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Niente permessi, Ikea se ne va da Torino

Dopo Pisa cancellato anche lo store previsto nel comune di La Loggia. Perso un investimento da 70 milioni e almeno 250 posti di lavoro

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Ikea fugge dall’Italia. Dopo aver rinunciato, appena due mesi fa, all’apertura dello store di Vecchiano, in provincia di Pisa, adesso il colosso svedese cancella un’altra apertura al suo piano di sviluppo di espansione in Italia. Il megastore di La Loggia, comune dell’hinterland torinese, non si farà. La Provincia di Torino non ha infatti accordato a Ikea il cambio di destinazione d’uso – da agricola a commerciale – dei 160mila metri quadrati sui quali avrebbe dovuto insediarsi: paventato il rischio di una speculazione immobiliare. Motivazioni diverse – nel caso di Pisa la ritirata era stata giustificata da un’eccessiva dilazione dei tempi (oltre sei anni per l’autorizzazione comunale all’insediamento) – ma stesso risultato: investimento cancellato. Svaniti i 60 milioni di euro che Ikea aveva preventivato di investire nel progetto del negozio che avrebbe portato almeno 250 nuovi posti di lavoro. «Per Ikea quella di La Loggia rappresentava l’unica localizzazione possibile per un secondo punto vendita in Piemonte – si legge in una nota ufficiale del gruppo svedese – un investimento importante pensato con priorità al rispetto per l’ambiente e all’efficienza delle infrastrutture viarie. La risposta negativa – prosegue – delude le aspettative e porta il Gruppo Ikea a sospendere l’investimento spostandolo nel Sud Europa».

Le polemiche

Una dipartita, questa torinese, sulla quale già infuriano le polemiche. Al centro delle critiche Antonio Saitta, presidente della Provincia e firmatario del rifiuto. Da Confindustria Piemonte che, attraverso il suo segretario generale Paolo Balistreri, parla di una decisione discutibile in quanto «in questo momento prima di dire no a un insediamento industriale, e quindi a nuovi posti di lavoro, bisogna pensarci molto bene». Accuse che Saitta non accetta: «Il ricatto o lì o ce ne andiamo non è accettabile e gli industriali dovrebbero saperlo molto bene. Se si vuol fare uno stabilmente industriale lo si fa su terreni adibiti a quella funzione e non su terreni agricoli». Ma reazioni dure arrivano anche dalle istituzioni locali, come ad esempio quella del parroco del comune di La Loggia: «Il presidente Saitta ci ha rubato il futuro. È così che ci sentiamo e cioè defraudati da una grandissima opportunità di lavoro e di sviluppo».