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Auto, come e cosa guideremo nel 2026?

Stravolte tutte le convenzioni in fatto di modelli, gli automobilisti del domani devono prepararsi a cambiare abitudini arrendendosi a propulsori puliti, una privacy ridotta e connettività costante delle vetture. Ma senza rinunciare all’emozione delle prestazioni

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Sono passati solo dieci anni, ma per il mondo delle quattro ruote è come se fosse scivolato via mezzo secolo. Sì, perché nel 2006 regnava ancora la specializzazione, nel senso che quando pensavi di acquistare un’auto, dovevi fare una scelta netta: una classica berlina, una pratica station wagon, un’aggressiva coupé o un capiente Suv? Non c’erano dubbi, invece, sul tipo di motorizzazione, dato che i turbodiesel stavano surclassando i propulsori a benzina, le ibride rappresentavano una nicchia presidiata in Italia quasi solo dalla (costosetta) Toyota Prius e le elettriche dure e pure erano roba da marziani obnubilati dalle apparentemente visionarie promesse della cultura green. Sul fronte delle dotazioni, fermi restando gli airbag, l’aria condizionata e l’Abs, il navigatore era di serie solo su vetture della fascia medio-alta, mentre la maggior parte degli automobilisti si faceva orientare dai vari TomTom e Garmin appiccicati in qualche modo al cruscotto.

Un panorama che agli uomini e alle donne medi di oggi, accomodati su un crossover con sensori di parcheggio e telecamera per la retro come minimo sindacale degli accessori di serie, sembra giurassico. Eppure sono trascorsi, appunto, soltanto due lustri. Già, e allora come e cosa guideremo nel 2026? Scordiamoci, per prima cosa, le Google e le Apple car, quelle che si guidano da sole, anche se hanno già macinato milioni di chilometri soprattutto sulle strade della California. Per renderle veramente possibili ci vorranno nuove regole, codici della strada ribaltati come calzini e, soprattutto, statali e autostrade all’altezza delle nuove tecnologie, come dire che i più ottimisti collocano nel 2020 il Big bang dell’intelligenza artificiale al volante.

ANCHE LE ASSICURAZIONI CAMBIERANNO:

CHI ACCETTERÀ DI FARSI SORVEGLIARE

DALLA SCATOLA NERA RICEVERÀ SCONTI

CONSISTENTI SULLE POLIZZE AUTO

La vera rivoluzione possibile, anche se non necessariamente gradita, sarà quella delle polizze assicurative. I moduli per la constatazione amichevole diventeranno materiale per i musei dei trasporti, resi inutili dalle scatole nere capaci di monitorare 24 ore su 24 il nostro comportamento al volante. Aver fatto un incidente viaggiando a pochi chilometri orari oltre il limite vigente significherà avere torto senza se e senza ma, togliendo tra l’altro molto lavoro agli avvocati specializzati in cause a quattro ruote. Gli esperti prevedono anche uno sdoppiamento delle tariffe: chi accetterà i controlli tecnologici pagherà poco, chi li rifiuterà invocando il diritto alla privacy, sborserà invece moltissimo. In compenso, assicurare il proprio veicolo contro il furto costerà meno, soprattutto se il mezzo in questione è una supercar dal prezzo a sette cifre, dato che le auto sottratte al legittimo proprietario potranno essere bloccate in remoto con sistemi che, giurano gli sviluppatori dei software del futuro, saranno impenetrabili per la stragrande maggioranza delle bande di ladri.

Le carrozzerie non subiranno rivoluzioni, nel senso che la formula crossover sembra, secondo gli analisti del design, destinata a durare. Non saranno più come prima, invece, i tetti delle vetture, non più in lamiera ma trasformati in pannelli fotovoltaici che per i superstiti modelli a benzina e a gasolio assicureranno la carica alla batteria anche dopo lunghe soste in garage, ma che saranno ben più utili alle ibride e alle elettriche, ovvero alle motorizzazioni che avranno praticamente il monopolio del mercato 2026. Un metro quadrato di silicio posto sopra la nostra testa potrà aumentare l’autonomia anche di 50 chilometri nelle belle giornate e alla brutta, siamo pur sempre in Italia, rimediare (anche se in tempi più lunghi) all’eventuale assenza di colonnine di ricarica nella zona.

Gli ottani, insomma, saranno solo un caro ricordo per chi avrà le tempie più bianche che grigie, perché le elettriche dure e pure la faranno da padrone. Vuoi per la maggiore diffusione della coscienza ecologica vuoi, soprattutto, perché i motori a combustione interna nelle città avranno la stessa accoglienza degli untori di manzoniana memoria. I propulsori a scoppio esisteranno ancora, ma soltanto sulle ibride ad altissima tecnologia, ovvero quelle capaci di funzionare più in modalità elettrica che non bruciando derivati del petrolio.

