilità di avere una storia lunga novant’anni?

In effetti, trovare l’equilibrio perfetto tra queste due anime è il segreto che ha sempre fatto di Gucci – non solo oggi – un marchio di lusso leader in tutto il mondo, autentico, rilevante e all’avanguardia. È stato Guccio Gucci, dunque all’origine della nostra storia, a iniziare a combinare questi due aspetti del dna dell’azienda, ad esempio facendo del bamboo uno dei simboli iconici del marchio, in risposta alla scarsità di materie prime negli anni ’40. Senza innovazione, creatività, ricerca e sviluppo non si avanti. Anche la più solida delle tradizioni, se non si rinnova, muore.

Secondo lei, qual è lo spirito che ha animato il direttore creativo, Frida Giannini, nel rivisitare e reinterpretare in questi anni l’archivio storico di casa Gucci?

Frida – che è in azienda da dieci anni – ha un rispetto altissimo per i nostri archivi e per le diverse forme di creatività che hanno portato questo marchio a compiere novanta anni in estrema salute. Al tempo stesso capisce che i tempi sono cambiati, che i clienti sono mossi da esigenze diverse e cercano un significato e un valore particolare nei prodotti. Per questo mi piace dire che oggi in Gucci abbiamo chiuso il cerchio e siamo tornati alla visione originaria del fondatore Guccio: la tradizione e la storia del marchio sono fonte di ispirazione per Frida, la quale, grazie alla sua creatività, spinge sempre oltre il marchio, definendo nuove icone e nuovi prodotti che diventano subito dei must-have.

Lei è al vertice dell’azienda da quasi tre anni. È stato un periodo molto difficile per l’economia mondiale…

Quando ero stato chiamato in Bottega Veneta erano appena crollate le Torri Gemelle, dunque è scritto da qualche parte che ogni volta che mi viene affidato un nuovo incarico lo scenario macroeconomico debba essere particolarmente avverso. Come dico ai miei collaboratori, è in questi casi che si deve usare la testa meglio di altre volte, essere tempestivi e lungimiranti nelle decisioni. In questi anni abbiamo gradualmente riposizionato verso l’alto il marchio, indirizzando gli sforzi di tutte le aree in questa direzione, con particolare attenzione a quelle che secondo me sono le variabili chiave per il successo: il prodotto, le persone, i negozi. A tre anni dal mio insediamento, le performance finanziarie e soprattutto gli apprezzamenti dei clienti, ci hanno dato ragione.

Nel settembre scorso avete inaugurato a Firenze il Museo Gucci. È un passaggio, un doveroso tributo celebrativo o che altro?

È un regalo che ci siamo voluti fare per il nostri novant’anni, nella città che ha visto nascere e crescere questa azienda, e ancora oggi impiega oltre 1.300 persone direttamente e migliaia in modo indiretto. Ma è un regalo che è destinato a rinnovarsi, a essere vivo, a proporre mostre ed esibizioni temporanee. Vuole diventare un luogo pulsante della città, dove si respira la storia di questo marchio.

Esiste un fil rouge che unisce le attività – profondamente italiane – di Gucci con quelle degli altri marchi (da Bottega Veneta a Yves Saint Laurent, passando per Brioni recentemente acquisita) che fanno parte di un gruppo – altrettanto profondamente francese – come Ppr?

Siamo consapevoli di essere tra gli ambasciatori più importanti del made in Italy nel mondo, come lo è il nostro azionista, con il quale condividiamo – seppur in piena autonomia strategica e gestionale – obiettivi e performance. Lavorando nel gruppo da dieci anni, posso testimoniare che la collaborazione e la condivisione di esperienze è ricca di spunti utili per tutti i marchi. Credo che ci siano soltanto aspetti positivi nel far parte di un portafoglio ben diversificato di brand come quello di Ppr.

Nel 2010 avete presentato un programma di iniziative eco-friendly per la progressiva riduzione dell’impatto delle attività dell’azienda sull’ambiente, e il lancio della prima collezione Gucci per bambini. Com’è stato sviluppato il primo? E quali sono le matrici stilistiche (e strategiche) che legano la linea bambini alle linee più adulte?

Oggi le aziende, non solo del lusso, sono giudicate sempre più in funzione di come agiscono all’interno della propria comunità e del proprio ambiente di riferimento, se lo fanno in modo sostenibile e socialmente corretto. Gucci ha iniziato questo percorso molti anni fa, in modo volontario, e l’introduzione dell’eco-packaging è stato un passaggio naturale, non certo l’ultimo. Interamente dedicato alla collezione per bambini abbiamo un team apposito che garantisce autonomia creativa, sempre all’interno di linee guida del marchio. Il mercato ha dimostrato di apprezzare molto l’ingresso in questo segmento, a testimonianza che il brand è forte e simbolo di creatività e qualità assoluta. Il tutto, rigorosamente made in Italy, nel rispetto degli standard di responsabilità sociale che ci siamo imposti.

Cos’era il lusso nel 1921 e cos’è diventato nel 2011?

La possibilità di apprezzare in un prodotto la creatività che lo ha concepito, la qualità dei materiali che lo compongono, la passione e la competenza delle mani che gli hanno dato forma, dopo ore di lavoro attento, e cura per il dettaglio. Tutte caratteristiche che oggi, come novant’anni fa, fanno di un prodotto Gucci un prodotto di lusso. In un mondo che viaggia a una velocità non paragonabile a quella di allora, e con un numero di concorrenti sempre crescente e di alto livello, il consumatore pone molta più attenzione a questi valori.

TECHNO EXPERIENCE

La maison fondata novant’anni fa da Guccio Gucci ostenta oggi un’anima ipertecnologica. Si chiama Gucci Style by Gucci lo shopping magazine interattivo per iPad e iPhone, con contenuti disponibili in otto lingue. Lanciato nell’ottobre 2009, ha generato 1.411.292 download a ottobre 2011. “Gucci Immersive Retail Experience” è invece l’innovazione che consentirà, in due anni, un’interazione con i clienti nei punti vendita monomarca di Gucci nel mondo. L’installazione video, curata dalla società hollywoodiana OOOii, è costituita da quasi cinquanta wall display Lcd disposti lungo le pareti del negozio. I clienti potranno godersi le sfilate come se si stessero svolgendo davanti a loro, grazie alle riprese in 5k.

Credits Images:

PATRIZIO DI MARCO (49 anni), presidente e amministratore delegato di Gucci dal 2008, ha un passato professionale tutto nel fashion business: prima in Giappone per il gruppo finanziario tessile di Marco Rivetti, tra il 1993 e il 1998 in Prada America e, a seguire, nel marketing di Louis Vuitton Usa. Sbarca nel 2001 in Bottega Veneta. In apertura, due immagini della campagna “Forever Now” che celebra i novant’anni del marchio. Al centro, l’attore James Franco testimonial della creatività per “Made to Measure”, nuovo servizio sartoriale di Gucci