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Cannavale (Bravofly): «Non servono idee rivoluzionarie»

Meglio seguire la strada delle implementazioni. E’ la convinzione del fondatore di eDreams e Volagratis, che ha appena debuttato in Tv come giudice di “Shark Tank”, il primo tablet a misura di start up, e mira a trasformare il suo gruppo nella Apple del turismo

La maggior parte dei curriculum vitae finiscono per essere una successione di impieghi lavorativi, parentesi professionali e riconoscimenti scolastici. Poi ci si imbatte in personalità come Fabio Cannavale e, di colpo, quel didascalico documento diventa la più affascinante sintesi del carisma di un imprenditore. Cannavale ha conseguito la laurea in Ingegneria al Politecnico di Milano e un master in Business Admnistration presso l’Insead, per poi fare tutt’altro, ossia consulenza. Per tre anni ha lavorato in ATKearney, poi è passato alla McKinsey&Co.

Dopodiché ha pensato bene di prendersi una pausa sabbatica: nel 1996 ha preso il largo – letteralmente – recandosi dall’Italia ai Caraibi in barca, insieme alla moglie. Un viaggio monstre che ha ispirato il suo attuale business: una unconventional company di traveling on line. Cannavale è, infatti, il papà di eDreams.it e del motore di ricerca Volagratis.it. da cui è poi nato il gruppo Bravofly, che ha recentemente comprato la società lastminute.com. E ora al cv di Cannavale si aggiunge una nuova nota di colore, che la dice lunga sulla sua apertura verso tutto ciò che è creatività e innovazione: da maggio è uno dei cinque giudici-imprenditori del nuovo talent di Italia1, Shark Tank. Un format nato per premiare le start up più interessanti: in studio cinque “squali”, tra cui appunto Cannavale, decidono se investire o meno i (propri) soldi nell’idea di volta in volta esposta dai concorrenti. «Parte del mio mestiere consiste proprio nel valutare le start up. Shark Tank mi permette di vederne una settantina nel giro di 15 giorni, quindi ho accettato», spiega Cannavale.

I numeri di Bravofly

Tuttavia si tratta pur sempre di un programma d’intrattenimento: non temeva che le regole della tv potessero falsare la bontà dello scouting? Non le nascondo che, sulle prime, ero un po’ scettico sulla qualità delle aziende. Invece devo ammettere che la maggior parte sono state interessanti. Almeno l’80% del mio tempo è stato ben speso.

Cosa vuol dire, oggi, innovare? Personalmente credo che la strada da seguire sia quella delle implementazioni, piuttosto che delle idee rivoluzionarie. È inutile inventare la ruota: è molto meglio farla girare bene. Noi stessi con Volagratis non abbiamo ideato niente: abbiamo portato in Europa qualcosa che in Usa esisteva già. Però l’abbiamo implementata a regola d’arte.

Quali sono i principali ostacoli all’innovazione?La difficoltà non sta tanto nell’avviare una nuova azienda. Anzi. Per chi vuole raccogliere soldi, in questo momento in Italia ci sono tantissime opportunità. Quello che è difficile è far crescere la start up e trasformarla in una multinazionale. Il primo ostacolo è tutto italiano e attiene alla preparazione culturale: non a caso tutte le start up italiane quotate in Borsa hanno a capo degli imprenditori con un master all’estero.

Esisterebbe, quindi, un problema di preparazione scolastica? Sì, tendenzialmente le start up tradiscono una preparazione molto bassa. Il secondo ostacolo è di natura burocratica. Se dovessimo inventare un modo per complicare il lavoro dell’imprenditore, in Italia troveremmo già tutto, tra diritto del lavoro, fisco, permessi. Il terzo ostacolo è invece comune sia all’Italia che all’Europa e consiste nella mancanza di investitori forti. In Usa, quando le start up fanno il salto raccolgono cifre superiori a 100 milioni. Da noi non è così.

E’ LA PASSIONE CHE FA LA DIFFERENZA.

PER INNOVARE CI VUOLE CUORE.

E I PRIMI CLIENTI SIAMO NOI

A voler dar retta al suo cv, sembra che lei per innovare abbia preferito industrializzare i propri interessi anziché seguire le indagini di mercato… Esatto: è la passione che fa la differenza. Per innovare, serve il cuore. Senza contare che, tra l’altro, i primi clienti siamo noi. Per esempio, per capire il mondo del travel non bastano gli studi sulla user experience: occorre aver viaggiato, aver provato quel volo o quell’albergo. Le stesse ricerche di mercato non servono a innovare perché sono indagini che guardano al passato. Come Steve Jobs, credo sia inutile chiedere a un consumatore cosa voglia, perché non lo sa. Sei tu che devi scoprire i suoi bisogni e desideri futuri. I viaggi sono stati uno dei settori più penalizzati dalla recessione.

Lei come è riuscito a tenere la barra dritta? Non mi sono fossilizzato sull’Italia: il Belpaese al momento rappresenta il 15% del mio fatturato. Purtroppo vedo molti colleghi concentrarsi troppo sull’Italia, ma quando si crea un’impresa non si può non tener conto che il Paese rappresenta meno dell’1% del pil del mondo. Tant’è vero che le imprese tricolori che vanno bene sono quelle che esportano almeno il 90%.

Per questo ha anche fatto velocemente i bagagli dall’Italia? Ho fondato l’azienda qui ma poi, già nel 2008, ci siamo trasferiti in Svizzera: come dicevo, in Italia ci sono troppi ostacoli per la crescita di una start up. La Svizzera invece risulta al primo posto di tutte le classifiche sui Paesi dove è più facile fare business.

Con l’ingresso di lastminute.com, quali prospettive si aprono per il gruppo? La mia ambizione è diventare un unconventional leader del travel mondiale: se Booking.com è paragonabile, come potenza, a Microsoft, noi vogliamo essere gli Apple del settore travel, ossia una realtà più piccola ma con una leadership distintiva. Comprando lastminute.com, abbiamo potuto raddoppiare il nostro fatturato e, al contempo, abbiamo preso il brand più riconosciuto a livello europeo, essendo lastminute più vecchio di Booking ed Expedia. Infine, Lastminute vanta una competenza molto forte su tutto quello che è la vendita degli alberghi grazie a “top secret hotel”.

So che lei sceglie con particolare cura i manager. Che caratteristiche devono avere per lavorare con lei? Non devono essere degli yes man. Premio molto l’imprenditorialità, la capacità di confronto, la personalità e la creatività. In una parola, la leadership. Avendo io un carattere molto forte, non temo di essere oscurato da altre personalità ma, anzi, le incoraggio e mi circondo di leader. Anche perché solo avendo a fianco persone di questa caratura, è possibile delegare e portare così avanti più attività.

Credits Images:

Fabio Cannavale, 48 anni, ha tre grandi passioni: la barca a vela, i viaggi e la partecipazione attiva nei settori emergenti. Dopo un esordio lavorativo nel mondo della consulenza, ha trasformato il suo amore per il viaggio in un lavoro