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Auto, mai più taglie forti

A diminuire però non sono le misure interne ed esterne o le prestazioni. Bensì il peso: tutte le grandi case automobilistiche hanno messo a dieta ferrea i loro modelli di punta. Ora si spera che a guadagnarci un po’ sia il portafoglio

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Se non proprio obese, sicuramente sono in sovrappeso: le auto di oggi messe a confronto sulla bilancia con le loro progenitrici dimostrano chiari sintomi di bulimia. Un esempio? La citycar più elegante degli anni ‘70 e ‘80, la Lancia Autobianchi A112 (foto in basso a sinistra), pesava 670 chilogrammi ed era lunga 3,2 metri, mentre una delle sue eredi, la Smart di seconda generazione, è più corta di 50 centimetri ma di chili ne pesa ben 750. Colpa o, meglio, merito della tecnologia e della sicurezza. Rispetto alla vetturetta dei tempi che furono l’odierna microcar ha in più, tra l’altro, i vetri elettrici con i rispettivi motorini elettrici, il servosterzo, gli airbag, il sistema antislittamento, l’aria condizionata, le barre anti-intrusione nelle portiere, centraline elettroniche assortite e l’Abs. Tutta roba di una certa stazza, tutte cose alle quali gli automobilisti dell’era moderna non rinuncerebbero per tutto l’oro del mondo. Sta di fatto che aumentare il peso significa inevitabilmente incrementare il consumo, ed ecco perché, nonostante i progressi epocali fatti nella progettazione dei motori, le vetture di oggi non bevono poi molto meno rispetto a quelle di ieri: la piccola Autobianchi, se guidata con giudizio, faceva in media quasi 18 chilometri con un litro, una performance ottenuta grazie alla sua «ma­grezza», che sarebbe giudicata ottima an­che per un’auto da città dei nostri giorni. Ed ecco la sfida che si trovano di fronte i progetti­sti di tutte le case costruttrici: far dimagrire le loro creature per renderle compatibili con i prezzi dei carburanti che rischiano ogni giorno nuove impennate verso l’alto, na­turalmente senza nulla togliere ai diritti acquisiti in ter­mini di comfort e sicurezza. La guerra ai chili di troppo è trans-nazionale, e si combatte su vari fronti. Partiamo dalla Gran Bretagna, dove sotto il patrocinio e gli investimenti degli indiani della dinastia Tata, la pros­sima Range Rover è stata sottoposta a una cura che le ha fatto perdere 420 kg di peso rispetto al modello che man­da in pensione: da 2,5 a due tonnellate. Per raggiunge­re questo risultato, che ha l’obiettivo di farle percorrere quasi 15 km con un litro di gasolio, l’ossatura della Ran­ge Rover 2013 è ora interamente in alluminio, con un ta­glio del 39% della “ciccia”, e tutto il resto è stato rigo­rosamente razionalizzato, a cominciare dai pulsanti, che oggi fanno le stesse funzioni ma numericamente sono la metà. Il risparmio anche di pochi ettogrammi deriva poi da sospensioni, porte, cerchi in lega, sedili, finestrini, altezza della vettura mantenendo invariata la sicurezza e il comfort. Adesso andiamo in Giappone, sponda Toyota: l’ultima versione della Auris è un po’ più lunga della precedente e tocca quota 427 cm, ma a seconda delle versioni pesa una cinquantina di chili in meno grazie al maggiore uso di acciai ad alta resistenza nella scocca (che aumenta la rigidità del 10%) e a un affinamento certosino delle so­spensioni, degli arredi e dei materiali utilizzati per la co­struzione dei moto­ri. Ancora più effica­ce è stata l’operazio­ne dieta subita dalla Mazda 2. La casa nippo­nica snocciola i dati: meno 22 chilogrammi per il telaio, meno 13 per le sospensioni, meno tre alla voce freni e via via fino al meno uno degli altoparlanti del sistema Hi Fi, per un totale di un quinta­le tondo tondo risparmiato. Lo stesso risultato è stato ot­tenuto per la più grande Mazda 6 e sempre 100 chili gua­dagnano in media, passando dal Sol Levante alla Germa­nia, le Volkswagen Golf della settima generazione rispet­to a quelle della sesta dinastia. Così la vettura tedesca ar­riva a consumare fino al 23% in meno e riduce le emis­sioni di Co2 di quasi il 14%. Bilancia a parte, questi risul­tati sono stati ottenuti scegliendo pneumatici a bassa re­sistenza al rotolamento, rapporti più lunghi al cambio, il sistema start/stop e una lunga serie di affinamenti aerodi­namici per applicare alla lettera il motto della carrozzeria Touring Superleggera che recitava: «Se il peso è il nemi­co, la resistenza all’aria è l’ostacolo». La lotta ai chili di troppo non è solo figlia della compassione delle case au­tomobilistiche per i martoriati portafogli dei loro clienti, ma anche delle imposizioni della Commissione europea, che obbligherà presto i costruttori a mantenere la media di tutte le vetture vendute al di sotto della soglia