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Completo 2022: Roma ospita a settembre il campionato del mondo di equitazione

Si terrà a Pratoni del Vivaro la competizione più varia e coinvolgente della disciplina ippica. Cavalieri e amazzoni confluiranno nella Capitale da tutto il mondo

«Non un’ora di vita è sprecata, se trascorsa in sella». Il detto è attribuito a Winston Churchill, ma chiunque abbia provato una volta nella vita a cavalcare non può che concordare. L’emozione di fendere l’aria in perfetta sintonia con l’animale che si monta ha pochi eguali. A livello sportivo, poi, l’equitazione, nelle sue infinite varietà di specializzazioni e stili, è l’unico sport che si basa non solo sulla prestazione dell’atleta, uomo o donna che sia, ma sul legame che questi sa creare con l’animale con cui forma un inscindibile binomio. Le gare, i trofei, le medaglie non appartengono, infatti, ai singoli cavalieri e amazzoni, ma a loro e ai rispettivi cavalli.

Attività sportiva affascinante e complessa, in Italia spesso ancora elitaria per i costi e le dislocazioni dei maneggi, l’equitazione è un mondo multiforme. Non ci sono solo i concorsi ippici, gli eventi mondani con cappellini strani cui la Corona inglese ci ha abituati o le amazzoni da copertina (da Charlotte Casiraghi alla figlia di Bruce Springsteen): l’equitazione è fatta di concorsi complessi, anzi “completi” di nome e di fatto. Per il “concorso ippico completo” – questo il nome corretto nella sua interezza – e per il nostro Paese il 2022 è un anno importante: in calendario c’è, infatti, il Campionato del mondo, una competizione che in questo settore ha la cadenza delle gare olimpiche e si disputa una volta ogni quattro anni.

L’appuntamento è al rientro dalle vacanze estive, dal 14 al 18 settembre, al Centro Equestre Ranieri di Campello ai Pratoni del Vivaro, nel comune di Rocca di Papa, un’oasi di verde, pace e natura a misura di zoccolo, creata con lungimiranza oltre 60 anni fa. Bisognava infatti all’epoca trovare uno spazio adatto per le Olimpiadi che si svolgevano a Roma – quelle del 1960 con l’etiope Abebe Bikila che vinse la maratona a piedi scalzi, quelle in cui si esibì sul ring il grande Cassius Clay – per ospitare l’attesa prova del completo, con tanti cavalli provenienti da nazioni diverse. Serviva uno spazio adatto non solo per la gara ma anche per le scuderie, le prove, gli allenamenti, l’accoglienza delle squadre e dei veterinari. I cavalli giunti in Italia trovarono a Rocca di Papa, tra i Colli Romani, la temperatura perfetta per la gara, senza le distrazioni e i rumori della città. Da allora tutta quell’area è diventata uno dei più importanti centri equestri del nostro Paese e in autunno, in occasione dell’importante evento sportivo, accoglierà cavalieri e amazzoni provenienti da tutto il mondo.

Il concorso completo (per gli inglesi eventing) è un concorso ippico che si articola su una serie di prove che mirano a valutare quello che nell’ippica viene chiamato “il binomio”, cioè la capacità di cavaliere e cavallo di concorrere insieme alla vittoria. Non si è sempre chiamato così: nell’Ottocento il completo veniva detto military, perché erano i soldati a doversi sottoporre a quel genere di prova per capire se fossero adatti a far parte del corpo di cavalleria. Solo nel Novecento la declinazione ludica dell’equitazione ha decretato il cambio di passo, stabilendo una serie precisa di tre prove da superare in tre diversi giorni, la cui classifica combinata genera il risultato finale del concorso, appunto, “completo”.

La prima prova è quella base dell’ippica: l’addestramento. Il cavallo e il cavaliere o l’amazzone entrano in un rettangolo di gara sul cui perimetro sono state predisposte diverse lettere che rappresentano il punto di riferimento per l’esecuzione di una serie di movimenti come il passo, il trotto e il galoppo. Spetta a una giuria esperta valutare l’esecuzione, in una successione prestabilita. Sotto la lente ci sono le reazioni dell’animale alle indicazioni del suo cavaliere: reagisce subito? Si avvia in maniera serena, elastica, pacifica? Al cambio di passo come risponde: è contratto o naturale? Quando l’andatura aumenta segue solo il suo istinto o si affida alle indicazioni di chi è in sella? Parte del fascino dell’ippica sta nell’indeterminatezza delle risposte: ogni binomio ha una sua specificità, ogni cavallo è diverso dall’altro, ogni cavaliere o amazzone ha il suo piglio. Ai giudici l’arduo compito di valutare, al pubblico il piacere di questa successione. Questo è solo il primo momento della gara, quello più pacato.

La seconda parte punta tutto sulla forza: è la prova di fondo o di campagna in cui si valutano la resistenza fisica, la potenza, il fiato dell’animale e di chi lo monta. Per gli appassionati è questo l’apice di spettacolarità della gara: al cavallo e al cavaliere è richiesta la massima espressione atletica, un mix perfetto di allenamento, preparazione e affiatamento. In passato, spesso capitava che in questa porzione di gara avvenissero le cadute e gli incidenti più clamorosi e negli ultimi tempi, specie per tutelare gli animali, sono stati predisposti solo ostacoli naturali e limitate le velocità.

Arriva poi il terzo momento, cui accedono solo i concorrenti i cui cavalli abbiano superato un severo controllo veterinario. Siamo al salto a ostacoli, forse la prova più amata dal grande pubblico. Gli ostacoli e i salti si susseguono uno dopo l’altro, ma non come accade nel vero concorso di salto a ostacoli: qui ciò che conta non è l’altezza proibita del salto, ma la capacità del cavaliere di riportare il cavallo a un ritmo fluido dopo il cross, quasi fosse un minuetto, una danza accelerata ma comunque composta. Il successo del completo – e ciò che lascia intendere che anche al prossimo Campionato del mondo in Italia il pubblico non mancherà – è che si tratta di una gara in cui ci si emoziona, ci si sorprende, ci si appassiona: anche chi non è grande esperto di ippica non può che rimanere affascinato dal tipo di rapporto, intimo e intenso, che si viene a creare tra chi cavalca e chi è cavalcato.

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