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Gusto

Vino: un miracolo chiamato Bolgheri

In soli 25 anni la Doc toscana è riuscita ad affermarsi a livello internazionale e divenire uno dei più grandi successi enologici italiani. Vi segnaliamo le realtà da tenere d’occhio

Il nostro Giosuè Carducci non avrebbe potuto immaginare che i cipressi di cui scrisse, «che a Bolgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar», un giorno avrebbero ospitato una celebrazione del vino italiano, fresca di festeggiamenti per i 25 anni della sua Doc di maggior successo. Sono 57 le aziende che fanno parte di questo piccolo grande miracolo e producono vini che strappano prezzi di prestigio. E dire che in un mondo dove ci vogliono centinaia di anni per affermarsi, diventare qualcuno in un quarto di secolo sembra fantascienza. A Bolgheri il vino è sempre stato coltivato, ma mai puntando alla qualità più eccelsa, come decise di fare Mario Incisa della Rocchetta con il suo Sassicaia a partire dagli anni 50, per poi arrivare al primo vero imbottigliamento nel 1968 e ai grandi successi negli anni 80. Da allora buona parte del gotha dei produttori nazionali ha tentato la strada dei vitigni bordolesi in salsa toscana, come i cugini (degli Incisa) Antinori (Tenuta Guado al Tasso), i Frescobaldi con Ornellaia, Gaja con Camarcanda, Allegrini con Poggio al Tesoro, Meletti Cavallari con Grattamacco, poi rilevato da Collemassari e alcuni imprenditori come Cinzia Merli de Le Macchiole, Michele Satta e Giovanni Chiappini.

Una corsa che ha trovato freno solo nella saggia decisione del consorzio di non allargare molto i confini della denominazione. E ancora oggi non mancano le sorprese e le nuove aziende da tener d’occhio prima che i prezzi delle loro bottiglie raggiungano cifre importanti. Dei primi sette soci fondatori del consorzio, ad esempio, il Guado de’ Gemoli di Giovanni Chiappini è un vino dall’importanza storica unica: punteggio di 100/100 nella 2009 e poi da allora un crescendo di solidità e piacevolezza, da uve Cabernet Sauvignon e Merlot con un tocco di Cabernet Franc. Cabernet Franc protagonista assoluto, invece, in casa Fornacelle con il Foglio 38, oltre che nei vini cult come Paleo de Le Macchiole, Dedicato a Walter di Poggio al Tesoro e Matarocchio Antinori.

Donne Fittipaldi è una realtà al femminile con un Doc avvolgente, di ritmo e sostanza. Tenuta Sette Cieli produce il Noi4, dolce, con sentori marini, ma una struttura decisa. I Tirreni si fanno notare con il Beccaia e le sue note di more, genziana e spezie scure; nomen omen per Eucalyptus di Dario di Vaira, il cui Clarice è sempre balsamico e mentolato. Proseguendo, Stanislaus Turnauer dall’Austria con Tenuta Argentiera e Fabio Motta dalla Lombardia possono dire di essere arrivati alla grandezza con le ultime edizione dei loro vini: Villa Donoratico e Argentiera per il primo, i Pievi e Le gonnare per il secondo. Anche Podere Sapaio e il gruppo Knauf vengono “da fuori”, ma possono dire di avercela fatta con un Adèo popolarissimo e un Arnione sempre più ricco. Castello di Bolgheri, infine, non è una novità, ma ha tenuto le sue dimensioni a livello artigianale e la gioia che sa regalare il loro grand vin nelle ultime edizioni è davvero rara.

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Tenuta Argentiera © photo Daniela Marchi