dei 130 grammi/km di emissioni di CO2, dato che si concretizza in un consumo di 19,2 chilometri con un litro per le vetture a benzina e di 22,2 km/litro per le diesel. E qui la parola magica o, se preferite, la nota dolente per i progettisti è «media», un termine che impone tanta so­brietà anche ai modelli della gamma alta e, soprattutto, consumi da record per quelli più economici, che così po­tranno compensare la presenza nei listini di qualche auto da ricchi un po’ sbevazzona. Così sono schioccate le fru­ste, tutti i componenti vanno migliorati per ottempera­re al diktat di Bruxelles. I pneumatici non potranno fare molto: negli ultimi 15 anni le nuove mescole e i nuo­vi criteri di progettazione delle carcasse hanno portato a una riduzione dei consumi dell’1% e i tecnici stimano che nel prossimo decennio si possa fare altrettanto ma non di più. Non promettono di più i maghi dell’aerodinamica, condizionati dalle crescenti dimensioni delle vetture, che si traducono anche in sezioni frontali che sono superiori del 20-30% a quelle degli anni ‘80 e ‘90: e, del resto, tor­nare ai tempi in cui piccolo era bello è impensabile per questioni di comodità e sicurezza. E allora si torna al punto di partenza, alla dieta forzata. La prima casa a puntare il suo all-in sulla leggerezza è sta­ta l’Audi con la A2: alluminio profuso a piene mani per arrivare nella versione più leggera a soli 895 chilogrammi e al consumo incredibilmente basso della versione Tdi da 1.200 centimetri cubi, che riusciva a percorrere più di 33 chilometri con un litro di gasolio. Non costava poco, la A2, ma poteva ripagarsi da sola nell’arco di qualche deci­na di migliaia di chilometri. Ma non ebbe il successo spe­rato, solo 175 mila esemplari venduti, soprattutto a causa di un peccato di presunzione: il cofano motore era blinda­to, si potevano solo aggiungere i liquidi essenziali rimuo­vendo la mascherina anteriore. Nelle intenzioni il messag­gio era «questa macchina non si rompe mai, perché acce­dere al vano motore?», nella realtà i consumatori tradusse­ro «se c’è un problemino sei costretto ad andare in un’offi­cina autorizzata e a pagarla a tassametro, ovvero a tre volte il costo del meccanico sotto casa». Insomma: l’idea c’era, la magrezza pure, i consumi erano ridotti ai minimi ter­mini al punto di far dimenticare un prezzo assolutamente non popolare, ma il marketing troppo aggressivo ha fatto harakiri. Per ovviare ai costi delle auto interamente realizzate in alluminio, adesso l’Audi sperimenta strutture miste: sul­l’ultima TT l’alluminio rappresenta il 69% del peso del telaio, mentre il nuovo maxi-Suv Q7 guarda con orrore i 350 chili in più che aveva quello vecchio. «Mettendo in­sieme i risparmi di peso di Renault Clio, Volkswagen Golf e Audi A3 (in totale 290 chilogrammi, ndr) il prossimo anno verranno emesse in atmosfera 90 mila tonnellate di CO2 in meno», ha scritto sul mensile Quattroruote il desi­gner Leonardo Fioravanti, autore, tra l’altro, di numerose Ferrari. Ai progettisti della casa di Maranello, a onor del vero, la dieta è imposta non tanto dal contenimento dei consumi, quanto dalla ricerca di prestazioni estreme. Un esempio lampante è la F12 Berlinetta, missile terra-terra da 740 cavalli che passa da zero a 200 chilometri orari in 8,5 secondi: la vettura pesa solo 1.525 chilogrammi gra­zie, tra l’altro, a una scocca composta da 12 differenti le­ghe di alluminio, con il gradito effetto collaterale di una riduzione del 30% dei pit stop dal benzinaio. La cugina Maserati Quattroporte compie un altro exploit. Rispetto al modello precedente è più lunga (circa 20 cm), più larga e offre un supplemento di 80 litri nella capacità del bagagliaio, eppure pesa un centinaio di chili in meno. Protagonista della sfida alla bilancia è ancora una volta l’alluminio, che in questo caso rappresenta il 60% del­l’upper body e il 35% della scocca. Il metallo delle latti­ne viene impiegato per fare le portiere, il cofano motore, i parafanghi anteriori e il cofano posteriore. Il sotto-te­laio anteriore è in fusione di alluminio con una struttura di rinforzo per una maggiore compattezza in tutte le dire­zioni, mentre la sezione posteriore è in acciaio per dare la giusta rigidezza e l’ottimale distribuzione delle masse. E se anche il Tridente e il Cavallino si mettono a dieta non ci sono più dubbi: i tempi delle taglie troppo forti sono finiti per sempre, con grande scorno di chi esercita il commer­cio nel ramo dei derivati del petrolio.

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HA PERSO 420 KG. Dall’esterno non si direbbe, ma la Range Rover 2013 è molto più leggera della precedente versione. Ora pesa “solo” due tonnellate. La cura dimagrante è servita a farle percorrere 15 km con un litro di diesel