Auto diesel: la fine può attendere

Una Waterloo, una Caporetto o, se preferite, una clamorosa débacle: in Italia nel 2019 il Diesel è sceso del 22%, a fronte di una crescita dell’elettrico del 110%. Detto che quest’ultimo dato si riferisce a circa 10 mila esemplari venduti su un totale di quasi 2 milioni, praticamente uno 0,5%, la fossa per i diesel potrebbe sembrare già scavata. Insieme con i dati statistici, infatti, a intonare il de profundis per il Diesel sono i recenti scandali utilizzati ad hoc per accusare questa tecnologia di essere altamente inquinante e incompatibile con la modernità ambientale. La pistola fumante? In molte città viene decretato lo stop perfino per gli euro 6... 

«È un’isteria collettiva, le macchine a gasolio dell’ultima generazione hanno emissioni di particolato e ossido di azoto prossime allo zero e comunque uguali ai motori a benzina», dice salendo sul banco dei testimoni della difesa Gaetano Thorel, d.g. del Groupe Psa Italia, «che se sono, per esempio, euro 3 inquinano molto di più». E chi crede di salvarsi la coscienza perché guida un’ibrida dovrebbe approfondire il problema e capire bene di che cosa sta al volante: «Le plug-in, quelle che si caricano alla spina, emettono in media meno di 60 grammi di CO2 al chilometro e sono le più virtuose, mentre quelle standard arrivano fino a 95 grammi per chilometro, una cifra già alta che viene superata, a volte anche ampiamente, dai veicoli noti commercialmente come Micro hybrid o Mild hybrid», continua nella sua arringa Thorel. Certo, quando il top manager di una casa automobilistica difende i suoi prodotti il rischio di un conflitto di interessi è sempre presente.

La parola passa, dunque, ad Altroconsumo, l’associazione italiana che ha fatto parte del pool di quelle che hanno testato le emissioni dei modelli più recenti, quelli nati dopo che le regole dei controlli si sono fatte molto più severe sull’onda dei vari dieselgate. Contro ogni pronostico è emerso che oggi un propulsore a gasolio ben progettato inquina meno di uno equivalente a benzina. Il verdetto, quindi, sembra essere inevitabile e prevedere l’assoluzione della tecnologia brevettata dall’ingegnere tedesco Rudolph Diesel nel 1892. Teoria avvalorata anche da Danilo Rossi, ingegnere italiano che da 15 anni lavora allo sviluppo dei propulsori Audi: «Il nostro nuovo sei cilindri a V Diesel elettrificato non è solo l’espressione di una tecnologia raffinatissima», dice, «ma paradossalmente si potrebbe sostenere che grazie alle sofisticate tecniche di eliminazione di ossidi e particolato, l’aria che esce dai tubi di scappamento è più pulita di quella che entra nel motore ad alimentare la combustione».

Bentayga Diesel Dark Cashmere

Che il Diesel abbia anche degli assi da giocare addirittura nei confronti della propulsione elettrica lo sostiene poi il centro studi Ces-Ifo di Monaco di Baviera, uno dei più prestigiosi della Germania, autore di un confronto tra diesel e motori elettrici che ha come base il settore dell’energia tedesco, il quale dopo aver bandito il nucleare si trova in una fase di transizione, durante la quale oltre la metà dell’energia elettrica tedesca è prodotta usando combustibili fossili. «Lo studio è ampio e vale solo per la Germania, ma un esempio che riporta chiarisce la questione. I ricercatori hanno confrontato le emissioni di CO2 di una Mercedes C220d, con motore Diesel, e quelle di un Modello 3 della Tesla, elettrica», scrive Danilo Taino sul Corriere Della Sera . «Una volta che si considerano tutte le emissioni dovute all’estrazione del petrolio, alla sua trasformazione in gasolio e al trasporto al distributore, la Mercedes emette 141 grammi di anidride carbonica per ogni chilometro che percorre. Considerando invece la produzione della batteria e la sua ricarica, le emissioni della Tesla sono tra i 155 e i 180». 