L’era elettrica, comunque, non cancellerà la corsa alle superpotenze, anzi: se 600 cavalli oggi sono un’eccezione per emiri, presunti evasori totali e affini, domani saranno alla portata di molti se non di tutti. Lo dimostra una vettura contemporanea ma all’assoluta avanguardia come la Tesla Model 3, la «piccola» del costruttore californiano Elon Musk, che offre come optional il «Ludicrous Speed Upgrade», che consente di pompare le prestazioni del motore elettrico garantendo partenze brucianti. Per intenderci, per passare da zero a 100 chilometri orari bastano cinque secondi e mezzo, un’eternità se il tempo viene confrontato con il modello più estremo della casa statunitense, che per terminare la stessa prova cronometrica impiega circa tre secondi.

Naturalmente si tratta di un’elettrica per diversamente abbienti, ma a ben guardare le classifiche di vendita del 2015 aiutano a capire quali macchine incontreremo nel 2026 sulle strade. Al primo posto tra le elettriche c’è la Nissan Leaf, al secondo la Renault Zoe, al terzo la Citroën C-Zero e, appena sotto al gradino più basso del podio, la Smart Fortwo. Capito? Tutti modelli forse non alla portata di ogni tasca, ma di molte sì. Prendete la Leaf: ha un prezzo d’attacco di circa 24 mila euro, viaggia a emissioni zero e scorrazza per 200 chilometri senza aver bisogno di un boccale di corrente alla spina. E che dire della Zoe? Il prezzo è più o meno lo stesso e l’autonomia è di 140 chilometri, cioè l’equivalente di una settimana di tragitti medi tra casa e ufficio. La C-Zero è un po’ penalizzata, secondo i siti specializzati, sul fronte del “serbatoio”, ma comunque in città rappresenta la bacchetta magica per ignorare con orgoglio ecologista le telecamere che sorvegliano le zone a traffico limitato.

Siete inguaribili smanettoni e vi sentite ingolositi dalle potenzialità attuali e, soprattutto, future delle auto che fanno il pieno di watt? Calmate i bollori. Se avete il sangue di Vettel nelle vene, e se il profumo degli ottani vi eccita più di uno Chanel N°5, vi conviene sfogarvi adesso perché i 90 all’ora sulle statali e i 130 in autostrada tra dieci anni saranno un dogma assoluto grazie a tutor e diavolerie tecnologiche assortite. In città, poi, i 50 all’ora potrebbero essere un vecchio caro ricordo, dato che il fronte dei 30 si sta facendo strada e tra un decennio potrebbe aver avuto la meglio. Ecco perché i sistemi di intrattenimento di bordo stanno diventando sempre più raffinati: se non puoi pestare sul gas, tanto vale che ti goda in pieno relax una sinfonia di Beethoven, la performance di un trio jazz o un indemoniato pezzo metal.

I volanti avranno al centro una nicchia in cui inserire lo smartphone, indispensabile appendice delle auto di domani. Che, secondo alcuni esperti in caso di necessità, potranno lanciare dei piccoli droni per osservare, per esempio, qual è il motivo di un’improvvisa coda in autostrada. Se vi pare un azzardo, accontentatevi di una certezza: ai navigatori del prossimo futuro mostrare la realtà che ci circonda non basterà più, saranno capaci di anticiparla con la complicità di sistemi radar che andranno a integrare l’azione di sensori e telecamere. Si dovrà, invece, aspettare fino al 2020 per inforcare gli occhiali in grado di visualizzare quello che sta per avvicinarsi prima di noi attraverso il parabrezza. Più che una realtà aumentata, insomma, una realtà anticipata al servizio della sicurezza.

A proposito: tra dieci anni anche le utilitarie saranno capaci di monitorare le funzioni vitali del guidatore attraverso volante e cinture di sicurezza e, in caso di emergenza, di chiamare in automatico i soccorsi. E siccome fidarsi dell’uomo (o della donna) è bene, ma non fidarsi è meglio, si inizieranno a vedere sperimentazioni di sistemi programmati per non rispondere ai comandi umani se questi rischiano di causare un incidente. Proprio come nella seconda legge della robotica ipotizzata negli anni ’40 del secolo scorso dallo scrittore Isaac Asimov, sensori e servocomandi fermeranno la macchina se sta per finire in un fosso o tamponare il veicolo che la precede.

Altre primizie? Una sia pur piccola rivoluzione consisterà nella definitiva rottamazione di chiavi e telecomandi, rimpiazzati dal riconoscimento facciale, da quello vocale o dall’ancor più raffinata lettura degli occhi o delle impronte digitali. Peccato che ai ladri basterà comunque spaccare un vetro per tentare il furto, consapevoli però del fatto che un Gps nascosto potrebbe farli finire in cella. Tempi duri, insomma, attendono i topi d’auto, ma anche chi fa della privacy un dogma. Sì, perché con la complicità di smartphone e tablet, le auto saranno connesse sempre e comunque. Anche in questo caso rassegnatevi: se fate benzina a un determinato distributore, finirete per ricevere prima o poi da un call center della concorrenza le consuete telefonate per tentare di farvi cambiare bandiera. Una rottura di scatole? Ovvio, ma forse nel 2026 ci sarà una legge che vieterà nel modo più assoluto di scocciare chi non ha consentito esplicitamente di farlo. Forse.

Credits Images:

La Tesla Model 3, la “piccola” della gamma 100% elettrica di Elon Musk, offre come optional la possibilità di un upgrade di cavalli