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Gusto

Terry Giacomello: nato per stupire

Lo chef di Inkiostro ha portato nell’antica città ducale di Parma una creatività vulcanica, che sfrutta la scienza per unire gusto e bellezza, garantendo sempre qualcosa di nuovo ai suoi clienti

Millefoglie di patata, una Spirale d’uovo, la Falsa mezza manica con salsa, torta fritta e aceto balsamico, il ricordo di un bambino ovvero un Sorbetto di Big Bubble con succo di cactus, le Meduse… difficilmente si può ricordare un anno di attività e creatività così accesa in un ristorante italiano com’è stato quello di Terry Giacomello nel suo locale tra l’A1 e l’antica città ducale di Parma. Da settembre 2015, da quando ha preso in gestione l’Inkiostro, subentrando all’illustre collega Franco Madama, Giacomello non si è fermato un secondo nella sua ricerca del gusto e del piacere del cliente, attirando da ogni parte d’Italia e d’Europa gli appassionati della creatività in cucina. Non poteva essere diversamente dato il suo straordinario curriculum internazionale, sviluppato lavorando nelle più prestigiose cucine del mondo: a El Bulli con Ferran Adrià, al Mugaritz di Michel Bras e il Dom di San Paolo. Oggi per le sue creazioni si sprecano aggettivi e iperboli, perché sembra davvero vicino alla perfetta fusione tra innovazione tecnologica e romantici ricordi classici e golosamente grassi, che riescono ad allontanare lo spettro della freddezza di alcune preparazioni.

In un momento in cui tutti parlano di trattorie e ritorno al gusto classico, la sua cucina è moderna, raffinata e sembra nata per stupire: come mai questo indirizzo così in controtendenza? La mia idea e il mio sogno come cuoco, la mia poetica si potrebbe dire, è regalare emozioni alle persone. È il motivo per cui entro in cucina e credo che molti vadano al ristorante per trovare qualcosa di diverso da quello cui siamo abituati. Non vorrei certo deluderli! Inoltre, mi piace sentirmi libero di creare a 360 gradi, e poi bisogna rendersi alternativi in una zona dove di cucina tradizionale ce n’è già molta. Con questa c’è un confronto continuo, ma è un punto di partenza per approdare ad altro.

La sua ricetta più celebrata di recente sono le Meduse: può raccontarci come nasce un piatto così particolare? Provando e sperimentando in continuazione. A volte avendo un’intuizione, altre da semplici errori. Di certo, la collaborazione con Davide Cassi, docente di Chimica e fisica dell’alimentazione all’Università di Parma, ci permette di confrontarci periodicamente sulla parte più teorica dell’alimentazione: gli chiediamo come poter raggiungere determinati risultati attraverso la scienza, che assicura costanza e praticità alle preparazioni. Le meduse non sono ancora pronte al 100%, ma quando lo saranno sarà stato un lavoro di gruppo straordinario.

Qual è il rapporto tra estetica e gusto, avanguardia e soddisfazione del cliente? Diciamo che il rapporto è quasi paritario, nel senso che le persone che vengono da noi sanno più o meno cosa potranno trovare nel nostro ristorante. Il mio lavoro è sempre stato focalizzato sul rendere il gusto sempre presente sotto l’estetica, sul non far mai passare in secondo piano la soddisfazione di mangiare un piatto rispetto alla sua bellezza. Sarebbe molto più semplice pensare solo all’estetica, che pure è in grado di modificare moltissimo la percezione del sapore di una preparazione gastronomica.

Oggi si parla di tecnica meno che in passato, ma nella sua cucina è fondamentale. Come è nata e cosa le ha portato la collaborazione con Davide Cassi? La tecnica è fondamentale in cucina e oggi questo fatto è sotto gli occhi di tutti grazie a uno dei miei maestri: Ferran Adrà. Ma la tecnica è sempre stata fondamentale, e ci vogliono molto studio, prove, errori e ricerca prima di ottenere un risultato soddisfacente. La mia collaborazione con Davide nasce dal fatto che lui ha conoscenze fisico-chimiche degli alimenti che noi cuochi non abbiamo (o abbiamo cominciato a studiare solo di recente), conoscenze che ci aiutano ad arrivare prima a una soluzione. Ci permettono di dare più spazio all’immaginazione e curare l’idea di un piatto prima ancora di essere vincolati alla sua possibilità di realizzazione.

Come ha fuso le sue importanti esperienze spagnole con il gusto italiano?

InkiostroVia San Leonardo 124, 43122 ParmaTel. 0521 776047

ristoranteinkiostro.it

E qual è stata la risposta del pubblico? Sicuramente l’inizio è stato molto difficile, ma, se credi nel lavoro che fai, alla fine riesci a soddisfare la maggior parte dei clienti che, volta dopo volta, sono disposti a seguirti. Fondere i gusti non è stato così faticoso perché, in fondo, si tratta di due cucine mediterranee. Il difficile è stato far capire il lavoro che facciamo prima di servire un piatto, oltre alle consistenze di certi prodotti e ingredienti nuovi che vengono di tanto in tanto introdotti nel menu e che la gente non conosce.

Inkiostro è a Parma, centro dell’industria italiana del cibo, e la sua cucina di avanguardia sembra poterne fare a meno. Come vive questo rapporto? Dopo quasi due anni qui, e da friulano emigrato molto presto dalla sua terra, posso dire di viverlo serenamente, cercando di fare al meglio il mio lavoro e di migliorarmi giorno dopo giorno. Credere in ciò che faccio mi rende felice, così come riscuotere approvazione e consenso in un posto così speciale, che ha dato i natali ai prodotti del made in Italy gastronomico più famosi al mondo. Da una parte è una grande responsabilità, ma offre anche grandissimi stimoli.