Attenzione, però, l’assassino è sempre in agguato. «La fine del gasolio è inevitabile», dice lapidario Ugo Bardi, docente di Scienze matematiche, fisiche e naturali all’Università di Firenze, «ma non per le ragioni che ci raccontano: il vero killer sarà il mercato internazionale del petrolio». Ma come? Basta fare un giro su internet per scoprire che le riserve mondiali di oro nero basteranno per decenni se non per secoli… «Il fatto è che il petrolio è un po’ come il vino e il formaggio, ce ne sono di tanti tipi diversi». L’argomentazione scientifica a questo punto si fa lunga e articolata ma, in estrema sintesi, il sugo consiste nel fatto che per fare il gasolio ci vuole il petrolio “pesante” la cui produzione, contrariamente a quella del “leggero” (ottimo per fare la benzina), è in continuo calo dal 2007. Fino a quando ce ne sarà per tutti? «A contenderselo nei prossimi anni saranno il trasporto navale, che per vari motivi sta abbandonando l’olio combustibile, quello su strada e altri usi industriali e le auto private», dice Bardi, «e quando la coperta sarà troppo corta a rimanere al freddo, ossia a secco, saranno gli automobilisti, perché loro possono farne a meno e il trasporto internazionale no, pena un disastro economico planetario». Che fare, dunque, se si sono messi gli occhi su una diesel della new generation? Comprarla o rinunciare? Dipende. Chi usa l’auto, soprattutto in città, farà meglio a pensarci bene, perché è in atto quella che Pierpaolo Antonioli, direttore esecutivo a livello mondiale per lo sviluppo del diesel di General Motors definisce «una guerra ideologica al gasolio», al punto che di city car a gasolio nei listini non se ne trovano quasi più. Giusta o sbagliata che sia, ormai è scoppiata ed è meglio farsene una ragione. Ma se, al contrario, le vostre quattro ruote calcano soprattutto i palcoscenici autostradali cambia tutto e la vecchia idea di herr Rudolph torna di botto competitiva per il fatto che le ibride, anche se plugin, diventano di colpo soltanto delle benzina appesantite da pacchi batterie inutili in un’Italia in cui le centraline di ricarica restano rare come i quadrifogli in un prato irlandese.

Bmw-X6

Per i grandi costruttori c’è da farsi venire il mal di testa. Il problema è su che cosa puntare visto che, come afferma Antonioli, «nei Paesi emergenti e in particolare in contesti non metropolitani e in territori poco urbanizzati i motori a combustione interna resisteranno alla concorrenza dell’elettrico per decenni, forse anche oltre 30 o 40 anni». Prova a rispondere all’enorme quesito Markus Schäfer, membro del Board of management del Gruppo Daimler, che dice: «La strategia vincente consiste nell’investire su un intelligente mix composto da propulsori a combustione interna, ibridi plug-in ed elettrici, magari alimentati a idrogeno». Gli fa eco Mary Barra, amministratrice delegata di General Motors dal gennaio 2015: «Puntiamo a ridurre a zero il traffico, l’inquinamento e gli incidenti, ma bisogna essere realistici, quindi per il momento lavoriamo sull’elettrico per le grandi città ma anche su diesel e benzina sempre più puliti.

L’idrogeno? Per le auto costa troppo e sarà disponibile su scala industriale solo tra 20 o 30 anni». In definitiva, il gasolio forse è morto nei maxi-centri urbani, ma continuerà a viaggiare insieme a noi ancora per un bel po’. «Nel 2030 le auto diesel in Europa saranno praticamente estinte e le elettriche sbancheranno in Cina ma non, per esempio, in India o in Indonesia e neppure in Australia, in Africa e in quasi tutti gli stati del Sud America», dicono ai piani alti di General Motors, sottolineando che stanno per mettere sul mercato un sei cilindri tre litri assai pulito destinato agli automobilisti a stelle e strisce. «Ma anche se fosse possibile salvare le vetture a gasolio vogliamo veramente farlo?», conclude Ugo Bardi, «e che cosa faremo quando scarseggerà la benzina? Meglio, forse, non perdere tempo con tecnologie obsolete e muoversi verso una mobilità basata sulla trazione elettrica e sulle energie rinnovabili».